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17 Aprile 2025 - 17:40
Processo Eternit, condanna ridotta a Schmidheiny: 9 anni e 6 mesi per 392 morti
Dodici anni erano stati pochi. Ora sono diventati nove anni e sei mesi. La Corte d’Assise d’Appello di Torino ha ridotto la condanna inflitta in primo grado all’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, al centro del processo Eternit bis, per la strage silenziosa dell’amianto a Casale Monferrato. Le vittime accertate sono 392. Non un numero. Ma volti, famiglie, storie. Sessantadue erano operai della Eternit. Gli altri – ben 330 – semplici cittadini che avevano avuto la sola colpa di abitare accanto a quella fabbrica. A loro è stato portato via tutto. Senza un rumore. Un killer senza proiettili, ma altrettanto letale: il mesotelioma pleurico.
La Procura generale aveva chiesto la condanna per omicidio con dolo eventuale. I giudici d’appello, però, come quelli di primo grado, si sono fermati all’omicidio colposo aggravato. Nessuna volontà diretta, insomma, ma la consapevolezza del rischio e la scelta di non fermarsi. Non abbastanza per parlare di volontarietà, abbastanza per dire che la sicurezza era stata calpestata.
L'ex Saca di Cavagnolo, consociata Eternit
“È una vittoria della memoria, della dignità e della verità”, ha dichiarato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, tra le parti civili nel processo. “La vita e la salute delle persone vengono prima di tutto. È un segnale forte: chi inquina e mette il profitto davanti alla sicurezza non può restare impunito”.
Tuttavia, dalla difesa non sono mancati commenti di segno opposto. “Per molti dei casi il fatto non sussiste. La struttura dell’accusa continua a cedere”, ha dichiarato l’avvocato Astolfo di Amato, annunciando il ricorso in Cassazione.
Si chiude così, per ora, un altro capitolo del lungo calvario giudiziario cominciato ormai da decenni. Ma la parola “fine” non può ancora essere scritta. Perché giustizia vera sarebbe stata vedere il colpevole scontare ogni giorno per ogni vittima. E nove anni e sei mesi, per 392 morti, sono ancora troppo pochi. Tant’è.
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