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Sanità in Piemonte: tutti con la calcolatrice in mano, nessuno che risponda al telefono del CUP

Tra accuse politiche e realtà dei cittadini: un sistema al collasso tra propaganda e disservizi

Sanità in Piemonte: tutti con la calcolatrice in mano, nessuno che risponda al telefono del CUP

Federico Riboldi, Daniele Valle e Gianna Pentenero

Dopo la lezione di algebra di Alberto Cirio e Federico Riboldi, andata in scena ieri con tanto di entusiasmo da primi della classe, oggi tocca al Partito Democratico prendere parola. Ma non per alzare la voce in nome dei cittadini, bensì per rivendicare che, se c’è un colpevole del disastro attuale, non sono certo loro. Anzi, dicono, “noi i conti li avevamo messi a posto”. E via con la solita partita a scaricabarile, dove ognuno tira fuori il pallottoliere e nessuno si prende davvero le responsabilità.

Nel frattempo, là fuori, nel mondo reale, la sanità pubblica piemontese continua ad affondare tra liste d’attesa da incubo, personale stremato, pronto soccorso al collasso e reparti che perdono pezzi. Ma da Palazzo Lascaris, a quanto pare, l’eco delle prenotazioni rinviate di sei mesi non arriva. Troppo rumore di fondo: dichiarazioni, conferenze stampa, slide patinate, osservatori paritetici. E una gara a chi la spara più grossa.

infermiere

Il Pd, con il segretario regionale Domenico Rossi, il vicepresidente della Commissione Sanità Daniele Valle e la capogruppo Gianna Pentenero, risponde piccato agli sfottò della giunta: «Chi non sa fare i conti con la realtà sono Cirio e Riboldi», dicono. E su questo punto, va detto, c'è poco da obiettare: perché basta provare a prenotare una risonanza magnetica o una visita oculistica per capire che “la realtà” – quella vera, fatta di pazienti e di famiglie, non di grafici – è un incubo.

Ma poi il Pd si allarga: rivendica con fierezza che “con la giunta Chiamparino si è risanato il debito”, che “noi non abbiamo fatto commissariare la Regione”, che “i problemi nascono con Cota e Ghigo”. E qui, la memoria collettiva comincia a fare cilecca. Perché se è vero che la giunta Cota ha lasciato macerie, è altrettanto vero che negli anni del centrosinistra la sanità pubblica non ha certo vissuto un’età dell’oro: i tagli, le esternalizzazioni, la compressione degli organici, erano già lì. E le liste d’attesa erano lunghe anche allora. Magari non come oggi, ma comunque incompatibili con la definizione di “sanità efficiente”.

Intanto la giunta Cirio, per bocca dell’assessore Riboldi, continua a snocciolare numeri: “1.602 operatori in più da giugno 2023, 304 medici, 798 infermieri e OSS”. Dati forniti con lo stesso tono con cui si annunciano i saldi di fine stagione, e con un certo gusto per l’autocompiacimento. Ma a guardare bene, non si fa mai distinzione tra tempo determinato e indeterminato, né si dice quanti di quei contratti siano frutto di un turn over disperato e precario. A Riboldi e Cirio piace vincere facile: “Più personale! Più efficienza!” Peccato che molti medici se ne vadano, e chi resta abbia turni da maratoneta.

La replica del Pd – è bene dirlo – arriva almeno con in mano le risposte delle stesse ASL all’accesso agli atti. Ma mentre si rinfaccia a Cirio il passato nella giunta Cota, e si rispolverano dati di bilancio del 2014 e del 2017, nessuno sembra interessato a ciò che accade oggi alle persone comuni, quelle che dalle 7 del mattino provano a prenotare una visita sul portale e si vedono rispondere: “Disponibilità a 214 giorni”.

Ecco la verità: la sanità piemontese è un campo di battaglia elettorale, non un servizio per i cittadini. È lo spazio dove la maggioranza finge di aver fatto miracoli e l’opposizione finge di aver lasciato le cose in ordine. Peccato che la realtà si ostini a raccontare un’altra storia: quella di una sanità pubblica che cade a pezzi, mentre medici e infermieri – quelli veri – tengono in piedi il sistema con fatica. E poi ci sono i medici che si fanno i fatti loro, che entrano al mattino presto, e scappano alle 14 per esercitare la libera professione strisciando carte di credito a più non posso. 

A chi giova tutto questo? Alla propaganda. Alla narrazione. Al teatrino. Non certo a chi aspetta da mesi una mammografia o a chi si sente dire che il pediatra è andato in pensione e non si sa quando verrà sostituito.

E mentre i consiglieri litigano sulla paternità del disastro, il disastro avanza.

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