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30 Aprile 2025 - 23:44
Matteo Maino
Chi l’ha deciso che l’ombra non serve più?
La domanda arriva secca e piena di rabbia da Corso Nazioni Unite, uno dei viali più importanti di Ciriè, ora spogliato dei suoi alberi e trasformato in un rettilineo rovente, che d’estate rischia di diventare – parole sue – “una serra a cielo aperto”. A lanciarla è Matteo Maino, architetto, attivista politico, ex candidato sindaco e nome noto tra i progressisti ciriacesi. E questa volta non si limita a un commento sui social: prende carta e penna e affida a una lunga e articolata riflessione pubblica la sua denuncia – ma anche le sue proposte – contro quella che definisce senza mezzi termini “una scelta urbanistica incomprensibile”.
Maino, classe 1980, si era presentato ufficialmente alla corsa per Palazzo D'Oria nel 2021, come candidato sindaco di Ciriè sostenuto dalla lista civica “I Riformisti”, collegata ad Azione, il partito di Carlo Calenda. Il suo era stato il primo nome annunciato per quelle elezioni: un progetto politico nato per dare “un’alternativa concreta” all’amministrazione uscente, con una squadra composta da giovani e professionisti del territorio. Ma prima poi aveva ritirato la candidatura spiegando "Non ci sono gli spazi politici per continuare la mia candidatura a sindaco di Ciriè".
Dopo quell’esperienza, il suo impegno è proseguito anche tra le fila di Italia Viva, dove è stato accolto con entusiasmo – e visibilità social – dai vertici nazionali, Matteo Renzi in testa. Parentesi aperta e chiusa in un tempo piccolo. Ora l'architetto ciriacese è volata nella direzione nazionale di +Europo, il partito fondato da Emma Bonino.
Il nodo della questione è chiaro: l’abbattimento degli alberi lungo Corso Nazioni Unite, una decisione presa dall’Amministrazione Comunale con la motivazione – tutta da discutere – di salvaguardare la pavimentazione in porfido. Ma per Maino le conseguenze sono gravi e visibili: aumento delle temperature, danni al commercio, peggioramento del microclima urbano, perdita di biodiversità.
“Gli alberi non sono solo decorazione, ma infrastrutture naturali essenziali: regolano il ciclo idrico, producono ossigeno, proteggono dalla grandine, stabilizzano il terreno, creano correnti di ventilazione benefiche”, scrive Maino, elencando una dopo l’altra tutte le funzioni vitali che una città moderna non dovrebbe mai sacrificare alla leggerezza progettuale.
E poi la stoccata più pesante: “Siamo nell’era dell’ambientalismo 5.0… al contrario”.
Ma l’analisi non si ferma al rimprovero. Maino propone soluzioni tecniche reali e praticabili: barriere anti-radice per proteggere le pavimentazioni, selezione accurata di specie arboree a radici non invasive, impiego di ingegneria naturalistica e drenaggi intelligenti, aiuole rialzate dal design curato, alberature pensili o a spalliera da integrare persino negli spazi del mercato settimanale. Una cassetta degli attrezzi urbana, come la definisce lui, che punta al riequilibrio tra uomo, città e natura.
Soprattutto, invoca un cambio di metodo: “È tempo di ascoltare i cittadini, gli esperti, gli architetti, gli agronomi, gli ambientalisti. Ciriè ha competenze e risorse. Serve il coraggio politico di valorizzarle”.
Un ritorno in vista del 2025?
Difficile non leggere tra le righe un possibile ritorno in campo. Il tono è da tecnico, sì, ma lo stile è da candidato. E con il suo appello all’intera Amministrazione – maggioranza e opposizione – Maino sembra già voler tracciare una linea di discontinuità rispetto all'attuale classe dirigente. Parla di “nuova stagione per Ciriè”, “progettazione urbana condivisa”, “benessere a lungo termine”. È la grammatica politica di chi non esclude nulla.
Per ora, resta la denuncia. Ma nelle prossime settimane – e soprattutto nei prossimi mesi – il suo nome potrebbe tornare a circolare non solo sui volantini di proposta, ma anche sulle schede elettorali.
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