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Biodiversità svenduta: il Governo Meloni sceglie i fucili nella Giornata mondiale dedicata alla Natura

Deregolamentazione venatoria, attacchi alle aree protette e caccia estesa: il nuovo disegno di legge fa infuriare ambientalisti e comunità scientifica

Biodiversità svenduta

Biodiversità svenduta: il Governo Meloni sceglie i fucili nella Giornata mondiale dedicata alla Natura

Nel giorno in cui il mondo celebra la Giornata Mondiale della Biodiversità, istituita dalle Nazioni Unite per ricordare l’urgenza di proteggere ecosistemi e specie animali, il Governo Meloni ha scelto di festeggiare nel modo più contraddittorio possibile: presentando un disegno di legge che, se approvato, stravolgerà la normativa italiana sulla tutela della fauna selvatica, aprendo le porte a una deregolamentazione venatoria senza precedenti. Un provvedimento ispirato dal Ministero dell’Agricoltura che rischia di cancellare decenni di progressi ambientali, trasformando gli animali da patrimonio collettivo a bersagli per una minoranza armata.

Le denunce del WWF Italia, supportate da numerose altre associazioni ambientaliste e animaliste, sono nette: stagioni di caccia prolungate, abbattimenti anche in aree protette, uso di tecniche fino ad oggi vietate, autorizzazione di nuovi appostamenti fissi, caccia al tramonto, persino legalizzazione della crudele pratica dei “richiami vivi”, ovvero uccelli selvatici catturati e usati come esche viventi.

La riforma proposta prevede, tra le misure più contestate, la possibilità per le Regioni di estendere la stagione venatoria fino a febbraio, periodo cruciale per la riproduzione di molte specie. A rischio, in particolare, i turdidi — tordo bottaccio, sassello, cesena — già in migrazione prenuziale, ma anche beccacce, anatidi, colombacci e numerosi altri uccelli acquatici, particolarmente vulnerabili in questa fase biologica. Una violazione diretta della legge n. 157/1992, ma soprattutto una minaccia gravissima alla sopravvivenza della fauna selvatica, come ribadito anche da numerose sentenze del Consiglio di Stato.

Ma non finisce qui: il disegno di legge prevede di limitare al 30% il territorio regionale destinabile ad aree protette, soglia che in realtà dovrebbe rappresentare un minimo, non un tetto massimo, secondo gli impegni internazionali ed europei. Ridurre la tutela per fare spazio a doppiette e cartucce è un paradosso giuridico e ambientale, che rischia di trascinare l’Italia in una nuova procedura di infrazione europea, come ricordato dallo stesso WWF.

Inoltre, si potrà cacciare anche nelle foreste, nelle zone umide, sulle spiagge e in aree demaniali, mettendo a rischio non solo gli animali, ma anche chi pratica escursionismo, birdwatching, agricoltura e turismo sostenibile. Si parla tanto di “turismo venatorio” come volano economico, ma si ignora completamente la crescita costante del turismo lento, fatto di natura, silenzio e armonia: un’economia verde che questo disegno di legge rischia di compromettere gravemente.

Tra le novità più preoccupanti, la possibilità di sparare anche dopo il tramonto, quando è praticamente impossibile distinguere un animale da un altro, aumentando esponenzialmente il rischio di incidenti. E per chi protesta? Sanzioni fino a 900 euro, mentre le pene per chi uccide animali protetti restano blande e inapplicate.

“Il tema 2025 scelto dalle Nazioni Unite per la Giornata della Biodiversità è ‘Armonia con la Natura e Sviluppo Sostenibile’”, ricorda il WWF. “Ma il Governo fa l’esatto contrario: regala la fauna a una minoranza organizzata e armata, ignorando i principi costituzionali e internazionali, e violando le normative europee che l’Italia stessa ha contribuito a scrivere”.

La riforma viene proposta collegata alla manovra finanziaria, come se la caccia potesse davvero rappresentare un comparto economico strategico, mentre si distruggono i presupposti di un futuro sostenibile. I cacciatori, oggi meno di mezzo milione in Italia, non possono dettare legge su scelte che riguardano la salute ambientale e il patrimonio comune di milioni di cittadini, né tantomeno decidere chi vive e chi muore nei boschi, nei cieli o lungo le rive dei fiumi.

Mentre il mondo guarda al futuro della biodiversità, l’Italia sembra voler tornare indietro di trent’anni. E se davvero questo disegno di legge vedrà la luce, non sarà solo un’offesa alla natura, ma un colpo al cuore della democrazia

ambientale.

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