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Chiamparino, Fassino e Appendino fuori dal processo: la Procura rinuncia all’appello

"La Procura rinuncia all'appello: Il processo Smog di Torino si chiude senza responsabili, tra polemiche e domande irrisolte sulla qualità dell'aria."

Chiamparino, Fassino e Appendino fuori dal processo: la Procura rinuncia all’appello

Chiamparino e Fassino

La parola fine, stavolta per davvero. Nessun appello, nessun nuovo processo, nessuna udienza in Corte d’Appello. Il procedimento giudiziario che per anni ha tenuto banco sui legami tra amministrazione pubblica e qualità dell’aria si chiude così, con una rinuncia. La Procura generale del Piemonte ha scelto di non presentare appello contro la sentenza con cui, il 4 luglio 2023, il giudice Roberto Ruscello aveva prosciolto Sergio Chiamparino, Piero Fassino, Chiara Appendino e altri quattro ex amministratori pubblici dalle accuse di inquinamento ambientale colposo. È una scelta che ha il peso di una sentenza definitiva: non ci saranno ulteriori gradi di giudizio. Il Processo Smog finisce qui.

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Una decisione che spiazza, soprattutto alla luce del clima che si respirava alla vigilia dell’8 maggio. La procuratrice generale Lucia Musti, con una scelta inusuale, aveva deciso di presenziare personalmente alla discussione del ricorso, a testimonianza dell’importanza attribuita dalla magistratura inquirente al fascicolo. Il ricorso era stato firmato da Enrica Gabetta, procuratore reggente, insieme al procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e al sostituto Gianfranco Colace. Venticinque pagine dense, con cui i magistrati tentavano di smontare punto per punto la motivazione del proscioglimento di primo grado.

Una sentenza, quella del giudice Ruscello, che aveva fatto molto discutere: “il fatto non sussiste”, aveva decretato. Ma secondo l’accusa, almeno con riferimento al superamento dei limiti giornalieri delle polveri sottili, “sono stati raggiunti sforamenti significativi, tali da comportare un deterioramento dell’aria in termini penalmente rilevanti”. E proprio su questa soglia si giocava l’eventuale passaggio da un fatto amministrativo a una responsabilità penale. L’aria di Torino – e i suoi effetti sulla salute – sembravano finalmente aver trovato voce in un’aula di giustizia.

A rafforzare la posizione della procura, era arrivato anche il contributo del comitato Torino Respira, costituitosi parte civile nel processo, rappresentato dall’avvocato Marino Careglio. La memoria tecnico-giuridica allegata al ricorso parlava chiaro: “La sentenza del giudice monocratico rappresenta un diffuso svilimento del tema ‘inquinamento atmosferico’, sia nella ricostruzione dei fatti che nelle valutazioni giuridiche”. Una critica profonda, quasi ideologica, all’approccio “riduttivo” adottato dal giudice, accusato di minimizzare il nesso tra le omissioni degli amministratori e l’inquinamento respirato quotidianamente da centinaia di migliaia di cittadini.

Ma oggi, 8 maggio 2025, la svolta inattesa. La Procura generale ha formalizzato la rinuncia al ricorso. Nessun appello, nessun processo d'appello. Cala il sipario. La rinuncia, di fatto, rende definitiva la sentenza di proscioglimento e chiude ogni spazio per ulteriori approfondimenti giudiziari.

Sergio Chiamparino, Piero Fassino, Chiara Appendino, e gli altri imputati possono tirare un sospiro di sollievo. Nessuna responsabilità penale. Nessun processo da affrontare. Ma resta la domanda che ha attraversato tutta questa vicenda giudiziaria e che, adesso più che mai, pesa come una cappa sul cielo grigio della città: chi risponde dell’aria che respiriamo?

Il processo era nato come il primo caso italiano in cui a degli amministratori pubblici veniva contestato il reato di inquinamento ambientale colposo. Non era solo una vicenda giudiziaria, ma una sfida culturale e politica, che cercava di portare sul piano della responsabilità penale le scelte – o le non-scelte – fatte in tema di tutela ambientale e salute pubblica. Il cuore dell’imputazione riguardava il mancato rispetto dei limiti di legge per il famigerato pm10, le polveri sottili che affliggono da decenni l’area metropolitana torinese. Secondo l’accusa, le misure adottate dalle amministrazioni tra il 2015 e il 2019 erano state insufficienti e tardive. Il risultato? Una qualità dell’aria che – dati scientifici alla mano – ha inciso pesantemente sulla salute dei cittadini, specie dei più fragili.

Nel luglio 2024, però, era arrivato il colpo di scena: il giudice aveva archiviato tutto. Oggi, con la rinuncia all’appello, quello che si temeva è diventato realtà: il reato di inquinamento ambientale colposo, almeno per quanto riguarda gli amministratori pubblici, sembra destinato a rimanere senza responsabili.

Insomma, se l’aria di Torino continuerà ad essere sporca e dannosa, non sarà colpa di nessuno. Ma per i cittadini che ogni giorno respirano quella miscela di polveri e silenzi istituzionali, la giustizia – forse – non è mai arrivata davvero.

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