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Quando a Palazzo Santa Chiara era sempre Carnevale...

Il ritorno della strada del Mauriziano mette a rischio il Parco: nuovo Piano Regolatore, vecchi progetti?

Quando a Palazzo Santa Chiara era sempre Carnevale...

Il parco Mauriziano e l'ex assessore all'Ambiente Enzo Falbo, ora consigliere comunale di opposizione

Nella bozza del nuovo Piano Regolatore rispunta la strada “del Mauriziano”? E insieme ricompare, o forse è già ricomparso e sta nei cassetti del Comune, un progetto edilizio come quello di allora, o un po’ più piccolo?

Quel progetto era stato approvato in via definitiva dal Consiglio comunale nel 2011, accompagnato dalla relativa “variante” al Piano Regolatore, ma il suo concepimento risaliva a qualche anno prima: almeno al 2009, quando il Comune aveva avviato un procedimento volto a modificare il Piano Regolatore nelle aree 4.11 e 5.25, quelle sulle quali avrebbe dovuto venire realizzato il progetto edilizio.

Il quale progetto nello stesso anno era stato adottato in via preliminare dal Consiglio comunale. Era sindaco Bruno Matola, assessore all’urbanistica Salvatore Marino, e assessore all’ambiente Enzo Falbo, poi candidato a sindaco nel 2012, e ora consigliere comunale. Dunque, nel PRGC in fieri c’è di nuovo la strada “del Mauriziano”?

E l’area è sempre edificabile?

Domande che abbiamo già posto all’amministrazione del sindaco Claudio Castello e all’assessore all’ambiente Fabrizio Debernardi in un articolo precedente.

In quell’articolo avevamo esaminato la sentenza con la quale nel 2021 il Consiglio di Stato (Roma) aveva definitivamente respinto il cosiddetto “Piano Particolareggiato Edilizio” (PPE) “del Mauriziano” redatto dal Comune: 200 appartamenti in torri di 6-7 piani e una strada presumibilmente di grande traffico nel terreno a fianco del Parco.

Bruno Matola, ex sindaco di Chivasso

LA BOCCIATURA DEL 2017

Ma è anche interessante la sentenza del TAR Piemonte che già quattro anni addietro aveva bocciato una prima volta il progetto. Quella sentenza è interessante per una precisa ragione. Essa pone grande attenzione alla questione idrogeologica: le falde poco profonde dell’area, il rischio alluvione di quella porzione di Chivasso che si trova vicina all’Orco e al Po ed è circondata dai tanti corsi d’acqua minori provenienti dall’Orco, la dubbia efficacia delle misure di precauzione previste nel progetto.

Respingendo il progetto, il TAR ricorda che le “criticità idrogeologiche” dell’area avrebbero dovuto suggerire al Comune una “applicazione fortemente rigorosa del principio di precauzione”: rigore che invece il Comune non aveva applicato. Nella zona, continua il TAR, il rischio alluvionale non si pone in termini di astratto pericolo: la zona infatti ha subito le alluvioni del 1994 e del 2000, e anche un episodio più modesto nel 2010.

Il piano campagna delle aree interessate dal progetto è più basso di quello delle aree circostanti [chi passa in via Settimo può vedere che gli orti sono in basso rispetto alla strada], si riempie di acqua in caso di forti piogge e funge da naturale “bacino di laminazione”: una risorsa che con la impermeabilizzazione del terreno andrebbe perduta. Dove finirebbero le acque di pioggia non più assorbite da quel terreno?

BASTA ALZARE IL TERRENO: O NO?

Come rimedio, il Comune e i progettisti avevano proposto di innalzare il terreno. Ma, come prescrive lo stesso piano regolare allora vigente, e come fu rilevato da ARPA, un tale innalzamento è ammesso solo a una condizione: apposite relazioni di un geologo e di un ingegnere idraulico devono dimostrare che l’innalzamento non danneggerà le aree limitrofe. Però il Comune – allora – non fece affatto redigere le due relazioni, e si limitò a introdurre una prescrizione nel progetto.

UNA TOPPA PEGGIORE DEL BUCO

Di fronte a tali difficoltà - non sapendo più dove mandare quelle maledette acque di pioggia che non sarebbero più state assorbite dal terreno impermeabilizzato - il Comune propose un nuovo rimedio: realizzare una vasca di laminazione a sud del lotto… cioè a ridosso delle case fra via Foglizzo e stradale Torino… Nuova obiezione del TAR: la proposta della vasca di laminazione dimostra che i progettisti non sono affatto sicuri che la lottizzazione sarà messa al sicuro da esondazioni. Quella vasca di laminazione basterebbe? Si tenga conto che la falda acquifera è alta, e che nella vasca finirebbero anche le acque di prima pioggia provenienti dai terreni vicini. La vasca riuscirà ad assorbire tutte quelle acque? Insomma, chiede il TAR spazientito: “In quale documento, esaminato dal Comune, vi è la spiegazione e la certezza che questi pericoli sono stati debitamente prefigurati e prevenuti?”. Traduzione: l’ufficio tecnico del Comune dorme?

