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Metalmeccanici in sciopero, blocco della produzione e adesioni record

Fim, Fiom e Uilm chiedono aumenti salariali, riduzione dell’orario e più tutele contro il precariato

Metalmeccanici in sciopero

Metalmeccanici in sciopero, blocco della produzione e adesioni record

Cinquemila lavoratori metalmeccanici hanno sfilato per le vie del centro di Torino nella mattinata di venerdì 28 marzo, rispondendo alla chiamata allo sciopero generale indetto da Fim, Fiom e Uilm per il rinnovo del contratto nazionale. Un’adesione altissima, che ha visto la Leonardo di Caselle registrare il 90% di astensioni dal lavoro, la Marelli il 95%, mentre le officine dell’Avio di Rivalta sono rimaste vuote. I sindacati parlano di un messaggio forte e chiaro al mondo delle imprese: “I lavoratori vogliono il contratto”.

Il corteo, aperto dallo striscione “Senza contratto si sciopera. Per il salario, per l'orario, per la sicurezza, per la solidarietà, per la ripresa della trattativa”, è partito da piazza Arbarello per raggiungere la sede dell’Unione Industriale di Torino, dove si sono alternati al microfono i principali rappresentanti sindacali del comparto. Tra loro, Edi Lazzi, segretario della Fiom torinese, ha dichiarato: “Abbiamo svuotato le fabbriche. Le produzioni si sono ovunque fermate. Se la trattativa non ripartirà, andremo avanti con scioperi mirati che costano poco ai lavoratori ma infliggono danni economici enormi alle imprese”. Un avvertimento che punta a far pressione su Federmeccanica e sulle controparti industriali affinché venga riaperto il tavolo di confronto, fermo da undici mesi.

Luigi Paone, segretario della Uilm Torino, ha spiegato che l’obiettivo è aumentare i salari e ridurre l’orario di lavoro, come leva per rafforzare il potere d’acquisto e redistribuire l’occupazione. Paone ha inoltre chiesto l’inserimento nel contratto di una soglia massima per il lavoro in somministrazione, per ridurre il precariato e garantire un futuro ai giovani: “Il contratto non è solo una questione di soldi, ma l’espressione dell’idea di Paese che vogliamo”.

A concludere la manifestazione è stato Ferdinando Uliano, leader nazionale della Fim Cisl, che ha denunciato l’atteggiamento di chiusura delle aziende: “Non ci fermeremo di fronte all’irresponsabilità degli imprenditori. Abbiamo presentato la piattaforma da undici mesi, ma nessuna risposta né sui salari né sulle norme”.

Durante la manifestazione si sono registrati anche momenti di tensione, quando alcuni attivisti del Fronte della Gioventù Comunista hanno bruciato una bandiera dell’Unione Europea e una della NATO proprio davanti all’Unione Industriali, mentre i sindacalisti parlavano dal palco. Le fiamme sono state appiccate con una torcia da segnalazione, gesto che ha attirato l’attenzione delle forze dell’ordine ma non ha avuto conseguenze immediate.

Il contesto in cui si è svolta la protesta è quello di una stagnazione salariale allarmante: come ricordato dalla Fiom, in Italia i salari reali sono cresciuti solo dell’1% dal 1991, contro il 32% di media nei Paesi OCSE. Una forbice che spiega in parte la rabbia e la determinazione espresse oggi in piazza dai lavoratori del settore. Per i sindacati, il contratto nazionale dei metalmeccanici non può diventare un terreno di scontro eterno: deve tornare ad essere, come sempre, un punto d’incontro tra esigenze produttive e diritti del lavoro.

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