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Pubblica un video sui falsi miti su Mussolini e viene sommerso d'odio: “Insultato e minacciato di morte”

Andrea Borello racconta l'ondata di odio ricevuta sui social e invita tutti a non tacere: "Denunciate, solo così possiamo fermare questo fenomeno"

Minacce, insulti e apologia di fascismo: la denuncia di Andrea Borello dopo il 25 aprile

È il 25 aprile e il casellese Andrea Borello sceglie di postare sul suo profilo Instagram un video volto a sfatare cinque falsi miti riguardo Benito Mussolini, cercando di fornire un’analisi critica e documentata su alcune affermazioni che da anni vengono ripetute nel dibattito pubblico. Ma quello che doveva essere un normale contenuto informativo è rapidamente degenerato in un incubo di insulti, minacce e apologia al fascismo.

Andrea Borello è un volto noto a Caselle; classe 1999, ha alle spalle circa un decennio di militanza nei gruppi politici e, da pochi mesi, è il segretario del PD di Caselle.

Oltre a questo, è anche molto attivo sui social; è seguito da oltre 200mila follower tra Facebook, Instagram e TikTok che per Andrea sono un veicolo ai fini divulgativi, canali che non collega alla sua attività nel partito: “sui social io sono un divulgatore – precisa - la politica partitica è parte della mia vita privata, sui social non compare nulla di partitico,  parlo di politica e sicuramente si capisce la mia visione, non la nascondo, ma non parlo mai in maniera esplicita della mia attività nella politica e non vengono menzionati i partiti”.

Proprio per perseguire l’intento divulgativo, con contenuti che riguardano la politica, Borello posta il video in cui smonta alcune delle principali leggende legate al regime fascista, tra cui le presunte "bonifiche" promesse da Mussolini, la gestione dei treni in orario e l'invenzione delle pensioni, chiarendo che alcune di queste idee non corrispondono alla realtà storica.

"Cinque falsi miti su Mussolini" recitava il titolo del video, con il tentativo esplicito di spingere gli utenti a riflettere sulle manipolazioni storiche che ancora oggi influenzano il pensiero comune.

Il video in cui Borello sfata cinque miti su Mussolini 

Tuttavia, quello che doveva essere un contenuto divulgativo è presto diventato il bersaglio di un’ondata di odio proveniente da una parte significativa del web.

"A mia sorpresa sono stato sommerso da insulti -  racconta Borello - persone di estrema destra in massa mi hanno insultato inneggiando al fascismo, insieme a nostalgici che ancora sostengono che 'Mussolini non era così male'".

I commenti spaziavano dall’apologia di fascismo a vere e proprie minacce di morte e istigazione al suicidio.

"Ci sono state ingiurie anche molti pesanti", aggiunge Borello, che però non si è limitato a ricevere insulti passivamente, decidendo così di prendere posizione. Borello ha quindi sporto denuncia presso i Carabinieri di Caselle l’ 11 giugno, dopo aver raccolto una serie di testimonianze, screenshot e prove del comportamento degli utenti.

In totale, Borello ha redatto un fascicolo di 13 pagine, contenente oltre 600 commenti carichi di insulti, e ha sporto denuncia per apologia di fascismo, minacce e diffamazione online.

"Parlarne è importante - sottolinea - perché si crea una sensibilità collettiva che possa aiutare chi si trova nella mia stessa situazione".

Una delle riflessioni più interessanti che Borello porta avanti riguarda l'impatto psicologico delle minacce online. "Molti non si rendono conto che dall'altra parte della tastiera c’è una persona reale che legge e si sente minacciata. Per fortuna, ho la pelle dura - commenta, ma continua a evidenziare il rischio che queste azioni possono avere su chi è più vulnerabile - sono veri e propri atti di bullismo di gruppo".

Un altro aspetto che Borello trova rilevante è la profilazione degli utenti che lo hanno attaccato: "Sono tutti uomini - nota - questo è un dato significativo che ci dice molto di un certo tipo di mascolinità nella nostra società. La violenza verbale e l’intolleranza sono spesso legati a un'idea distorta di cosa significa essere uomini".

Nonostante le minacce ricevute, Borello ha deciso di continuare con l’intento divulgativo, utilizzando anche questa brutta esperienza come spunto di riflessione: "Parlarne è fondamentale, perché aiuta a sensibilizzare non solo chi legge, ma anche chi riceve attacchi simili. È possibile denunciare e bisogna farlo, perché questo fenomeno deve essere fermato. Non è accettabile che chi cerca di fare divulgazione sui social venga sommerso da insulti e minacce di morte. Il mio messaggio è chiaro: denunciate. Non lasciate correre chi vi offende, vi minaccia o vi augura la morte. Fate uno screenshot e denunciate. Solo così possiamo impedire che queste persone sfuggano alle loro responsabilità."

Il dato più allarmante emerso dalla vicenda è che dietro questi attacchi si nasconde una vera e propria cultura dell’intolleranza, che si manifesta in un messaggio ricorrente: "Se non c’eri, non puoi parlare". Come se il valore di un’opinione fosse legato alla presenza fisica in un periodo storico o a una testimonianza diretta. Un modo per tacitare la discussione, delegittimarla, e persino minacciarla.

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Andrea Borello ha deciso di non tacere e denunciare. Eppure, è evidente che la sua non è solo una battaglia personale, ma un campanello d’allarme per tutta la società. L’ondata di odio che ha ricevuto, purtroppo, non è un caso isolato, ma è parte di un fenomeno che coinvolge una larga fetta di utenti social, molti dei quali si sentono protetti dall'anonimato e dalla distanza che offre la rete.

Mentre la vicenda di Andrea Borello si avvia verso le indagini da parte dei magistrati, rimane una domanda che merita attenzione: cosa stiamo facendo, come società, per combattere l’odio online e proteggere la libertà di espressione di chi cerca di informare, educare e stimolare il pensiero critico?

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