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27 Febbraio 2025 - 11:55
O.A.S.I. sotto accusa: famiglie divise, operatori trasferiti e un padre messo a tacere
Ancora il Centro O.A.S.I. alla ribalta delle cronache. Ed è una ferita aperta, un dolore che si insinua nel cuore delle famiglie, un tradimento che si consuma nel silenzio di chi dovrebbe proteggere i più fragili.
Quando Marco Secci, padre di uno degli ospiti del centro, nei giorni scorsi, ha sollevato dubbi e richiesto spiegazioni sui continui cambi di personale, non immaginava di trovarsi davanti a un muro di gomma. Non immaginava che le risposte sarebbero arrivate sotto forma di manovre oscure, di documenti firmati sotto pressione, di silenzi istituzionali e paura. Non immaginava che chi ha il compito di tutelare suo figlio avrebbe preferito insabbiare piuttosto che chiarire.
Succede questo. Domenica scorsa, alcune famiglie sono state convocate da Laura Balma e Paola Chiadò Caponet per una riunione. Una riunione a cui Secci non è stato invitato. Una riunione in cui si è chiesto ai genitori di dissociarsi dalla sua battaglia, con la minaccia implicita che proseguire su questa strada avrebbe messo a rischio l’intero centro. Alcuni, terrorizzati dalla prospettiva di perdere un servizio essenziale, hanno firmato una lettera intestata "Co.Ge.Ha." Collettivo genitori dei portatori di handicap.
Altri, dopo aver riflettuto, hanno provato a fare marcia indietro. Ma ormai era tardi.
"Nessuno ci ha detto che questo documento sarebbe stato usato per screditare Secci. Nessuno ci ha spiegato cosa stavamo davvero firmando. Ci hanno messi davanti a una scelta impossibile, e ora non vogliamo che abbia un seguito…" ci dice uno dei genitori.
Chi ha deciso che la soluzione migliore fosse mettere a tacere una voce scomoda, anziché affrontare le critiche? Chi ha scelto di giocare con le paure delle famiglie, invece di offrire risposte? Chi ha deciso che la serenità dei ragazzi potesse essere sacrificata sull’altare di una gestione discutibile, priva di trasparenza e di umanità?
Da parte dell’Assessore delegato Giancarlo Brino nessuna dichiarazione, nessuna spiegazione.
Il Comune si è limitato a dichiarare che il servizio agli ospiti, tutti disabili gravi, è comunque garantito, lavandosene le mani e ignorando le ricadute psicologiche devastanti che certe scelte organizzative stanno provocando.
Non è proprio così.
Sotto accusa i cosiddetti “trasferimenti punitivi” imposti agli operatori, spostati senza preavviso e senza considerazione per il rapporto di fiducia costruito con gli ospiti nel tempo.
"Mio figlio Gabriele è smarrito e nervoso. Non comprende perché i pilastri e i punti di riferimento della sua vita quotidiana spariscono come funghi", ci aveva raccontato Secci, mettendo in luce il disagio vissuto anche da altre famiglie.
L’impressione è che ci sia una gestione autoritaria e priva di empatia, che non tiene conto delle conseguenze emotive di queste scelte. “Ci sono molte testimonianze di persone che hanno ricevuto gli stessi trattamenti, ad opera delle stesse persone, e che si sono licenziate per sfinimento”, aveva aggiunto Secci, denunciando una situazione che sembra reiterarsi nel tempo.
Come lui anche altri genitori si aspettavano un confronto aperto con l’amministrazione, ma il Comune ha preferito restare in disparte, accettando passivamente le decisioni della cooperativa.
A questo punto la battaglia si sposta sul piano politico. “Chissà, se almeno le forze di opposizione si interesseranno alla vicenda, perché, in alternativa, non resta che rivolgersi agli organi competenti per far luce sul presente e sul passato”, s’era lanciato in un appello Secci, preannunciando possibili azioni legali.
La cooperativa Il Margine si è sempre difesa (anche con noi) parlando di scelte organizzative necessarie, un modello gestionale consolidato che garantirebbe la qualità del servizio.
Ma ad alcuni queste parole suonano come un insulto. Secci e altri sanno che per i propri figli la continuità è fondamentale. Ogni operatore allontanato è un trauma, ogni cambiamento imposto senza spiegazioni è una violenza psicologica. Il Comune e la cooperativa si trincerano dietro regolamenti e decisioni aziendali, ma dimenticano il cuore della questione: il benessere degli ospiti e delle loro famiglie.
Intanto, la vicenda sta prendendo una piega sempre più delicata. C’è chi sta raccogliendo materiale per presentare un esposto e chiedere un intervento delle autorità competenti. Troppe domande restano senza risposta. Se davvero la cooperativa ha nulla da nascondere, perché i trasferimenti avvengono sempre con questa modalità? Perché chi chiede spiegazioni viene zittito? Perché il Comune si rifiuta di intervenire? Perché si raccolgono firme con il ricatto?
Non si tratta solo di O.A.S.I., ma di un modello di gestione che sembra voler ridurre tutto a una questione amministrativa, dimenticando che qui si parla di persone, di relazioni, di equilibri delicatissimi che non possono essere spezzati in nome di un presunto modello organizzativo collaudato.
Secci non accetta di essere trattato come spettatore impotente di un sistema che calpesta i loro diritti. Questa battaglia non riguarda solo lui, ma chiunque creda in un welfare che abbia ancora un’anima.
"Mi domando - dice oggi Secci - come certe persone, che riservano ai dipendenti dei trattamenti così crudeli, come possano trattare con amore e con pazienza i nostri figli, che sono affidati a loro ogni giorno. Sono sempre più preoccupato…".
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