LE OPERE DI MESSA IN SICUREZZA: CHI LE PULISCE?

Il Comune però si difende e insiste a sostenere che l’area è al sicuro: si deve tenere conto delle opere di messa in sicurezza da noi realizzate nel 2006 [gli scolmatori], e “di quelle che dovranno essere realizzate” … D’accordo, replica il TAR, ma la Regione stessa vi ha fatto notare che quelle opere dovranno essere sottoposte ad accurata manutenzione, altrimenti il sito non sarà sicuro lo stesso. Ma a chi spetterà la manutenzione? Scrive il TAR senza tanti complimenti: “non si comprende in che cosa debbano consistere tali opere di manutenzione, ogni quanto tempo debbano essere effettuate, da chi ed a spese di chi”. E ancora: dovete ancora dimostrare che “le opere di regimazione del Rio Orchetto, del Canale Gronda, Ovest e del canale scolmatore di Pratoregio saranno sempre perfettamente mantenute, e tra l’altro non si comprende quale soggetto si dovrebbe fare carico di questo onere”.

POTEVA MANCARE IL FOSSO TOMBATO?

Infine, un dettaglio che però non lo è. Il progetto prevedeva che un tratto del fosso che attraversa l’area venisse coperto. Intubato o tombato, come usa dire. Peccato che già nell’aprile 2010 ARPA avesse fatto notare al Comune che è vietato “confinare in manufatti tubolari o scatolari” i corsi d’acqua. Lo dice persino una delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore di allora: in pratica il Comune aveva violato una propria norma. Il divieto veniva da lontano, dalla circolare “7 Lap” del 1996. Due anni prima era avvenuta la grande alluvione che buttò giù anche il ponte di Chivasso. La Regione si rese conto che troppi corsi d’acqua erano stati tombati nei centri abitati per far posto a case e strade. In caso di piena, come nel 1994, l’acqua saltava fuori dai tombini e si presentava toc toc alla porta dei residenti.

Ecco perché anche il Comune di Chivasso aveva recepito la leggendaria “7-LAP” e l’aveva introdotta nel proprio piano regolatore. Salvo violarla nel progetto “del Mauriziano”. La violazione era così palese che, in quella circostanza, e solo in quella, il Comune riconobbe l’errore e dette ragione agli ambientalisti. Essi avevano presentato in Comune decine di pagine di “osservazioni” al progetto. Quel plotone di esecuzione che era allora l’ufficio tecnico le respinse tutte: ma quella la accolse…

PRIMA DI FIRMARE L’ASSEGNO…

I tribunali amministrativi solitamente sono attenti a sottolineare i danni che possono venire arrecati ai privati da opere malconcepite. Non fece eccezione il TAR della sentenza di cui stiamo parlando: “una variante di notevole impatto urbanistico, ambientale e paesaggistico è stata approvata senza che vi sia certezza che il progetto possa essere effettivamente realizzato in sicurezza, da tutti i punti di vista”.

Il Comune fatto un pessimo lavoro: “Ciò, ad avviso del Collegio, comporta violazione dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della azione amministrativa”. Le amministrazioni, quella comunale e quella regionale, debbono evitare di danneggiarsi economicamente da sole: devono “prevenire operazioni economiche ad alto rischio, che in caso di fallimento finiscono per riversare sulla collettività, e quindi sulle casse delle amministrazioni pubbliche, costi enormi”. Devono preoccuparsi di “prevenire danni economici ai terzi di buona fede (possibili acquirenti; impresari ed artigiani…), che rischiano di investire i propri risparmi in una operazione infruttuosa”.

Il Comune e la Regione sono “chiamati anche a tenere conto degli interessi di tutti i soggetti che in questa operazione potrebbero rimanere coinvolti e danneggiati a causa di un agire amministrativo irresponsabile o quantomeno incauto e/o della spregiudicatezza di un promotore immobiliare”.
In quegli anni, fra il 2009 e il 2011, l’ufficio tecnico era distratto. Ed erano tanto distratti pure il sindaco Matola e i suoi assessori

In Comune era sempre Carnevale?

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