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Riarma l’Europa, disarma il pacifismo: il sì del Parlamento europeo al piano militare

Il sogno di un'Unione pacifista si infrange contro il muro degli interessi bellici. Tra “padri nobili” favorevoli al riarmo e divisioni interne alla sinistra, il rischio è di perdere molto più di una battaglia politica

URSULA VON DER LEYEN PRESIDENTE COMMISSIONE EUROPEA

URSULA VON DER LEYEN PRESIDENTE COMMISSIONE EUROPEA

Ci avevamo sperato, in un No, pur contro ogni evidenza, ma dal Parlamento europeo è giunto oggi il al piano per il riarmo dell’Ue. Evidentemente il popolo dei pacifisti conta poco, in queste grandi faccende. Contano molto di più l’economia senza etica, le grandi industrie belliche, gli incomprensibili posizionamenti delle varie nazioni. Si poteva fare meglio? Noi pensiamo di sì. Le strade erano diverse e molto più ragionevoli: il pacifismo tout court, con l’uso più incisivo della diplomazia; il riarmo senza (quasi) spese, che si limitasse a razionalizzare l’esistente (un proiettile in Finlandia deve avere lo stesso calibro di uno in Francia); soprattutto una mentalità che non mettesse il sospetto al primo posto…

Così non è stato. Che poi si tratti di 500 miliardi oppure, come leggevo, di una cifra molto inferiore spalmata su più anni, poco cambia.
E stupisce che personaggi politici che credevamo “padri nobili”, a partire dal Presidente della Repubblica, fossero e siano così pervicacemente a favore del riarmo. “Se vuoi la pace prepara la guerra” non ci convince, perché le armi, se ci sono, prima o poi spareranno, qui da noi o altrove.

ANTÓNIO COSTA PRESIDENTE CONSIGLIO EUROPEO, VOLODYMYR ZELENSKY PRESIDENTE UCRAINA, URSULA VON DER LEYEN PRESIDENTE COMMISSIONE EUROPEA

E adesso? Adesso continuerà e si inasprirà il dibattito fatto di accuse reciproche tra i fautori del piano riarmo e i contrari. Ma c’è una cosa che vorremmo raccomandare, nella nostra modestia, per quel che vale: non approfittatene per dividervi ancor più. Non abbiamo bisogno di ulteriori frammentazioni. Se qualcosa ci ha insegnato il pacifismo, è il valore del dialogo, l’importanza della diplomazia. Allora mettiamoli in pratica subito, fra di noi, con i fratelli o cugini dei nostri o altrui partiti. Sforziamoci di capire le rispettive ragioni, discutiamo senza odio, ma con l’empatia di chi sa che anche l’avversario può essere mosso da idee (per sé) oneste, cercando i punti in comune.

Ogni volta che la sinistra (chiamiamoli e chiamiamoci “progressisti”, “democratici”, “comunisti”, “antifascisti”…) si divide, la destra ride, il capitalismo avanza un po’ di più, tutti perdiamo qualcosa…

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