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Costume e Società
02 Maggio 2025 - 18:30
“Diddy lo voleva per 48 ore”: l’inferno nascosto di Justin Bieber
Il 5 maggio 2025 si aprirà a New York uno dei processi più attesi e inquietanti degli ultimi anni: alla sbarra ci sarà Sean “Diddy” Combs, icona del rap e della cultura pop americana, arrestato nel settembre 2024 con accuse gravissime. Traffico sessuale, estorsione, sfruttamento della prostituzione, coercizione, droga, minacce e silenzi comprati a suon di milioni di dollari. Ma a rendere ancora più oscuro lo scenario è la presunta presenza di minorenni tra le vittime. In questo cupo intreccio di potere, celebrità e soprusi, emerge un nome che negli ultimi mesi ha ripreso a tremare: Justin Bieber.
Il cantante canadese, oggi trentunenne, è stato indirettamente risucchiato nello scandalo per via di una relazione che risale agli albori della sua carriera. Era il 2009 e Justin aveva 15 anni. Un ragazzino prodigio con il ciuffo perfetto, una voce celestiale e la forza virale di YouTube alle spalle. Un fenomeno. Ma anche un adolescente in un mondo di adulti. Un mondo in cui a dettare legge erano uomini potenti, carismatici, intoccabili. Uno di questi era proprio Diddy.
Nei video oggi riemersi sui social e rilanciati da media internazionali, si vede un giovanissimo Bieber in compagnia di Combs. “Voglio passare 48 ore con te”, dice il rapper alla telecamera. “Siamo andati a prendere delle ragazze”, continua ridendo, con il tono ambiguo e strafottente di chi sa di avere il controllo. Justin ride, ma il contesto oggi fa rabbrividire. Quei video, che nel 2009 sembravano solo un’operazione di marketing trasgressivo, oggi, con le accuse piombate su Diddy, assumono una luce sinistra.
A rendere la vicenda ancora più torbida ci sono le parole di Suge Knight, controverso ex produttore discografico attualmente in carcere per omicidio. In un’intervista concessa all’inizio del 2025, Knight ha affermato che Diddy avrebbe abusato di Bieber durante quella che lui stesso definisce “una vacanza romantica” con uomini adulti. Ha poi sostenuto che altre celebrità, tra cui Usher e Snoop Dogg, sarebbero state a conoscenza degli abusi. Nessuno, però, avrebbe parlato.
Justin Bieber, a oggi, non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale. Ma ha smesso di seguire Diddy sui social subito dopo l’arresto e, secondo fonti vicine, è “profondamente turbato” dal riemergere di questi ricordi. E come biasimarlo? Per anni, Bieber ha cercato di liberarsi dei fantasmi di un’adolescenza vissuta sul filo del rasoio, con crolli emotivi, dipendenze, ricoveri e una lunga lotta contro la depressione.
Chi lo ha seguito nel tempo sa quanto la sua immagine pubblica sia stata in bilico tra redenzione e dannazione. Da baby-star a ragazzo problematico, fino alla rinascita spirituale e all’amore con Hailey Baldwin, diventata sua moglie nel 2018. Ma ogni tentativo di rinascita si scontra con le ferite mai chiuse. E oggi, mentre il mondo si prepara a vedere Diddy in tribunale, quelle ferite tornano a sanguinare.
Le immagini recenti di Bieber, spesso fotografato con abiti larghi, occhiali scuri e sguardo perso, sembrano restituire la stanchezza di un’anima che non ha mai davvero trovato pace. I fan si interrogano, i giornali speculano, i social impazzano. Alcuni lo criticano per il suo look “trasandato”. Ma dietro a una felpa oversize può nascondersi ben altro. Magari una protezione. Una barriera. Una richiesta silenziosa di lasciarlo in pace.
In uno degli ultimi messaggi condivisi su Instagram, Bieber ha scritto: “Non sempre capiamo subito perché ci succedono certe cose. Ma Dio ci dà la forza per superarle.” Una frase criptica, ma profondamente evocativa. Cosa sta cercando di superare davvero Justin?
La verità giudiziaria arriverà, forse, con il processo del 5 maggio. Ma la verità emotiva, quella più difficile da decifrare, resterà nell’intimità di chi, a quindici anni, è stato proiettato nell’inferno dorato dello show business senza alcun paracadute. E ora guarda il passato con gli occhi di un uomo che ha ancora paura di raccontare.
Justin Bieber non è l’imputato. Ma è, a tutti gli effetti, una delle vittime collaterali di un sistema che ha permesso per troppo tempo a uomini potenti di agire indisturbati, sotto i riflettori, mentre tutto il mondo applaudiva. Ora le luci si sono abbassate. E ciò che resta è il silenzio. O il coraggio, se un giorno arriverà, di rompere davvero quel silenzio.
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