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30 Marzo 2025 - 11:17
Eleonora Signoriello e Denis Hurjui con la piccola Lou Anastasia
Eleonora Signoriello ha 26 anni, vive a Settimo Torinese, e da pochi giorni è diventata madre della piccola Lou Anastasia, nata prematura il 13 marzo. Ma se oggi può stringerla al petto, lo deve a un miracolo. Un miracolo fatto di competenza, sangue freddo, dedizione assoluta. Un miracolo che ha il volto di decine di medici, infermieri, ostetriche, e il cuore che batte in un ospedale: la Città della Salute e della Scienza di Torino.
Accanto a lei, sempre, Denis Hurjui, 27 anni, compagno e padre, che ha assistito impotente a un incubo cominciato all’improvviso: Eleonora alla 29ª settimana di gravidanza inizia a respirare male. Poi peggio. Fino alla dispnea, la sensazione di soffocare. Il primo accesso in un pronto soccorso della provincia non basta. Il trasferimento d’urgenza all’ospedale Sant’Anna nemmeno. I medici capiscono subito: è una embolia polmonare massiva bilaterale, un mostro invisibile che le sta bloccando il respiro, chiudendo le arterie dei polmoni. E dietro, il cuore che cede, la pressione che crolla, la vita che si allontana.
Serve un intervento immediato. E non uno qualunque. Serve una tromboaspirazione polmonare, una procedura che a malapena compare nei manuali, talmente rara da non avere protocolli certi, soprattutto in gravidanza. Ma è l’unica via: o si prova, o si muore.
Il trasferimento è al volo, al presidio Molinette. Si riuniscono cardiologi, radiologi, anestesisti, ginecologi, neonatologi, ostetriche. Si allestisce una sala operatoria che sembra una navicella spaziale. Eleonora viene affidata a mani esperte: i dottori Andrea Discalzi, Floriana Nardelli, Jacopo Brino, sotto la guida del dottor Andrea Doriguzzi, affrontano l’intervento con la precisione di chi sa che ogni secondo è decisivo. Si introduce un catetere nella vena femorale. Si naviga nelle arterie. Si aspirano gli emboli. Tutto mentre la bambina, ancora nel grembo, viene protetta da radiazioni e complicanze.
E funziona. Eleonora respira. Il cuore regge. Lei e la sua bambina sono vive.
Ma il pericolo non è finito. I giorni successivi sono di sorveglianza assoluta. Si attiva un’équipe H24 per intervenire in caso di peggioramento. E quando i medici capiscono che la minaccia di una recidiva è troppo alta, si prende una decisione difficile: bisogna far nascere la bambina. Nonostante le 30 settimane appena compiute.
Un altro salto nel vuoto. Ma anche stavolta, c’è una squadra pronta. Cesareo programmato nelle sale operatorie del DEA Molinette. In sala il professor Luca Marozio, con i dottori Maurizio Giarola e Carola Beltratti. Le ostetriche Luana Giusti, Barbara Ianiro e Patrizia Tripodi. In anestesia i dottori Alberto Birocco, Mariella Maio e Marinella Zanierato, affiancati dagli infermieri Cosimo Greco e Roberto Fontenella. Lou Anastasia nasce. È piccola, è fragile, ma è viva. Respira. Piange. Lotta.
La afferrano subito i neonatologi Francesco Cresi, Ananda Bauchiero, Laura Ferrero, con l’infermiera pediatrica Angela Pitino. La trasferiscono alla Terapia Intensiva Neonatale del Sant’Anna, diretta dalla professoressa Alessandra Coscia. E lì, dopo qualche giorno, accade l’inimmaginabile: Lou Anastasia riceve il primo abbraccio della sua mamma. Un abbraccio che solo una settimana prima sembrava impossibile.
Oggi Eleonora è stata dimessa. È stanca, provata, ma viva. La piccola Lou è ancora sotto osservazione. Ma cresce. Respira da sola. Si nutre del latte di Eleonora. Ogni giorno è una conquista.
A raccontare questa vicenda non bastano i numeri. Non bastano i nomi, pure tanti, di chi ha reso possibile l’impossibile. Questa è una storia di umanità e coraggio, che tiene insieme tecnologia d’avanguardia e gesti d’amore. È una storia che dimostra quanto può valere una sanità pubblica efficiente, organizzata, umile e straordinaria.
«Un evento sanitario che avrebbe potuto avere un esito molto diverso ed infausto si è risolto nel migliore dei modi» ha commentato il Commissario della Città della Salute, Thomas Schael. «Il valore aggiunto è stato poter contare su tutte le specialità, insieme, coordinate, pronte».
Per l’assessore regionale Federico Riboldi, è la prova che «fare rete, mettere in sinergia le competenze, è la chiave del futuro. Questo intervento dimostra come la Città della Salute sia un’eccellenza assoluta».
E forse, in mezzo a tante notizie su una sanità disastrata, fatta di tagli, attese, carenze, è giusto ogni tanto raccontare anche questo: una madre di Settimo Torinese, una bambina che nessuno ha mai visto ma che tutti hanno voluto salvare, una storia che rincuora, che fa bene al cuore. Una storia che restituisce fiducia. E speranza.
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