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Il Canavesano imbruttito
15 Marzo 2025 - 18:36
Macron e Zelensky
Non so a quanti sia noto e a dir la verità non so neanche quanto possa essere attendibile, ma un recente sondaggio dell’istituto di ricerca “YouGov”, apparso su alcuni organi d’informazione lo scorso 8 marzo, ha rivelato che una significativa porzione della popolazione italiana è contraria ad inviare in Ucraina truppe europee per una missione di “peacekeeping”.
Nello specifico, il 45% degli intervistati ha espresso un’opinione negativa, mentre il 36% si è dichiarato favorevole e il 20% è rimasto incerto. Questo il responso di un’Italia piagata da una crisi senza fine, messa nelle condizioni di non capire da una politica che definire farsesca è fargli un complimento e ingannata dai media, dagli stessi che si definiscono padroni dell’informazione ufficiale.
Ora, non conosciamo il numero degli intervistati, non ne conosciamo l’età, il sesso, il lavoro, il titolo di studio e nemmeno l’orientamento politico, quindi, potrebbe essere l’ennesimo sondaggio che lascia il tempo che trova. Sondaggio, però, che non ha dato risultati troppo lusinghieri perché, detto che quel 36% favorevole alla missione per me sarebbe potuto partire, lancia in resta, anche ieri, quel 20% di incerti non riesco a capirli, o meglio, cosa non hanno ancora capito gli italiani che, secondo il sondaggio di “YouGov”, alla domanda “sei favorevole all’invio di truppe europee in Ucraina per una missione di peacekeeping?” hanno risposto “non so, sono incerto”?
Allora, cominciamo col dirlo in italiano, perché mi pare sia ancora la nostra lingua, quindi, deve essere chiaro che una missione di peacekeeping altro non è se non una missione militare, che ha il compito di preservare e assistere il processo di pace là dove le parti in conflitto hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco. Chiarito questo, mi pare che da parte dell’Ucraina e dell’Unione Europea ci sia solo la volontà e la necessità di prendere tempo col chiaro proposito di riorganizzare l’esercito di Kiev.
Diversamente non si spiegherebbero i musi lunghi della Meloni e soprattutto di Macron, Rutte, Starmer e dei tanti ducetti europei, dopo che il successore di Biden, il repubblicano Donald Trump, ha detto chiaramente che l’America non è più disposta a foraggiare l’Ucraina con dollari e armi. Tutti erano arsi dal fuoco dell’ambizione, già si vedevano acclamati dalle folle per essere riusciti là dove Napoleone, Hitler e Mussolini avevano fallito.
Non ce l’hanno fatta, non potevano inchinarsi alla pace, la guerra è troppo ghiotta, è più sporca, ma più remunerativa, chiede più sangue, ma nel breve può arricchire e, se non ci sarà ricorso all’atomica, potrà arricchire anche nel medio e lungo periodo. Metodo già testato di recente con le vaccinazioni a tappeto su scala mondiale, che si sono tradotte in un fiume in piena di miliardi riversati nelle casse di Big Pharma e probabilmente in torrenti traboccanti di tangenti per politici e pseudoscienziati, cosa che sta emergendo fragorosamente negli U.S.A. dove in molti Stati, governati dai repubblicani, la vaccinazione contro il covid è stata da tempo vietata.
Non ce l’hanno fatta, non ce la potevano fare, noi siamo a pezzi, ma è l’Europa Unita, che ha fatto esplodere la disoccupazione anche in Germania e Francia, che comincia, un po’ tutta, a stare davvero male, tanto da inchinarsi ai “Signori della guerra”, così l’Aula di Strasburgo, dopo essere stata bellamente ignorata e scavalcata, lo ha scandito a chiare lettere: “La questione ucraina può essere risolta solo con le armi!”.
Non mi pare ci siano state grandi proteste per la decisione di Ursula von der Leyen, già condannata in data 17 luglio 2024 dalla Corte Distrettuale dell’Unione Europea per mancata trasparenza nei contratti dei “vaccini anti covid, quando, mercoledì 12 marzo, in ossequio all’articolo 122 dell’Unione, che pare, permetta di scavalcare il Parlamento per questioni che richiedono urgenti decisioni riguardanti la sicurezza, si è presentata nell’Aula parlamentare col “pacco pronto”.
L’articolo 122 offre due possibilità al legislatore dell’Unione. Da una parte, al paragrafo 1, si consente al Consiglio di decidere, su proposta della Commissione e in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate per rispondere alla situazione socioeconomica determinatasi. Dall’altra, al paragrafo 2, consente al Consiglio di concedere l'assistenza finanziaria dell'Unione a uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo. Ora, e non si hanno notizie che le cose siano cambiate, l’Ucraina è un Paese che fa parte dell’Associazione europea di libero scambio, ma non è certo uno Stato “Membro dell’Unione Europea”.
