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La villa abusiva che sfida Comune e Procura: a Ivrea vince l’illegalità

Ordinanze, delibere, mozioni e perfino un esposto per omissione in Procura: tutto inutile. Da 11 anni la casa di via delle Fornaci cresce indisturbata. Con gazebo, palme e forse una piscina. E nessuno muove un dito

La villa abusiva che sfida Comune e Procura: a Ivrea vince l’illegalità

La villa vista dall'alto

Ci sono abusi edilizi, e poi c’è quello di via delle Fornaci a Ivrea. Una supervilla con telecamere e palme. Sembra di stare in Messico. Il sindaco Matteo Chiantore di fronte alla giornalista Delia Mauro di Rete 4 è caduto già dal pero. Non so. Non conosco Lagaren. Faremo. Lavoreremo. Ce ne occuperemo.... Troppo poco. La storia infatti avrebbe dovuto conoscerla e potrebbe farsela raccontare dall'assessore Francesco Comotto che l'aveva studiata nei minimi particolari.

Inizia nel 2011 e non è mai finita. Una vicenda che ha dell’incredibile: una Denuncia di Inizio Attività per ristrutturare un “ricovero attrezzi” trasformata in un vero e proprio cantiere per la costruzione di una casa. Non una casetta. Una villa di più di 100 metri quadrati, realizzata su suolo privato, ben oltre i 20 dichiarati. Una truffa urbanistica talmente palese da spingere, fin dai primi mesi, il Comune a intervenire.

ai microfoni di Rete 4

con la giornalista

Ma qui comincia l’altro lato oscuro della vicenda: quello dell’inerzia amministrativa, del silenzio istituzionale, della giustizia che non arriva mai.

Il 15 luglio 2011, con ordinanza n. 5522, il Comune di Ivrea dispone l’immediata sospensione dei lavori, dopo aver constatato che il fabbricato in costruzione era di gran lunga superiore a quanto denunciato. Ma il cantiere non si ferma. Anzi: prosegue indisturbato. Un secondo sopralluogo lo conferma, e così si arriva alla successiva ordinanza, la n. 5547/2011, che dispone la demolizione dell’edificio e il ripristino dello stato dei luoghi, come previsto dall’art. 31 del DPR 380/2001.

Il responsabile dell’abuso fa ricorso al TAR. Ma anche il Tribunale Amministrativo Regionale, con ordinanza del 15 dicembre 2011, rigetta l’istanza.

Scrive il giudice: “…. l’intervento in concreto eseguito oltre a risultare sostanzialmente e funzionalmente difforme da quello per il quale era stata presentata la d.i.a. travalicasse anche il limite di assentibilità…”.

Sul piano giuridico, la strada è sgombra: la villa deve essere abbattuta.

Nel frattempo, l’edificio viene completato e abitato. Lo conferma la Polizia Municipale in un sopralluogo dell’aprile 2012. La situazione è grave, ma sembrerebbe sotto controllo. A settembre, il Comune notifica l’accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione.

Un mese dopo, in data 23 ottobre 2012, arriva il passo decisivo: il Consiglio comunale di Ivrea approva la delibera n. 83, che autorizza la demolizione d’ufficio dell’abuso edilizio, con spese a carico del responsabile. Viene persino inserito il capitolo di spesa a bilancio.

Tutto finito? No, è qui che il caso diventa un caso nazionale.

Passano giorni, settimane, mesi. Passa più di un anno e mezzo. Nessuno fa nulla. La villa non solo non viene abbattuta, ma continua a espandersi. Inizia a comparire un giardino esotico, vengono montati gazebo, si vocifera addirittura dell’arrivo di una piscina.

Il 31 marzo 2014, tre consiglieri comunali – Pierre Blasotta, Francesco Comotto e Alberto Tognoli – firmano una mozione con cui chiedono di procedere immediatamente alla demolizione, in ottemperanza alla delibera approvata un anno e mezzo prima. 

Nella mozione si ricorda che il Consiglio comunale non ha riscontrato né prevalenti interessi pubblici, né vincoli urbanistici o ambientali che potessero ostacolare la demolizione. La legge è chiara, il quadro è limpido: l’edificio va abbattuto.

La mozione viene votata a maggioranza. Eppure, nulla cambia. Nessuna ruspa. Nessun intervento. Nessun atto concreto.

Così, il 23 aprile 2014, Pierre Blasotta, capogruppo del Movimento 5 Stelle, decide di rivolgersi alla Procura della Repubblica di Ivrea, firmando un esposto per presunta omissione di atti d’ufficio, articolo 328 del Codice Penale. L’esposto è un atto dettagliato, circostanziato, in cui si ripercorrono punto per punto tutti i passaggi dell’incredibile storia: le ordinanze inascoltate, i sopralluoghi, la delibera disattesa, la mozione ignorata, e un fabbricato che non solo è ancora lì, ma continua a espandersi.

Ma l’esposto – come le ordinanze, le delibere e le mozioni – non produce effetti. La villa resta dov’era. A distanza di undici anni, è ancora in piedi, anzi più rifinita, più curata, più definitiva. Un monumento all’illegalità che non incontra ostacoli. Un pugno nello stomaco per chi crede nello Stato di diritto.

E mentre oggi si discute della violenta aggressione alla troupe di Rete 4 nel quartiere San Giovanni – non lontano da via delle Fornaci – l’eco di questa vicenda torna a farsi sentire. Perché le parole, le mozioni, i comunicati, i proclami sulla “tolleranza zero” restano appesi al nulla, se poi un abuso edilizio deliberatamente riconosciuto e condannato può rimanere indisturbato per oltre un decennio.

Chi ha il potere di intervenire, perché non lo ha fatto? Il Comune ha approvato una demolizione d’ufficio e poi l’ha dimenticata? La Procura ha ricevuto un esposto e lo ha archiviato in silenzio? Chi deve vigilare sull’attuazione delle delibere pubbliche?

E ancora. Quel Comotto, in allora seduto tra i banchi dell'Opposizione con Carlo Della Pepa sindaco,  oggi assessore con il sindaco Matteo Chiantore, che gridava allo scandalo, che chiedeva giustizia, perchè non se ne occupa?

A Ivrea, intanto, il fabbricato di via delle Fornaci resta lì. Solido. Silenzioso. Protetto. Come se fosse legittimo. Come se fosse intoccabile. Come se la legge valesse solo per chi non ha gli amici giusti.

E poi c'è l'altra storia, quella che coinvolge un privato, la famiglia Gaida Lesca, di cui abbiamo già scritto qui:

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