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05 Giugno 2025 - 00:44
Elena Piastra
Non era successo nulla. Solo vaneggiamenti. Solo scandalismo giornalistico.
Poi, improvvisamente, il Comune si risveglia e – come da liturgia ormai consolidata – fa partire il post su Facebook con tanto di titolone:
“VANDALISMO, LAVORI SOCIALMENTE UTILI AI RESPONSABILI INDIVIDUATI CON LE TELECAMERE”.
Così, tutto in maiuscolo, come quando ci si arrabbia nei commenti sotto le foto dei gattini.
Ma qui non siamo sul gruppo “Sei di Settimo se…”. Qui siamo sul sito ufficiale del Comune.
I fatti, per carità, ci sono. E sono seri.
Il post li elenca con dovizia di particolari: “I responsabili del danneggiamento di proprietà pubbliche, individuati negli scorsi mesi grazie alle videocamere di sorveglianza, dovranno prestare servizio in attività socialmente utili in alcune strutture comunali.”
Seguono riferimenti precisi: “Il Comune ha proceduto a una conciliazione, su istanza della Procura dei minori di Torino, per sanzionare i responsabili di alcuni atti di vandalismo: il danneggiamento degli arredi natalizi lo scorso dicembre, il posizionamento di un nastro da cantiere a sbarrare via Leini, la manomissione degli impianti di illuminazione della piazza della Libertà.”
Indagini, denunce, decisione finale: i ragazzi coinvolti, dopo l’intervento della Procura dei minori, svolgeranno lavori utili alla comunità.
Una conclusione sensata, educativa, che punta alla responsabilizzazione. Nessuna gogna, nessuna forca.
Perfino l’assessore alla Sicurezza Angelo Barbati, nel suo intervento, mantiene un tono umano e condivisibile: “La vicenda, pur partendo da fatti deprecabili, si conclude in modo positivo… Credo sia importante non marchiare per sempre i giovani coinvolti. Dove possiamo, lavoriamo sulla rieducazione.”
Ecco, tutto giusto.
Ma allora perché titolare questa vicenda come se fosse la puntata finale di una fiction sulla microcriminalità urbana?
Perché usare il maiuscolo da breaking news e toni da red carpet?
Perché trasformare un gesto di giustizia educativa in un’esibizione da social network, tutta lacrime, giustizia e selfie istituzionali?
Un conto è se una notizia così la dà un giornale. Fa il suo lavoro, nel bene e nel male.
Un conto è se la dà un’Amministrazione comunale, che dovrebbe essere la voce seria, istituzionale, affidabile.
Non il megafono della cronaca nera.
Il rischio è che a furia di titoli urlati, enfasi costruita, storytelling da like facili, tutta la comunicazione istituzionale sembri propaganda. Anzi, non sembri: lo diventa. Anzi lo è da anni e ha già provocato un rimbambimento collettivo.
Il vandalismo è un problema. Vero! Ma se ogni episodio viene trasformato in una campagna social con tanto di morale incorporata e grancassa comunicativa, allora il vero obiettivo non è più il decoro urbano. È la reputazione digitale.
E il Comune smette di fare il Comune. Fa il giornale. O peggio ancora, l’influencer.
La verità è che l'obiettivo dell’Amministrazione non è informare, ma promuovere. Non comunica: performa.
E allora sì, ci sarebbe quasi da consigliare ai docenti del Gobetti, per il prossimo ciclo di lezioni di educazione civica, di far studiare non il vandalismo raccontato da La Voce, ma i metodi con cui la sindaca Piastra e il suo staff si fanno propaganda.
Altro che analisi della società: qui siamo all’analisi del post.
Con il Comune che, da luogo dove si governa, è diventato una redazione con delega alla gloria.
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