In ogni caso, l’Ursula del “Pfizergate”, delle auto elettriche, delle pale eoliche, dell’Agenda 2030, della mortificazione dei lavoratori, già regina della lotta al “cambiamento climatico”, è uscita dall’Aula di Strasburgo con la piena approvazione del suo piano di riarmo europeo, denominato, per i troppi che in Italia, non conoscendo l’italiano, amano distinguersi ricorrendo a vocaboli stranieri: “ReArm Europe”.
Non una voce contraria degna di nota; non un dibattito, neanche finto, di quelli ad uso e consumo del “popolino”; non un esame di coscienza; non una nota sul genocidio del popolo palestinese da parte degli israeliani; non un ricordo delle centinaia di migliaia di persone, soprattutto donne e bambini, massacrate nel Donbass, prima dell’intervento russo, ad opera dei bravi soldati ucraini e meno che meno, non è neanche stato preso in considerazione un cambio di strategia alla luce della nuova posizione americana sul conflitto tra Mosca e Kiev.
L’Europa ha deciso di tirare dritto e anche a rischio di rimanere sola, ha approvato, a larga maggioranza, due risoluzioni, una sul rinnovato sostegno a Zelensky e l’altra sul Libro Bianco della Difesa U.E.. Risoluzioni che al loro interno promuovono il progetto di riarmo dell’intero continente. Un progetto da almeno 800 miliardi di euro, già caldeggiato e consigliato dal “grande” Mario Draghi, il quale, non a caso, nel settembre dello scorso anno, da grande economista, indicò nel risparmio privato dei cittadini una delle fonti determinanti per il finanziamento del riarmo europeo. Obiettivamente non c’era da aspettarsi nulla di diverso da personaggi farneticanti, dichiaratamente amici di Zelensky. Per chi non lo sapesse, in Ucraina dal 04 ottobre 2022, voluta dal suo Presidente, definito da Trump “Un comico di dubbio valore”, è in vigore una legge che vieta qualsiasi negoziato di pace con la Russia, quindi, nonostante non passi giorno senza che la sconfitta dell’esercito ucraino risulti più trasparente dell’acqua sorgiva, le cose non potevano andare diversamente.
Ormai in Europa, nell’Europa dell’Euro, in quel minuscolo puntino sul mappamondo che vorrebbe salvare il pianeta Terra viaggiando su auto elettriche e ricoprendo case e prati di pannelli fotovoltaici, si freme e non si sta più nella pelle. L’esercito ucraino, quasi per intero, è ormai costituito da mercenari, anche italiani, ma soprattutto polacchi, francesi, inglesi e tedeschi, quindi, non a caso gente come Duda e Macron, rispettivamente presidenti di Polonia e Francia, sono usciti allo scoperto con la proposta di inviare, molto probabilmente per addivenire all’incidente militare necessario a coinvolgere nella guerra l’Europa e la N.A.T.O., una missione militare di “peacekeeping” in territorio ucraino. Missione che vorrebbero composta da almeno 40.000 soldati ben armati, non sotto la bandiera dell’O.N.U., ma sotto quella della N.A.T.O..Insomma, pare che l’Unione Europea necessiti di una guerra, come recentemente dichiarato da Trump, “per nascondere il suo grande fallimento economico, sociale e politico”.
Pare incredibile che pochi sciagurati cialtroni possano innescare una guerra su larga scala, destinata, se nessuno li fermerà, a trasformare l’Europa intera in un enorme cimitero corredato di macerie fumanti. Non riesco a comprendere come ci si possa rassegnare a farci rubare il futuro, il nostro, ma soprattutto quello dei nostri figli.
Perché la guerra ad ogni costo? Perché sbandierare la minaccia militare della Russia all’Unione Europea, che ad oggi non c’è mai stata, se non nella mente malata di pericolosi psicopatici quali si stanno dimostrando Macron, Starmer, Rutte, Merz, Draghi ed anche tutti gli eurodeputati degli Stati membri, compresi quelli italiani, che hanno votato la risoluzione “ReArm Europe” voluta dalla Presidentessa della Commissione Europea, Ursula von per Lyen?
Perché non smetterla con una guerra che non avrebbe neanche dovuto avere inizio e non fermarsi a recuperare quei valori assoluti su cui si fonda qualsiasi convivenza tra persone diverse: Giustizia, Libertà, Cultura e Onestà, trovando un linguaggio diverso per il dialogo, non lasciando che a parlare siano solo i pazzi, quelli che affidano il loro messaggio alle bocche da fuoco dei cannoni, ai cacciabombardieri, ai missili e agli attentati terroristici?
