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Guariniello cittadino onorario del paese per i "processi Eternit"

Il Consiglio comunale conferirà il riconoscimento anche a Bruno Pesce, Nicola Pondrano e, alla memoria, Romana Blasotti Pavesi

Guariniello cittadino onorario del paese per i "processi Eternit"

Guariniello cittadino onorario del paese per i "processi Eternit"

Quattro nomi. Quattro storie di lotta, dolore, coraggio. In un’Italia dove le sentenze svaniscono e la prescrizione spazza via la memoria come le ruspe con l’amianto, Cavagnolo decide di fermare il tempo. E di dire grazie.

Lo fa oggi, nel giorno in cui il Consiglio comunale conferirà la cittadinanza onoraria a quattro figure simbolo della battaglia contro l’asbesto: Raffaele Guariniello, Bruno Pesce, Nicola Pondrano e, alla memoria, Romana Blasotti Pavesi.

Lo fa mentre la Cassazione archivia l’ennesimo capitolo giudiziario con l’annullamento della condanna per omicidio colposo del magnate Stephan Schmidheiny, responsabile morale – e per un attimo anche penale – della strage silenziosa legata alla Eternit di Cavagnolo. Una strage che qui ha il volto di Giulio Testore, morto nel 2008 dopo 27 anni passati a respirare morte. O quello di Rita Rondano, uccisa dal mesotelioma nel 2012, dopo aver vissuto – e lavorato – a due passi dallo stabilimento Saca. Le ultime due vittime rimaste senza giustizia del processo Eternit-bis. Ma sono decine i volti delle vittime della Saca, l'ex consociata Eternit di via XXIV Maggio.

È in questo clima di sconforto e rabbia che Cavagnolo decide di non arrendersi. «Ricordo, impegno, giustizia», dice il sindaco Andrea Gavazza in una nota stampa diffusa dalla Città Metropollitana di Torino, che ha voluto fortemente questa cerimonia. «L’amianto è una ferita ancora aperta. Troppe le vittime. E troppe le famiglie che chiedono verità e giustizia».

Raffaele Guariniello, magistrato, è stato il primo a trattare l’amianto non come una fatalità, ma come un crimine. Con le sue inchieste – prima sul lavoro, poi sull’ambiente – ha aperto uno squarcio nel muro del silenzio. È grazie a lui se oggi possiamo parlare di “processi Eternit”, se nomi e cognomi sono stati messi nero su bianco in un’aula di tribunale. La sua è stata una giustizia lucida, implacabile, documentata. Anche quando tutto sembrava già perso.

Bruno Pesce, ex sindacalista della CGIL, ha trasformato la rabbia di Casale Monferrato in un movimento. Anima e volto dell’Afeva, ha dato voce a migliaia di famiglie. Ha camminato accanto a vedove, figli, operai, medici, avvocati. Sempre con la stessa convinzione: «L’amianto uccide. Ma l’indifferenza lo fa ancora di più». La sua testimonianza è diventata la spina dorsale di una battaglia collettiva.

Nicola Pondrano, operaio Eternit, è stato sindacalista, combattente, testimone. Ha visto i compagni cadere uno dopo l’altro. Non è rimasto a guardare. Ha parlato, ha scritto, ha marciato, ha lottato. La sua storia personale – marchiata dalla fibra killer – è diventata il simbolo di una lotta civile: quella dei lavoratori che non hanno più avuto un ritorno a casa.

E infine Romana Blasotti Pavesi, che riceverà la cittadinanza onoraria alla memoria. Ha perso marito, figlia, sorella, nipote e cugino a causa dell’amianto. Tutti. Tutti. Ma ha scelto di non odiare. Ha scelto di lottare. È stata presidente dell’Afeva, instancabile portavoce del dolore trasformato in azione. Romana è scomparsa l'11 settembre 2024, ma la sua voce vibra ancora ogni volta che si pronuncia la parola “giustizia”.

Il conferimento delle cittadinanze si terrà domenica 27 aprile nel salone parrocchiale, dopo la Messa in memoria delle vittime. Il giorno successivo, lunedì 28 aprile, alle 17.30, la commemorazione si concluderà con la deposizione di fiori presso il Palazzetto dello Sport, dove una lapide ricorda le vittime dell’amianto di Cavagnolo.

Il caso della Saca

Polvere. Quella di cui si sono riempiti i polmoni fino a non riuscire più a respirare. Quella che si attaccava su tute, guanti e vestiti, che per sgrassarli “ogni fine settimana bisognava vuotare una tanica di benzina”. Quella che ti prendeva agli occhi, quando entravi in fabbrica e tutt’intorno avvertivi una nebbiolina sottile sottile. Polvere di amianto.

Quella che gli ormai pochissimi sopravvissuti e oggi anziani ex dipendenti della Saca di Cavagnolo (1947-1987) associano al cancro che si è portato via i loro affetti più cari: un genitore, il marito, la moglie, un figlio, gli amici. Cavagnolo, Brusasco, Verrua Savoia, ma anche Brozolo, Lauriano, Monteu da Po sono le comunità del Chivassese che hanno pagato il tributo più alto alla “fabbrica della morte”, la Saca, l’azienda consociata dell’Eternit di Casale Monferrato dove si producevano manufatti in cemento-amianto destinati all’edilizia.

Si muore per la Saca anche oggi che l’azienda è stata tirata giù, l’area su cui sorgeva bonificata e su quelle che erano le sue fondamenta sorgono un palazzetto dello sport, un supermercato e alcune villette. Eppure, quando nel dopoguerra l’Eternit decise di mettere su uno stabilimento a Cavagnolo, furono in molti a gioirne, ignari di quanto nociva potesse essere la lavorazione di quelle miscele di amianto e cemento.

La Saca di Cavagnolo, attiva dal 1947 al 1987, è tristemente ricordata come una “fabbrica della morte”. In quegli anni, gli operai e gli abitanti della zona sono stati esposti a elevate quantità di polvere d'amianto, un killer silenzioso che ha causato la morte di molti lavoratori e loro familiari. Si stima che almeno cinquanta persone siano decedute a causa di malattie legate all’esposizione all’amianto, tra cui mesotelioma e asbestosi. Tuttavia, si ritiene che le vittime siano molte di più, considerando che non solo gli operai della fabbrica, ma anche i loro familiari e gli abitanti vicini allo stabilimento sono stati esposti alle fibre letali​.

L'ex Saca di Cavagnolo

Le testimonianze degli ex lavoratori, raccolte negli anni, sono toccanti. Maria, che ha lavorato alla Saca dal 1949 al 1958, ci aveva raccontato di come la polvere d'amianto si depositasse ovunque: “Entrava dalle finestre e si posava sulle lenzuola e sui vestiti”. Maria ha perso il marito e il fratello a causa di malattie legate all’amianto​.

Anna, altra ex operaia, ricordava come la polvere si attaccasse a tutto e come anche i guanti di cotone e gomma, che usava per proteggersi, non fossero sufficienti. Suo marito e suo cognato sono morti a causa del cancro ai polmoni, sviluppato a seguito di anni di esposizione all'amianto.

Non solo gli operai, ma anche le loro famiglie hanno pagato un prezzo altissimo. Vittorina raccontava: “Mio marito aveva i polmoni pieni di fibre d'amianto. È morto a 44 anni, uno dei primi a essere stroncato da questa malattia”. Anche lei aveva lavorato alla Saca, respirando quella stessa polvere mortale​.

Un'inchiesta de La Voce del febbraio 2007

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