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Centro diurno O.A.S.I.: le famiglie denunciano disagi, la cooperativa Il Margine respinge le accuse

Genitori in allarme per il trasferimento di operatori. La cooperativa Il Margine minimizza, ma le famiglie denunciano il caos

Centro diurno O.A.S.I.: le famiglie denunciano disagi, la cooperativa Il Margine respinge le accuse

La gestione del centro diurno O.A.S.I. di Settimo Torinese, per persone con disabilità cognitive e fisiche, nell’occhio del ciclone dopo un post apparso su Facebook che solleva dubbi e preoccupazioni sul futuro della struttura e sulle decisioni del gruppo dirigente della cooperativa Il Margine, che ne cura la gestione.

A dare il via alla polemica è Marco Secci, genitore di uno degli ospiti del centro. Denunciato quella che definisce una situazione critica e preoccupante. Secondo Secci, il personale del centro starebbe subendo spostamenti forzati verso altre sedi, una scelta che starebbe causando disagi agli ospiti e alle loro famiglie. La questione è stata al centro di una riunione convocata tra le famiglie e la dirigenza della cooperativa, ma, secondo il racconto del genitore, l’incontro non avrebbe portato a risposte soddisfacenti.

foto archivio

Foto archivio

"Ero presente anche io a quella riunione, in quanto anche mio figlio frequenta il centro, e ho notato, unitamente a tutti i familiari presenti, molto imbarazzo, falsità e un totale disinteresse verso le ricadute psicologiche sugli ospiti", scrive Secci.

Secondo il genitore, la gestione del personale sarebbe stata condotta senza considerare l’impatto sugli utenti del servizio, molti dei quali avrebbero bisogno di una stabilità nel rapporto con gli operatori. Inoltre, Secci sottolinea come negli ultimi tempi diversi dipendenti abbiano lasciato il servizio, chi per pensionamento, chi per dimissioni.

Ma il cuore della polemica sta nel rapporto tra famiglie e dirigenza della cooperativa. I familiari degli ospiti chiedono di essere coinvolti e informati sulle decisioni che impattano sulla quotidianità dei loro cari.

Nel suo post, Secci accusa la direzione della cooperativa di non aver mostrato trasparenza e di aver dato spiegazioni imbarazzanti e poco credibili durante l’incontro.

"Non ci deve essere spazio per giochi di potere, per mal di pancia e antipatie personali di chi esercita un ruolo di comando sui dipendenti, perché il prezzo lo pagano i nostri figli a cui li affidiamo ogni giorno", conclude il genitore, auspicando un intervento delle istituzioni per fare luce sulla vicenda e garantire la continuità e la qualità del servizio.

Di fronte alla crescente preoccupazione delle famiglie, la cooperativa Il Margine ha diffuso un comunicato ufficiale per chiarire la propria posizione.

La cooperativa, che da oltre trent’anni gestisce servizi di assistenza sul territorio in collaborazione con il Consorzio NET, respinge ogni accusa, definendo il trasferimento del personale una scelta organizzativa necessaria. Assicura che il servizio continuerà ad essere erogato con la stessa qualità di sempre.

"Capiamo e accogliamo sempre le osservazioni e le preoccupazioni delle famiglie, ma ribadiamo che la garanzia della qualità del lavoro che dedichiamo alle persone di cui ci occupiamo non può e non deve essere demandata al singolo individuo, bensì al modello organizzativo che la nostra cooperativa si è data", si legge nella nota ufficiale.

Secondo Il Margine, la movimentazione del personale è una scelta autonoma della cooperativa, che rientra nelle normali dinamiche di gestione del servizio. L’ente sottolinea come un singolo operatore non sia insostituibile e che la qualità del servizio sia garantita da un modello organizzativo collaudato, che prevede la formazione costante del personale e una rete di professionisti in grado di garantire continuità e professionalità.

La cooperativa respinge quindi le accuse di improvvisazione o superficialità e ribadisce il proprio impegno nella gestione dei servizi rivolti a persone con fragilità. Tuttavia, il comunicato non affronta nel dettaglio il motivo dei recenti spostamenti del personale, né fornisce spiegazioni sul turnover degli ultimi mesi.

Nonostante le rassicurazioni della cooperativa, il malcontento tra le famiglie resta alto. Alcuni genitori temono che i cambi di personale possano creare instabilità negli ospiti, molti dei quali necessitano di una relazione costante e consolidata con gli operatori.

"Per noi genitori è fondamentale che chi lavora con i nostri figli li conosca bene, sappia interpretare i loro bisogni e costruisca con loro un rapporto di fiducia. Non possiamo accettare che il personale venga spostato senza un confronto con noi", dichiara una delle madri, presente alla riunione.

Il caso ha ormai superato i confini dei social e potrebbe presto approdare sui tavoli delle Amministrazioni comunali. Alcune famiglie stanno valutando di chiedere un incontro con il Comune e con il Consorzio NET, mentre altri genitori, come lo stesso Secci, sono pronti a presentare esposti per ottenere risposte più dettagliate.

