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Cronaca
19 Maggio 2025 - 18:21
foto archivio
“In ospedale non si è presentato nessuno.” Questa la frase. Ripetuta, rilanciata, bisbigliata nei corridoi del Municipio di Ivrea come fosse un verdetto. Un modo comodo, se vogliamo un po’ vigliacco, per spegnere sul nascere una notizia scomoda.
Era il 25 marzo. E una ragazza di 16 anni veniva violentata, probabilmente drogata, in una delle zone più degradate della città: il parcheggio del Movicentro. Il luogo dove tutto accade e nessuno vede. Il luogo dove gli adulti non mettono piede e i ragazzini imparano che lo Stato è solo un’idea scritta sui cartelli.
Lo abbiamo scritto. Per primi. Da soli. Nessuno ha ripreso la notizia. È una fake news… dicevano in tanti, sussurandolo...
E dire che avevamo fatto tutto quel che si dovrebbe fare in questi casi, perfino parlare con la madre della vittima. Avevamo fatto tutto quello che dovrebbe fare ogni giornalista: andare a fondo, ascoltare, esporsi.
Morale? Siamo stati accusati. Di inventare. Di andare in cerca di “visualizzazioni”. Di dare spazio a “voci incontrollate”. Ci hanno detto che eravamo “scandalistici”, come se raccontare una violenza sessuale fosse una forma di pornografia.
Qualcuno, con i collegamenti giusti in ospedale, s’era addirittura preso la briga di chiedere informazioni.
“Ma dai, se fosse successo davvero, la ragazza si sarebbe presentata al Pronto Soccorso…”
— Che pirla! — C’è che, a volte, la verità prende strade diverse da quelle ipotizzate. Al Pronto Soccorso di Ciriè (non di Ivrea), quella ragazza ci è rimasta due giorni. E oggi quella “non notizia” è una Procura che lavora in silenzio. Due telefoni sequestrati. Una PM che coordina l’inchiesta. Un avvocato difensore. Un altro che assiste la vittima. Un’indagine per violenza sessuale aggravata. Con la possibilità che siano state usate sostanze per stordirla.E allora? Adesso che si fa?
Chi chiede scusa alla ragazza e alla sua famiglia per il fango che hanno dovuto sopportare mentre cercavano giustizia?
Chi chiede scusa ai cittadini, a noi, per aver messo in discussione l’unica cosa che contava: la verità?
Il giornalismo non è il bollettino della politica. Non ha bisogno di autorizzazioni. Non aspetta le delibere. Non si genuflette. Quando una sedicenne viene stuprata in un parcheggio, il dovere di raccontarlo viene prima di ogni calcolo, prima di ogni timore, prima di ogni convenienza.Chi ha gettato acqua sul fuoco ha fatto un errore morale e politico enorme. Perché nel frattempo — mentre loro negavano, minimizzavano, deridevano — una ragazza cercava il coraggio di parlare. Meglio avrebbero fatto a tacere! Ad ascoltarla. A credere ai racconti, suoi e della madre. Ai segni sul corpo, ai silenzi, alla paura. Questa non è una rivincita. È una chiamata alle responsabilità. Oggi la città non ha più scuse. Il silenzio — quello stesso silenzio che a marzo copriva le scale del parcheggio — ora suona come complicità. Tant’è!
Non è la prima volta e non sarà l’ultima e noi continueremo a scrivere. Anche quando infastidisce. Soprattutto, quando fa paura.
Commenti all'articolo
Sovietico Eporediese
19 Maggio 2025 - 20:28
Il Degrado però è anche voluto da chi continuamente ha fatto e fa campagna elettorale e politica scaricandosi le proprie responsabilità, se al posto di chiudere i negozi e attività della zona e fare diffamazione di locali sociali si facesse più sorveglianza sociale (non quello schifo di Ronde) quindi avere più persone in giro per il territorio eporediese per più ore del giorno.
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