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13 Maggio 2025 - 22:16
Il consigliere regionale del Pd Alberto Avetta
Il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato con entusiasmo il disegno di legge 68 sulla sicurezza stradale. Unanimità dei votanti, ma con un piccolo dettaglio: l’opposizione non ha partecipato al voto. Quindi, applausi a scena aperta… tra chi era rimasto seduto. La legge si chiama “Disposizioni in materia di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali regionali, provinciali e comunali”. Un titolo lunghissimo per coprire un’amara verità: non ci sono i soldi. O meglio, ce ne sono 200mila, che oggi bastano giusto per rifare la segnaletica di una rotonda, forse due se si usa la tempera.
A spiegarci quanto è innovativa la norma ci ha pensato Davide Buzzi Langhi (Forza Italia), che ha parlato di “riduzione dei sinistri e delle vittime di incidenti stradali”, di “adempimento delle normative europee”, di “strumento normativo che disciplini la materia a livello locale”. Insomma, parole giuste, buone intenzioni e ottimi incastri da manuale del perfetto legislatore. Il problema è che la legge non mette neanche il carburante nel motorino, figuriamoci nei rulli delle asfaltatrici.
Nadia Conticelli (Pd), relatrice di minoranza, non ha usato giri di parole: “Ci chiediamo perché siamo la prima regione a recepire queste norme. La sfida della sicurezza è reale, ma lo stanziamento è ridicolo. E gli enti locali? Abbandonati”.
In altre parole: il Piemonte vuole fare il primo della classe, ma con il portafoglio vuoto. E chi si deve arrangiare sono Province, Comuni e Città Metropolitana, a cui la Regione affida doveri, controlli, certificazioni, ispezioni e magari pure i ringraziamenti… ma non i fondi.
Alberto Avetta del Pd ha rincarato la dose: “Solo 200mila euro. La Città Metropolitana di Torino da sola ha bisogno di 12 milioni l’anno per le asfaltature. Qui si fanno le leggi e si dimentica la realtà”.
Già, perché dietro l’entusiasmo da prima pagina, c’è la solita storia: si legifera a costo zero, perché tanto a pagare sarà qualcun altro. In questo caso i sindaci, che dovranno pure ringraziare per l’opportunità di dover assumere personale, formarlo, garantire la sicurezza delle strade e magari rimetterci la faccia quando qualcosa andrà storto.
Ma con che soldi? Si spera non con quelli del monopoli.
L’assessore Marco Gabusi ha cercato di smorzare le polemiche: “Il percorso è stato condiviso in Conferenza Stato-Regioni. Le strade interessate sono quelle extraurbane di tipo C. Stiamo accompagnando gli enti alla progettazione, non agli interventi”.
Tradotto: “per adesso vi aiutiamo a disegnare i lavori su carta. Per farli davvero... ci sentiamo più avanti”.
Ma per fortuna – dice lui – la Regione ha già speso “decine di milioni” per la sicurezza e sarebbe “pronta ad aumentare i fondi”. Quando? Mistero. Intanto i sindaci possono organizzare una colletta tra i cittadini per comprare un catarifrangente.
E le minoranze? Pure loro non si sono fatte pregare. Alice Ravinale (Avs) teme che tutto si traduca in “uno scarico di responsabilità”, Vittoria Nallo (Sue) auspica che si trovino “altri fondi con la legge di stabilità”, mentre Alberto Unia (M5S) nota l’assenza totale di un sistema di “verifica indipendente dei progetti”.
In pratica: ognuno si arrangi e si autocertifichi. Come al supermercato col lettore ottico.
Dall’altra parte, la maggioranza canta vittoria. Fabrizio Ricca, Carlo Riva Vercellotti, Silvio Magliano, tutti a ribadire che “la legge promuove la sicurezza non strutturale ma organizzativa”, e che il testo “dà una risposta concreta”.
Quale? Quella di trasferire ogni onere sull’ente proprietario della strada, senza toccare le casse regionali. Il principio è chiaro: la sicurezza la devono pagare i Comuni, non chi legifera da Torino. Applausi.
La ciliegina sulla torta è la VISS: la Valutazione di Impatto sulla Sicurezza Stradale, obbligatoria per nuovi progetti o per modifiche significative del tracciato. Bella idea, in teoria. Ma nella pratica, chi la fa? Con che competenze? E soprattutto con quali fondi? Non si sa. Ma la legge c’è, e tanto basta per dire che il Piemonte è “all’avanguardia”.
Insomma, una legge che sembra fatta per dire “ci siamo anche noi” al tavolo delle Regioni modello, ma che lascia il conto in sospeso. Ai Comuni l’onore di pagarlo. Ai cittadini quello di percorrere strade più sicure... forse. Quando ci saranno i soldi. E quando qualcuno, da Roma o da Torino, si ricorderà che le buone leggi non si scrivono con l’inchiostro, ma con le risorse. Quelle vere.
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