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10 Maggio 2025 - 18:46
Ca’ del Meist non può morire. Salviamo la biblioteca dove batte il cuore delle Alpi
C’è una porta che rischia di non aprirsi più. Non è quella di un museo, non è quella di un municipio. È la porta di Ca’ del Meist, la biblioteca alpina di Ceresole Reale, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, sul versante piemontese. Una porta di legno, sobria, che si apre ogni estate su tremila volumi dedicati alla montagna, all’alpinismo, alla natura, al cammino umano verso l’alto. Una porta che, se si chiude, chiude molto più di una stanza: chiude un presidio di cultura, resistenza, memoria.
È per questo che oggi Uncem si unisce all'appello lanciato da Lo Scarpone, la storica rivista del Club Alpino Italiano, per un massimo ulteriore impegno volto a salvare una delle biblioteche più alte d’Europa. A Ceresole Reale, Ca’ del Meist va salvata. E non è solo un’urgenza logistica. È un dovere morale.
Fondata nel 1999, dedicata a Gianni Oberto, gigante delle Alpi e della politica buona, colonna dell’Uncem, la Ca’ del Meist non è solo una biblioteca. È un simbolo. È il punto in cui la cultura incontra l’altitudine, il silenzio dei ghiacci si mescola al fruscio delle pagine, e il tempo si misura in passi e parole.
Ma questa estate, forse, la porta resterà chiusa.
Perché l’edificio, concesso in comodato dal Comune all’Associazione Amici del Gran Paradiso, non ce la fa più. Da anni lotta contro le infiltrazioni d’acqua, contro l’assenza di riscaldamento, contro l’incuria. È stanco. Eppure nessuno ha mai mollato. Né i volontari, né gli studenti in stage che ogni estate accendono le luci della biblioteca, né le famiglie che portano lì i figli come a un santuario laico. Neppure l’Uncem, che nel 2022 aveva già lanciato un appello, spinto da Guido Novaria e da decine di realtà territoriali.
Nel 2025, il grido è lo stesso. Ma più urgente.
25.000 euro. È questa la cifra necessaria per i lavori. Una cifra ridicola se messa accanto alle elargizioni a pioggia che si fanno per convegni inutili e campagne elettorali grottesche. Ma quei 25.000 euro, oggi, non ci sono. La raccolta fondi è partita, ma il traguardo è ancora lontano. E così la biblioteca più alta del Canavese rischia di diventare il simbolo di un Paese che si riempie la bocca di cultura, ma non sa salvarla quando si nasconde in quota, dove non arrivano le telecamere.
“La chiusura della Ca’ del Meist sarebbe una perdita devastante”, commenta e stigmatizza Roberto Colombero, presidente di Uncem Piemonte. “Non solo per il suo patrimonio librario, ma perché è simbolo di un impegno civico che resiste da oltre vent’anni. Trovare 25mila euro è possibile. È doveroso”.
E allora? Cosa manca?
Manca il coraggio della politica, quello vero. Manca che la Regione Piemonte faccia ciò che dovrebbe. Manca che Ivrea, sempre pronta a definirsi città della cultura, diventi davvero capoluogo alpino, e non solo nei comunicati stampa.
Manca che il Parco del Gran Paradiso torni davvero nelle valli, tra la gente. Manca che le Unioni Montane, i Comuni, gli assessori, i funzionari, alzino il telefono e dicano: ci siamo.
Perché qui non si tratta di salvare solo una biblioteca. Si tratta di salvare una visione. L’idea che la cultura non sia solo nei salotti urbani, ma anche nelle baite, tra i larici, tra le pietre che raccontano storie. Si tratta di ricordarci che non esiste montagna senza memoria, e che le parole scritte tra le vette valgono quanto quelle urlate nelle aule consiliari.
Se Ca’ del Meist chiude, perde la montagna. Perde il Canavese. Perde l’Italia.
Ma se Ca’ del Meist resiste, allora c’è ancora speranza. Di costruire un Paese che non lascia soli i luoghi fragili, che non lascia indietro chi crede nella cultura anche quando nevica, anche quando il vento fischia forte.
La montagna non chiede la luna. Chiede solo rispetto. E oggi lo chiede con la voce più dolce e feroce che abbia: quella dei libri.
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