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06 Maggio 2025 - 15:37
Frane, viabilità interrotta e pericoli costanti: il grido d’allarme del sindaco di Borgofranco d’Ivrea
Non è solo una questione di geologia, ma di scelte, di silenzi, e soprattutto di ritardi. Il sindaco di Borgofranco d’Ivrea, Fausto Francisca, rompe gli indugi e scrive nero su bianco, in un post accorato pubblicato su Facebook, quello che molti cittadini e amministratori locali sussurrano da tempo: il nord del Canavese sta letteralmente franando, e se non si interviene ora, le conseguenze saranno irreversibili. Frane, crolli, strade interrotte, ospedali inaccessibili, e una viabilità sempre più fragile: “Non ci si può più stupire – scrive il sindaco – che nel giro di due anni ci siano stati otto episodi di distacco roccioso, con blocchi su entrambi i versanti della Valle”.
Il quadro geologico delineato da Francisca è da manuale, e mette in evidenza una fragilità antica, stratificata, originata dal ritiro del ghiacciaio Balteo e dalla presenza della linea Insubrica, quella faglia che milioni di anni fa separava la placca africana da quella europea, e che ancora oggi fa sentire i suoi effetti. “Da Biò a Bajo, passando per Piverone, Tavagnasco, Quassolo e Lessolo – spiega il sindaco – ci troviamo in aree definite ‘abitati da consolidare’ fin dal 1908. Frane e smottamenti qui non sono l’eccezione, ma la regola”.
A peggiorare la situazione, oggi, ci pensano i cambiamenti climatici, con precipitazioni violente e improvvise – le cosiddette bombe d’acqua – che scatenano nuovi crolli anche in zone già monitorate. Il sindaco cita dati precisi: otto episodi gravi in appena due anni, con crolli registrati sia sul versante verso Andrate e Nomaglio, sia su quello del Cavallaria, e la situazione continua a peggiorare. L’effetto a catena si ripercuote sulla viabilità strategica tra Biellese e Canavese, oggi pressoché bloccata a nord di Ivrea, con pesanti disagi per i pendolari, i mezzi di soccorso e l’economia locale.
Ma il punto più critico – e più noto – resta quello di Quincinetto, dove da oltre 15 anni il rischio di crollo di un enorme masso sospeso sulla montagna minaccia l’autostrada A5 Torino-Aosta. Basta che si sposti di pochi centimetri per provocare la chiusura totale della carreggiata, con dirottamento del traffico sulla già congestionata Statale 26. Una situazione che si ripete ciclicamente e che, ogni volta, manda in tilt l’intero sistema viario della zona. “È inaccettabile che una delle principali arterie di collegamento del Nord-Ovest sia ostaggio di un macigno, e di un immobilismo che dura da anni”, tuona Francisca.
Ma il problema non è solo logistico. Il sindaco sottolinea come la mancanza di interventi metta a rischio anche l’accesso a servizi essenziali, come la sanità. “Da tempo i malati della bassa Valle Dora Baltea si rivolgono all’ospedale di Ponderano, uno dei più moderni del Piemonte. Ma se le strade restano interrotte, anche questo accesso diventa impossibile”.
Il post è un atto d’accusa, ma anche una chiamata all’azione, rivolta a Regione Piemonte, Anas, Città Metropolitana e Governo. “La linea di frattura non è solo nella roccia – scrive in modo simbolico Francisca – ma tra chi vive il territorio e chi prende tempo. L’inerzia crea danni reali, ogni giorno. Non possiamo più permetterci interventi-tampone: servono piani strutturali, consolidamenti, tunnel protetti, sistemi di allerta rapidi e investimenti certi”.
Nel frattempo, la popolazione si organizza come può: app, gruppi WhatsApp, segnalazioni in tempo reale sui social, giri allungati di decine di chilometri per evitare le frane. Ma il senso di abbandono cresce, e il timore è che la prossima pioggia porti via non solo altri sassi, ma pezzi di territorio e di comunità.
Serve un piano straordinario, perché ciò che sta franando non è solo la montagna, ma la fiducia dei cittadini in chi dovrebbe proteggerli. Francisca ha dato voce a una preoccupazione collettiva, con un linguaggio diretto, crudo, urgente. La domanda ora è una sola: le istituzioni sapranno ascoltarlo, o aspetteranno l’ennesimo crollo?
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