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Liste d’attesa, la Regione gioca a nascondino con i numeri: solito bluff sui tempi di attesa

Cirio e Riboldi annunciano 50.000 prestazioni in più entro giugno grazie a visite serali e nei weekend, ma il sistema sanitario piemontese resta in affanno. Nessuna nuova assunzione, solo turni extra per il personale già stremato

L'assessore regionale Riboldi e il Governatore Cirio

L'assessore regionale Riboldi e il Governatore Cirio

A sentire il Governatore Alberto Cirio e l'assessore regionale alla sanità Federico Riboldi, il problema delle liste d’attesa in Piemonte è praticamente risolto. Grazie a un brillante piano di “prestazioni aggiuntive” in orario serale e nei fine settimana, la Regione promette di abbattere i tempi di attesa e di recuperare almeno 50.000 visite ed esami in più entro giugno. Una cifra importante, che però nasconde diverse incognite. Nonostante i toni trionfalistici della giunta regionale, la realtà che ogni giorno vivono i pazienti piemontesi è ben diversa: telefonate ai CUP che si trasformano in maratone, appuntamenti che si ottengono a mesi di distanza e un sistema sanitario che continua a essere in affanno.

L’annuncio è stato fatto in pompa magna durante una conferenza stampa nella sede dell’Azienda ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino. Il presidente della Regione e l’assessore alla Sanità hanno dichiarato che “la riduzione delle liste d’attesa è la priorità per la Regione ed è il principale obiettivo che abbiamo indicato ai Direttori generali al momento del loro insediamento”. Una frase che suona rassicurante, ma che sembra dimenticare un dettaglio fondamentale: le liste d’attesa si allungano da anni e, nonostante le numerose promesse fatte nel tempo, i cittadini continuano ad affrontare attese estenuanti per visite ed esami anche urgenti.

Dai numeri forniti, emerge che nel 2024 in Piemonte sono state erogate 2.268.104 prestazioni, un incremento del 6% rispetto al 2023, ovvero 132.104 prestazioni in più. Un dato che viene presentato come un successo, ma che, in realtà, dimostra che siamo ancora lontani dal recupero totale. Infatti, la Regione stessa ammette che rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia, mancano all’appello 229.492 prestazioni. Un dato che suggerisce che, nonostante i tentativi di accelerazione, la sanità piemontese sta ancora cercando di rincorrere i livelli di cinque anni fa. Se la matematica non è un’opinione, significa che oggi i cittadini piemontesi ricevono meno visite e meno esami di quanti ne ricevevano prima del Covid.

Eppure, Cirio e Riboldi si dicono “orgogliosi” dell’iniziativa, sostenendo che il ministro della Salute Orazio Schillaci avrebbe lodato lo sforzo del Piemonte, considerandolo un esempio positivo a livello nazionale. Un endorsement che fa sicuramente comodo, ma che poco cambia nella vita di chi ha bisogno di una risonanza magnetica, di una TAC o di una visita specialistica e si sente rispondere che il primo posto libero è tra sei mesi.

La grande novità su cui punta la Regione è l’estensione delle prestazioni sanitarie anche in orari serali e nei fine settimana, con l’obiettivo di sfruttare al massimo gli ambulatori e venire incontro a chi lavora durante il giorno. Un’idea che sulla carta sembra efficace, ma che nella pratica solleva molte domande. Innanzitutto, la questione del personale. Chi lavorerà di sera e nei weekend? Quali incentivi sono stati previsti per i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario che dovrebbe garantire questo servizio aggiuntivo?

Nel comunicato si legge che “un particolare ringraziamento va rivolto ai professionisti della sanità, medici, infermieri, oss, personale tecnico, che hanno dato la loro disponibilità per estendere anche negli orari serali e del fine settimana le visite e gli esami”. Ma non si parla di nuove assunzioni, né di un piano per potenziare in modo stabile la forza lavoro. Si chiede semplicemente al personale già presente, già oberato e sotto pressione, di fare degli straordinari. Una strategia che può funzionare per qualche mese, ma che rischia di crollare non appena medici e infermieri, già in sofferenza per carichi di lavoro sempre più pesanti, decideranno di non aderire più a questa soluzione tampone.

Se il problema delle liste d’attesa fosse risolvibile con qualche turno serale in più, probabilmente sarebbe stato già affrontato anni fa. Invece, la realtà è che il nodo centrale rimane la carenza strutturale di personale. Il vero punto critico non è tanto quando vengono effettuate le visite, ma quante se ne possono fare con il personale attuale. Il rischio concreto è che, nei prossimi mesi, ci si ritrovi di nuovo punto e a capo: il sistema sanitario regionale è già al limite e non può reggere in eterno con una soluzione basata solo sugli straordinari.

Il comunicato sottolinea anche l’aumento delle risorse destinate alla riduzione delle liste d’attesa, con il budget che passa da 25 a 37 milioni di euro nel bilancio di previsione 2025. Un incremento significativo, ma che si tradurrà davvero in un beneficio per i pazienti? Oppure si limiterà a finanziare il piano delle prestazioni aggiuntive senza risolvere il problema alla radice? Nel frattempo, la Regione annuncia con enfasi la creazione di una Control Room e l’introduzione del Responsabile unico dell’assistenza sanitaria (RUAS), una figura che avrà il compito di monitorare e controllare il rispetto degli obiettivi previsti. Ma se il problema di fondo rimane la mancanza di risorse umane, sarà davvero un nuovo organismo burocratico a fare la differenza?

Dai dati diffusi emerge che, nel 2024, i ricoveri sono stati 201.522, in leggero aumento rispetto al 2019, quando erano stati 201.167. Un segnale che il sistema sanitario ha ripreso a funzionare a pieno regime per quanto riguarda l’ospedalizzazione, ma che non si traduce automaticamente in un miglioramento della qualità del servizio per i cittadini.

Il problema delle liste d’attesa, infatti, non è solo numerico, ma anche organizzativo. Non si tratta solo di “smaltire arretrati”, ma di garantire un servizio efficiente e accessibile. I continui tagli alla sanità pubblica degli ultimi decenni hanno lasciato un sistema sempre più fragile, e ora si cerca di rimediare con soluzioni temporanee che rischiano di essere solo un palliativo.

Non c’è più la scadenza elettorale all’orizzonte e la giunta Cirio ha appena ottenuto la conferma del proprio mandato. Questo significa che ora non ci sono più alibi: se il piano funziona, lo si vedrà dai risultati concreti, non dagli annunci in conferenza stampa. Finora, gli effetti sulla pelle dei cittadini piemontesi non sembrano quelli di una sanità che sta migliorando a passi da gigante. Il rischio è che, una volta passata l’onda mediatica, la situazione torni esattamente al punto di partenza. E mentre la politica si fa i complimenti da sola, chi ha bisogno di una visita urgente continuerà a fare ciò che ha sempre fatto: aspettare.

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