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24 Maggio 2025 - 00:41
Paolo Bertolino
Alle Officine H si disegnano buche. Con passione, con dedizione, con metodo, con fior fiore di progettisti. Ci sono Francesco Comotto e Massimo Fresc, assessori rispettivamente ai lavori pubblici e alle manutenzioni, che un giorno sì e l’altro pure si aggirano tra presentazioni e conferenze su Peba (piano per l'eliminazione delle barriere architettoniche) e Pums (piano urbano per la mobilità sostenibile). Prendono appunti, tracciano linee, studiano flussi, progettano il futuro.
Un futuro radioso, fatto di accessibilità, piste ciclabili, verde urbano e strade lisce come biliardi. Peccato che, uscendo di lì, ci si ritrovi a Ivrea. Quella vera. Quella dove basta mettere piede sul marciapiede per rischiare una distorsione. Quella che cade – letteralmente – a pezzi.
E no, non è una metafora. È cronaca, è rabbia, è asfalto sbriciolato.
Le buche sono ormai una specie autoctona. Spuntano ovunque, in ogni stagione, come funghi velenosi. Viale Kennedy, via Torino, piazza Gioberti: ogni zona ha la sua collezione privata. Chilometri di strada dissestata, cubetti che saltano come tappi di spumante, avvallamenti che sfidano gravità e buon senso. Un inferno per ruote e sospensioni, una tortura per schiene e nervi, un incubo per chi ancora osa attraversare la città in bicicletta.
E così, i cittadini si sfogano. Non più ai bar, ma sui social, che sono diventati i nuovi uffici reclami. Condividono foto, reel, post indignati. E ironici, perché se non si può cambiare le cose, almeno si può riderci sopra. «Ivrea? Sembra una gruviera», ripetono in tanti. E in effetti la metafora casearia è quanto mai azzeccata: solo che qui, invece di profumare di latte, tutto puzza di incuria.
Un residente immortala viale Kennedy completamente allagata, buche comprese, e scrive: «Le condizioni sono queste… e in molti tratti le buche son notevoli». Un modo elegante per dire che si rischia l'idroplaning anche a piedi.
Poi c’è Paolo Bertolino, che nel tempo libero fa politica con Italia Viva e nel tempo pieno segnala buche. Lo fa con passione, con fervore, come un esploratore urbano: «Via Torino, zona Chiesa Sacro Cuore, civico 341 circa. Non sarebbe meglio sistemarla???» chiede, con tre punti interrogativi che sono più eloquenti di qualsiasi trattato di urbanistica. Qualcuno, nei commenti, gli fa eco: «Anche Canton Ferrero è tutto una buca!». Una rivelazione? Macché. È la normalità. Il punto è che ormai la vera anomalia a Ivrea è trovare un metro quadrato d’asfalto integro.
E quindi che si fa? Si istituisce la lotteria della buca? Si estrae a sorte quella da sistemare la settimana prossima? O si lascia tutto così, così almeno gli automobilisti sono costretti ad andare a 30 all’ora, perfettamente in linea con il Pums e con la mobilità dolce?
Il caso più surreale è quello di piazza Gioberti. Una segnalazione, via app Municipium, denuncia cubetti divelti. E l’intervento, a sorpresa, arriva. Rapido. Efficiente. Dopo soli due giorni. Ma attenzione: non fatevi trarre in inganno. L’intervento c’è stato, sì. Ma consisteva nel coprire i cubetti con uno strato di asfalto sabbioso, simile a quel materiale che di solito si usa per riempire le buche in spiaggia. «Una roba oscena!!!» commenta l’autore della segnalazione. Una sintesi perfetta, degna di una recensione da una stella su TripAdvisor.
Ecco, il vero problema è che non c’è una visione, non c’è una strategia. Solo una rassegnazione diffusa e una gestione a vista. Si interviene dove capita, si rattoppa con fretta, si posa l’asfalto caldo come una coperta troppo corta. Poi si chiama un progettista e lo si mette a disegnare le buche, nel dubbio che qualcuno si dimentichi com’erano. Magari per trasformarle in installazioni permanenti, primo passo per candidare Ivrea a "Patrimonio Unesco dell’arte urbana involontaria...", l'Unesco ci mette il sigillo e da lì in avanti guai a chi le tocca.
Un museo a cielo aperto del dissesto urbano. Ogni quartiere con la sua collezione: buche antiche, crepe contemporanee, cubetti ribelli. E la certezza che domani, se piove, sarà anche peggio.
I Turisti? Beh, cammineranno. Ma con lo sguardo fisso in basso, come in un videogioco a scorrimento orizzontale. Salteranno ostacoli, evitando trappole, schivando pozze e facendo attenzione a non finire al pronto soccorso. Sempre che la strada per arrivarci sia percorribile.
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