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Punto Rosso
23 Febbraio 2025 - 22:21
Bettazzi durante la grande manifestazione per la pace organizzata da Michele Santoro
Non appena si propone di chiedere ad una amministrazione comunale di farsi parte attiva sui grandi temi, c’è subito qualcuno che afferma con veemenza “Cosa c’entra il Comune, loro devono occuparsi della città, delle buche nelle strade …”. Ma è proprio così?
I Comuni, le Municipalità, sono il pezzo di Stato più vicino alla cittadinanza. Quali enti se non i Comuni possono dunque raccogliere i sentimenti, le richieste universali della popolazione e scalarli verso l’alto perché arrivino laddove si decidono le sorti nazionali e la politica estera che impattano su tutti noi.
“Le città devono trasformarsi in laboratori di cultura di pace. Esse devono sorpassare la corazza delle sovranità statali, che ancora sono segnate dall’arcaico antagonismo tra città e stato, per restaurare la solidarietà in una dimensione planetaria. Le città sono chiamate a questa grande, pacifica rivoluzione”, una frase di Ernesto Balducci fatta propria dall'Assemblea nazionale Enti Locali per la Pace del 1994 ad Assisi.
Essere laboratorio di cultura di pace … Solo questo in fondo chiedono all’amministrazione comunale donne e uomini che da tre anni si ritrovano davanti al municipio riuniti nel Presidio per la Pace. Invece la loro ultima istanza è rimbalzata fra strumentalizzazioni a destra ed esercizio di equilibrio a sinistra.
Strumentale è stato l’ordine del giorno della minoranza che chiedeva al consiglio comunale di esprimere la propria adesione “alla decisione del Parlamento di approvare la proroga dell’invio di armi all’Ucraina e il proprio convincimento nell’adesione dell’Italia alla Nato”, adesione condannata dai pacifisti che fin da subito chiedevano di percorrere le vie diplomatiche per scongiurare centinaia di migliaia di morti. Strumentale perché ben si sa che vi sono posizioni diverse nella maggioranza. Ma diverse posizioni su questo tema ce le aspettavamo anche dai banchi a destra.
Ha stupito infatti la firma in calce a quell’Odg dei consiglieri della “Lista civica Sertoli sindaco”, perché ricordiamo tutti che Sertoli non di rado è intervenuto al Presidio per la Pace come cittadino e anche come Sindaco con tanto di fascia tricolore e ricordiamo le sue parole quando Ivrea ottenne la certificazione “Mayors for Peace”:
“È più che mai necessario mettere in atto tutte le azioni possibili per portare l’umanità e tutte le Nazioni a ripudiare, nei fatti e definitivamente, la guerra. Parlare di pace significa viverla ogni giorno, tradurla in pensieri, in gesti semplici che possono cambiare il nostro modo di guardare gli altri e il mondo in cui viviamo. La pace non è delegabile, riguarda ciascuno di noi, al di là delle origini etniche, delle scelte religiose e di vita.”
Invece tutti compatti han votato a favore di quell’Odg.
Compatta si è espressa anche la maggioranza optando per l’astensione. Eppure, di certo fra loro più d’uno è contrario al continuo invio di armi nei teatri di guerra.
Servono alla città blocchi monolitici su questioni anche etiche? Francamente no, giova molto di più allo sviluppo di una comunità la libertà di pensiero. Un voto contro le armi non avrebbe rovinato le coalizioni né a destra né a sinistra. Avrebbe invece portato nel palazzo municipale un pezzo di quella piazza che chiede che cessi il fuoco e vorrebbe vicine a sé le istituzioni a partire da quelle più prossime.
Niente, pur avendo Ivrea una buona spinta dal basso e pur con la sua storia di coraggiosi interventi attivi per la Pace, uno su tutti la partecipazione al gruppo di interposizione pacifica in Jugoslavia con il vescovo di Ivrea Luigi Bettazziin testa, non riesce – per ora – a collocarsi fattivamente fra le Città per la Pace.
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