Chi crede nella Pace, oggi non gode di nessuna rappresentanza politica nelle istituzioni. I partiti, certificato abbondantemente dalla gestione della fantapandemia da covid 19, sono per lo più popolati dagli scarti della società civile e purtroppo non è così solo in Italia. Un po' ovunque i cittadini hanno mostrato la loro disaffezione verso la politica, soprattutto da noi, dove Parlamento e Senato rappresentano meno, molto meno della metà della popolazione avente diritto di voto. Parlano di guerra, vogliono la guerra, la facciano, d'altronde pare che nel nostro Paese ci sia già un esercito di politici, giornalisti, opinionisti e sfaccendati di ogni tipo pronti a "benedire" la guerra contro la Russia come l'ennesima "guerra santa" e allora, a tutta questa gente, mi sento di dare un consiglio spassionato: "Invece di passare il vostro tempo a vomitare odio e falsità, passate a ritirare divisa e moschetto e toglietevi da tra i coglioni, il "fronte russo" vi aspetta e non temete, i "cambiamenti climatici" vi salveranno dal freddo".
Gli avvenimenti di questi ultimi tempi, l'accelerazione dell'Unione Europea verso la guerra, la rinnovata dimostrazione dell'inesistenza della politica italiana, ci deve insegnare che bisogna trovare il coraggio e la forza di tornare all’essenziale, credendoci, ricominciando a distinguere, in quest’epoca che ha confuso tutto, fra il necessario e il superfluo; fra ciò che conviene ai popoli e ciò che conviene ai politici; fra ciò che è reticenza, omissione, censura e ciò che è libertà di pensiero, di scrittura, di parola e di comunicazione; fra ciò che è cinismo, ignoranza, pochezza culturale, strumentalizzazione politica e ciò di cui abbiamo bisogno: una nuova, necessaria, organizzazione culturale, alternativa alla partitocrazia romanocentrica e all’Unione Europea.
In tempi di politica minima, per certi versi inesistente, asservita agli interessi dei padroni della finanza globale, occorre ripartire dalle basi per ricostruire la conoscenza di ciò siamo stati, di ciò che avremo potuto essere e di ciò che ci siamo persi per strada, abbagliati dal miraggio di una salvifica Unione Europea.
“Unione” non ideata, nè costruita sugli interessi e sulle necessità dei popoli, ma sugli interessi delle banche e delle multinazionali; “Unione” che ha certificato come non si possa fondare alcunché senza riconoscere e valorizzare eredità comuni, tradizioni, culture, linguaggi, riti e simboli dei popoli che la compongono; “Unione”, testimoniato dall'ultimo, recentissimo rapporto del CENSIS, che risulta invisa al 70% degli italiani, che la reputano un inutile guscio vuoto, dannosa e destinata a sfasciarsi; “Unione” che si è tradotta in una sovrastruttura invasiva, che nuoce ai popoli, alle nazioni e alle loro identità; “Unione” priva di spirito comunitario, incapace di aprirsi ai bisogni della gente, che ha reso evidente come non ci si possa affidare all’individualismo globale; “Unione” che ha cercato di risolvere tutto, non risolvendo niente, affidandosi alla potenza della tecnologia, della medicina, dell’economia e della finanza, o peggio, agli apparati militari, farmaceutici e mediatici.
Manca l’aria e non è colpa dei cambiamenti climatici, ormai la ragione sta nell’ignoranza diffusa e persino compiaciuta che ha colonizzato politica e informazione. Quanto sta avvenendo è inaccettabile, lasciare che sia, significa rassegnarsi a vivere nel buio. Nel buio dove hanno origine le “guerre” di visualizzazioni e like su Facebook; le liti, le baruffe e gli schiamazzi senza costrutto nei talk show televisivi e le sceneggiate tragicomiche nelle austere aule di Senato e Camera. Nel buio che ha ormai reso indistinguibili la destra dalla sinistra. Nel buio che pare aver partorito generazioni orfane di valori e ideali. Nel buio che rischia di essere rischiarato solo dall'esplosione delle bombe. Nel buio, però, che si potrebbe rischiarare semplicemente aprendo gli occhi, perché quella a cui stiamo andando incontro non è una bella storia, non c'è nulla di romantico, non c'è bisogno di buio e silenzio per raccontarla, non ci sono eroi, ma solo vili rinnegati. Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice fiorentina che da giovanissima partecipò alla resistenza, prima giornalista italiana ad essere inviata sui fronti di guerra, scrisse: "Dev’esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che trovano gloriosa o eccitante la guerra. Non è nulla di glorioso, nulla di eccitante, è solo una sporca tragedia sulla quale non puoi che piangere".
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