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26 Marzo 2025 - 17:28
"Un senso di sconforto".
Così il sindaco di Casale Monferrato, Emanuele Capra, ha commentato la recente sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna per omicidio colposo nel processo Eternit bis relativo alle vittime di Cavagnolo. Il primo pensiero è per le 392 vittime dello stabilimento di Casale, per cui si attende il pronunciamento del Tribunale di Torino il prossimo 17 aprile. "Ci auguriamo che tale giurisprudenza, che nel nostro ordinamento può orientare le scelte degli organi giudicanti ma non è vincolante, non privi le famiglie casalesi della giustizia che meritano", scrive Capra, preoccupato che la decisione possa fare giurisprudenza e incidere negativamente sull’altro troncone del processo. "Questa ennesima vicenda giudiziaria non deve restare un mero caso di scuola, ma dimostrare che la giustizia processuale e quella sostanziale in Italia coincidono", ha concluso.
Il riferimento è al verdetto pronunciato dalla Suprema Corte il 21 marzo, che ha di fatto cancellato la condanna all’industriale svizzero Stephan Schmidheiny per la morte di due persone legate allo stabilimento Eternit-Saca di Cavagnolo: Giulio Testore, operaio esposto all’amianto per 27 anni e morto nel 2008, e Rita Rondano, deceduta nel 2012 dopo una duplice esposizione – residenziale e lavorativa – alla fibra killer.
Lo stabilimento Saca di Cavagnolo
Nel 2018, il tribunale aveva condannato Schmidheiny a 4 anni di carcere. In appello, la pena era stata ridotta a 1 anno e 8 mesi, riferita al solo caso Testore, con sospensione condizionale. Ora, in Cassazione, tutto annullato. Come già avvenuto nel 2014 con il primo maxi-processo Eternit, anche questa volta il verdetto rischia di aprire la strada alla prescrizione, bloccando non solo le condanne, ma anche i risarcimenti.
“Non possiamo comprendere, né condividere, la decisione della Corte – ha dichiarato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto – ma il nostro impegno proseguirà in tutte le sedi, per la bonifica, la messa in sicurezza, la tutela medica e risarcitoria delle vittime”.
Durissimo anche il commento di Bruno Pesce dell’Afeva, storico attivista per le vittime dell’amianto: “Siamo stupiti per la decisione sulla morte di un operaio per asbestosi, che ha sicuramente respirato una grande quantità di fibre nello stabilimento Eternit, che gli hanno pietrificato i polmoni. Ancora un rinvio, ancora prescrizione. È davvero incredibile”.
La preoccupazione è condivisa anche da Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro, parte civile nel processo per le vittime di Casale: “Un altro brutto capitolo per le vittime italiane dell’Eternit. Ci auguriamo che la sentenza su Cavagnolo non influenzi il giudizio d’appello per Casale. L’impianto accusatorio resta solido: crediamo che giustizia possa ancora arrivare, anche in Cassazione”.
Nel frattempo, le famiglie attendono. Con la paura che anche questa volta, più che la fibra killer, a vincere sia il tempo che tutto cancella.
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