La vicenda del centro diurno O.A.S.I. mette in evidenza una problematica più ampia: la gestione dei servizi per persone fragili e il diritto delle famiglie ad avere trasparenza nelle decisioni che riguardano i loro cari. Resta da vedere se nelle prossime settimane la cooperativa accetterà di aprire un dialogo più ampio con le famiglie o se il braccio di ferro continuerà.

Il diritto alla continuità: quando il welfare si dimentica delle persone

C’è qualcosa di profondamente ingiusto nel modo in cui la vicenda del centro diurno O.A.S.I. di Settimo Torinese viene raccontata da chi ha il potere di decidere. Per la cooperativa Il Margine, si tratta di scelte organizzative, di normali dinamiche gestionali, di un modello collaudato che garantisce qualità e professionalità. Tutto molto razionale, molto formale. Il problema è che, dietro queste formule neutre, ci sono persone vere. E quando il welfare perde di vista le persone, diventa un sistema senz’anima.

Questi genitori hanno ragione a protestare. Hanno ragione a essere arrabbiati, esasperati, impauriti. Perché il benessere dei loro figli non è un dettaglio burocratico, non può essere trattato come una questione logistica, come un tassello da spostare a piacimento su una scacchiera gestionale. Stiamo parlando di persone con disabilità cognitive e fisiche, ragazzi e adulti che nella routine trovano un equilibrio faticosamente costruito. E quella routine è fatta anche – e soprattutto – dagli operatori, da chi ogni giorno lavora con loro, li conosce, ne interpreta i bisogni, ne riconosce le paure e le difficoltà.

Quando un operatore viene spostato, chi lavora dietro una scrivania lo considera una normale rotazione del personale. Ma per chi frequenta il centro, è un terremoto. E per le famiglie, è una minaccia al fragile equilibrio che ogni giorno devono difendere. Il fatto che la cooperativa consideri la questione come un semplice cambio di organicoè la dimostrazione di quanto sia lontana dalla realtà vissuta da queste persone. Non è il centro a dover funzionare bene sulla carta. Sono le vite delle persone che lo frequentano a dover restare stabili, sicure, serene.

Il problema è più grande di questo caso specifico. La vicenda di O.A.S.I. mette in luce una mentalità gestionale che si sta diffondendo sempre di più nei servizi sociali: la logica aziendale applicata all’assistenza, l’idea che ciò che conta siano le dinamiche interne, i modelli organizzativi, i protocolli, mentre l’aspetto umano diventa un dettaglio trascurabile. Si fa fatica a riconoscere che la relazione tra operatori e ospiti non è intercambiabile, che certe persone non si sostituiscono con un altro “profilo equivalente” come se fossero pezzi di un macchinario.

Il nodo centrale è il rapporto di fiducia. La disabilità ha bisogno di certezze. Chi lavora nel settore sa che, per chi ha difficoltà cognitive, la stabilità è una necessità vitale. Gli ospiti del centro O.A.S.I. costruiscono legami con gli operatori nel tempo, con pazienza, con piccoli gesti ripetuti ogni giorno. Togliere loro quei punti di riferimento è un atto di superficialità imperdonabile.

E poi ci sono le famiglie. Sono loro che ogni giorno combattono contro ostacoli burocratici, ritardi, mancanza di fondi, servizi che arrancano. Sono loro che devono spiegare ai figli perché la persona che fino a ieri li accoglieva con un sorriso oggi non c’è più. Nessuno si è preoccupato di chiedere loro un parere, di avvisarle, di coinvolgerle in una decisione che ha un impatto così forte sulla vita dei loro cari. E allora viene da chiedersi: di chi è questo servizio? Della cooperativa o delle persone che ne hanno bisogno?

La cooperativa Il Margine si difende parlando di professionalità, di qualità garantita. Ma qualità significa anche ascoltare chi vive il servizio ogni giorno, chi ne conosce le criticità e i punti di forza. E se i genitori di O.A.S.I. sono in allarme, se denunciano una gestione che li mette in difficoltà, se vedono nei cambi di personale un rischio per la serenità dei loro figli, allora hanno diritto a essere ascoltati. E non con un comunicato stampa burocratico, ma con risposte concrete, con una disponibilità reale al confronto.

Questa storia è l’ennesima dimostrazione di un sistema che mette in secondo piano le persone, che tratta i servizi assistenziali come aziende, che guarda i numeri e ignora le emozioni, che applica modelli astratti senza considerare l’impatto sulla realtà. Eppure basterebbe poco: più umanità, più sensibilità, più capacità di mettersi nei panni di chi questi servizi li vive, non solo li gestisce.

Le famiglie di O.A.S.I. non stanno chiedendo la luna. Vogliono solo che venga riconosciuto un principio basilare: quando si parla di assistenza a persone fragili, la stabilità è un valore fondamentale. Un diritto, non una concessione. E se chi gestisce il servizio non lo capisce, allora forse ha dimenticato perché esiste.

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