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23 Marzo 2025 - 19:00
Nella foto Massimo Fresc, Matteo Chiantore e Francesco Comotto
C'è una cava che riemerge dal passato. C'è una piccola frazione che nel frattempo è cambiata, cresciuta, diventata casa per centinaia di famiglie. E ora c'è una comunità che chiede risposte, prima che siano le ruspe a parlare.
Ebbene sì, dopo anni di silenzio, a San Bernardo d’Ivrea si riaccende la mobilitazione. È rinato il Comitato No Cava, lo stesso che nel 2014 aveva raccolto oltre 2600 firme contro l’apertura di una cava in località Fornaci.
E subito c'è una richiesta: un confronto pubblico con il sindaco Matteo Chiantore e con gli assessori Massimo Fresc e Francesco Comotto, che in passato – s'intende quando erano all’opposizione – avevano sostenuto apertamente le ragioni dei residenti.
In questi 10 anni la cava non è mai stata attivata. Ma lo scorso novembre è stata presentata un'istanza di rinnovo dell’autorizzazione, riaprendo un procedimento che sembrava sepolto nel tempo.
Tutto questo, secondo il comitato, è avvenuto in silenzio, senza che i cittadini ne fossero informati.
«Ci siamo trovati di fronte a una conferenza dei servizi finale senza che nessuno, tra noi residenti, avesse potuto visionare un solo documento. Nessuna comunicazione, nessun confronto» scrive il Comitato.
«Chiediamo un incontro pubblico per capire come sia possibile che un progetto così impattante possa proseguire in silenzio, come se qui non ci vivesse nessuno».
Il progetto prevede l’escavazione di 430.000 metri cubi di materiali inerti, con un conseguente aumento del traffico pesante lungo le strade interne del quartiere, già oggi congestionate. A protezione delle abitazioni, si prevedono barriere fonoassorbenti alte fino a 7 metri: muri artificiali tra le case e un paesaggio agricolo che fino a oggi aveva mantenuto una sua armonia.
Ma non è solo l’aspetto estetico a preoccupare. Secondo il Comitato, l’apertura della cava comporterebbe emissione di polveri sottili, disturbo acustico costante, e un deprezzamento degli immobili.
A tutto questo si aggiunge un elemento che alimenta il senso di ingiustizia: l’intera procedura si basa su una vecchia istruttoria tecnica risalente a sedici anni fa, in un contesto urbano completamente diverso da quello attuale.
«Nel frattempo, San Bernardo è cambiata. Sono nate nuove abitazioni, spazi verdi, piccole imprese. È cresciuto un tessuto sociale che non può essere ignorato» – affermano. «Questa non è più un’area di margine: è un quartiere vivo, abitato, con una sua dignità. Meritiamo risposte, non barriere di cemento davanti alle finestre».
Il procedimento, al momento, è stato sospeso per 90 giorni a causa della presenza di vincoli acustici nell’area. Una pausa tecnica che il Comitato intende trasformare in un’occasione politica e civile: coinvolgere la cittadinanza, informarla, chiederle di partecipare.
«Non vogliamo che questa storia scivoli via nel silenzio. È ora di riaprire il dialogo. Per questo invitiamo tutti a leggere le osservazioni che abbiamo presentato alla conferenza dei servizi e a unirsi alla richiesta di trasparenza».
Il volantino distribuito in questi giorni nel quartiere non è solo un’informazione: è un appello. «Fatti anche tu portavoce del dissenso verso un’opera dannosa per tutto il quartiere», si legge.
Perché a San Bernardo, oggi più che mai, la questione non è solo tecnica. È una questione di ascolto. Di comunità. Di futuro.
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