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“No Cava” chiama il Comune risponde: lunedì il confronto con Chiantore, Fresc e Comotto

San Bernardo si mobilita: “La cava è una scelta politica, non un destino. Ora devono metterci la faccia”

Protesta a San Bernardo (foto archivio)

Nella foto Massimo Fresc, Matteo Chiantore e Francesco Comotto

C’è chi pensa che basti far passare il tempo per far dimenticare le cose. Ma a San Bernardo, i cittadini non hanno dimenticato affatto. Anzi: sono pronti a rimettersi in marcia, dieci anni dopo. Contro quella cava che torna dal passato come un incubo, contro una politica che da promessa si è fatta silenzio, e oggi si scopre dalla parte sbagliata.

Il Comitato No Cava, rinato nei giorni scorsi in seguito alla richiesta di rinnovo di una vecchia autorizzazione del 2008, ha ottenuto il primo risultato: lunedì 28 aprile 2025, ore 18, nella sala parrocchiale di San Bernardo, ci sarà l’incontro pubblico con il sindaco Matteo Chiantore e con gli assessori Massimo Fresc e Francesco Comotto.

Un confronto che i cittadini chiedevano da settimane. Un’occasione per guardare in faccia chi, quando era all’opposizione, sfilava a fianco dei residenti e oggi, seduto tra i banchi della giunta, tace, firma e approva.

“La cava NON è un atto dovuto, è una scelta politica. E le scelte si possono cambiare”, scrive il comitato in un volantino distribuito casa per casa. “Partecipate, informate, metteteli di fronte alle loro responsabilità”. Il messaggio è chiaro. E la pazienza è finita.

Perché di pazienza, i cittadini ne hanno avuta anche troppa. La cava – quella in località Fornaci – non è mai partita. Ma non è mai stata abbandonata. Ha dormito nel cassetto della burocrazia per anni, riattivata nel silenzio da un’istanza depositata a novembre. Nessun avviso, nessun confronto. E oggi ci si ritrova con una conferenza dei servizi già conclusa, e zero documenti resi pubblici. Così, come se il quartiere non esistesse.

Eppure San Bernardo esiste. Ed è cambiata. Non è più l’area di margine disegnata nelle vecchie carte urbanistiche. È un quartiere vivo, con case, famiglie, attività. È un pezzo di città che rifiuta di essere trattato come un vuoto a perdere.

Il progetto prevede 430.000 metri cubi di scavi, barriere fonoassorbenti alte fino a 7 metri, traffico pesante sulle strade interne, polveri sottili, rumore, cemento al posto del verde. E tutto sulla base di una vecchia istruttoria del 2008, redatta in un’epoca che non esiste più.

“Nel frattempo qui è cambiato tutto. Ma qualcuno fa finta di niente”, accusa il comitato. E non solo: “Non vogliamo che la sospensione del procedimento per motivi acustici venga usata come pretesto per far calare il sipario. Vogliamo risposte, vogliamo trasparenza. E vogliamo fermare quest’opera prima che sia troppo tardi”.

Il tono è quello delle grandi battaglie di quartiere. La rabbia è reale, la mobilitazione concreta. Il volantinaggio ha portato nelle case non solo dati e numeri, ma un appello all’orgoglio collettivo. “Diventa anche tu portavoce del dissenso” si legge. Perché questa non è più una questione tecnica. È una questione di dignità. Di futuro. Di rispetto.

La cava – lo dicono chiaramente – non è inevitabile. È una scelta. E le scelte si possono cambiare. Ma solo se la gente si sveglia. Solo se ci mette la faccia.

Il 28 aprile sarà una prova del nove. Per chi governa. E per chi non vuole essere governato a colpi di escavatore.

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