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Settimo Torinese
18 Marzo 2025 - 23:38
Elena Piastra
Settimo Torinese, città modello, città del futuro, città "bella da vivere", città visionaria con il suo festival dell'innovazione, la sua biblioteca, la sua Suoneria e poi il nuovo Dado, la nuova scuola e la nuova caserma.
Così recitano gli slogan, così si vendono i progetti urbanistici, così si celebrano le inaugurazioni di nuovi parchi, piccoli lavoretti qua e là, tanti progetti Pnrr. Ma poi c'è la realtà. Quella che non si legge nei comunicati stampa, quella che non trova spazio nei post patinati su Facebook dell'Amministrazione comunale e del Pd. Quella di cui la sindaca, nelle sue interviste al Corriere della Sera non parla. Quella che, se proprio bisogna nominarla, si liquida con un laconico "non è di nostra competenza".
Provate a chiederlo a Mohammed Benaly e alla sua famiglia. Sei persone in 40 metri quadrati, con la muffa che cresce più in fretta dei bambini, con l'acqua che filtra dai muri, con il soffitto che si sgretola sopra le loro teste. Una casa popolare, assegnata dall'ATC – Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Centrale, che non è più un alloggio, ma un campo di battaglia contro l'incuria e l'indifferenza.
Il 7 gennaio 2025, i vigili del fuoco e la polizia municipale sono intervenuti per il distacco di porzioni di intonaco dal soffitto del bagno e del terrazzo. Il Comune ha emesso un'ordinanza di inagibilità temporanea, e la famiglia Benaly è stata trasferita, con poche valigie e zainetti per la scuola, in un container della Croce Rossa, al Centro Fenoglio di Settimo Torinese.
Un provvedimento provvisorio, in attesa di una soluzione definitiva che, naturalmente, non è arrivata. ATC ha dichiarato al Comune di aver eseguito i lavori di messa in sicurezza, e la famiglia è tornata a casa. Peccato che il balcone sia rimasto inagibile e la muffa sia tornata più aggressiva di prima. Un'illusione di normalità durata il tempo di un annuncio ufficiale.
Eppure ATC sa bene che quell'alloggio non è più idoneo. Lo dice una sentenza del TAR, la numero 3890/2023, che impone all'Agenzia di trovare una nuova sistemazione per la famiglia Benaly. Anche la Commissione Utenzadell'Agenzia, riunitasi il 13 marzo 2024, ha preso atto della decisione. Ma le carte restano chiuse nei cassetti, e la realtà resta quella di un uomo che ha dovuto mettere una barra di ferro nel bagno per impedire che il soffitto crollasse in testa ai suoi figli.
E qui veniamo alla domanda delle domande: dov'è il Comune? Dov'è Elena Piastra, sempre così solerte quando si tratta di parlare di nuove caserme, di farsi fotografare sui cantieri, di raccontarci il futuro dei Data Center e le palazzine viste a Parigi?
Quante lettere ha scritto Piastra ad ATC per far rispettare la sentenza del TAR? Quante volte ha battuto i pugni sul tavolo per difendere i suoi concittadini? Quante interrogazioni, quante denunce pubbliche, quante iniziative sono state prese per impedire che un uomo, sua moglie asmatica e i loro quattro figli vivano tra l'umidità e il terrore che il soffitto cada loro addosso?
La risposta, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. Settimo, la città "bella da vivere", ha lasciato che una famiglia restasse intrappolata in una casa che non è più una casa, ignorando sentenze, relazioni tecniche e, soprattutto, il buon senso. Perché ci vuole davvero poco per capire che vivere così non è vita.
"Chiedo solo una cosa: dateci una casa. Niente di lussuoso, niente di speciale. Solo un posto dove poter vivere senza paura che il soffitto ci cada addosso", dice Mohammed Benaly. Una richiesta semplice, umana, sacrosanta.
Settimo è bella da vivere? Forse per qualcuno. Di certo, non per tutti.
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