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Nucleare di ritorno
07 Febbraio 2025 - 14:25
L'ex reattore "Avogadro", utilizzato come deposito di materiale radioattivo, nell'area industriale di Saluggia
Le caselle mail dei giornalisti (e, di conseguenza, gli articoli dei giornalisti che “lavorano” facendo copia-e-incolla dai comunicati) sono intasate in questi giorni dalla propaganda del Governo e della lobby nucleare che esalta un disegno di legge del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin; disegno di legge più volte annunciato nel corso del 2024, che circola in bozza da gennaio e che, dopo il passaggio in Consiglio dei ministri e in Parlamento, delegherà al Governo la materia del “nucleare sostenibile”. Definizione che da un lato certifica come il nucleare praticato finora in Italia sia stato “insostenibile” (nella relazione al ddl viene evidenziata in grassetto la «completa rottura con le esperienze nucleari precedenti»: anche loro ne ammettono il fallimento, alla buon'ora), e dall'altro prefigura scenari ipotetici («si confida, a breve, nei reattori di quarta generazione»: che non esistono, se non allo stadio di prototipi, e che sono comunque reattori a fissione come quelli del XX secolo) che non risolvono l'attuale problema dell'approvvigionamento di energia elettrica nel nostro Paese. Avremo modo, passata l'ondata propagandistica, di tornarci su.
Il deposito ancora non c'è
Ma mentre tenta il rilancio del nucleare del ventunesimo secolo, il Governo continua a cincischiare sui problemi lasciati irrisolti da quello del ventesimo, rinviandone la soluzione alle calende greche (e ad altro Governo). A quindici anni dal decreto legislativo 31 del 2010 che prevedeva la realizzazione di un Deposito Nazionale per i circa 98 mila metri cubi di rifiuti radioattivi italiani (di cui 14 mila a media e alta attività), il deposito ancora non c’è e nemmeno si sa dove verrà costruito; Pichetto Fratin rilascia dichiarazioni contraddittorie, mentre Sogin – la società di Stato che dovrebbe realizzarlo – si è arenata sulla CNAI (la Carta delle Aree Idonee): la Valutazione Ambientale Strategica sui 51 siti individuati è stata avviata solo nel novembre scorso e non si concluderà prima del 2026: l’ad Gian Luca Artizzu ha dichiarato che «ci vorrà circa un anno e mezzo». Il 4 febbraio scorso, in audizione parlamentare, Sogin ha precisato che «il percorso di VAS attualmente in atto sarà seguito dalla emissione del decreto CNAI al quale seguiranno le manifestazioni di interesse dei comuni individuati. Occorreranno almeno 15 mesi per la caratterizzazione del sito e un altro mese per il decreto che individuerà il sito. Ulteriori sei mesi per il progetto definitivo e lo studio di impatto ambientale, oltre a 15 mesi per il decreto di autorizzazione unica. In totale, se tutto dovesse andare liscio, sarebbero 55 mesi». Campa cavallo.
Intanto da ogni parte d'Italia arrivano, a Sogin e al Ministero, opposizioni da parte di Regioni, Province, Comuni, comitati locali che dimostrano l'inidoneità del loro sito: nessuno vuole il Deposito sul proprio territorio, altro che “manifestazioni di interesse”...
(I rifiuti radioattivi) a volte ritornano
Frattanto, mentre i tempi si allungano e i costi aumentano (la famosa “eredità nucleare” è questo: spese enormi, a carico della collettività, ed enormi problemi ambientali e di sicurezza), si pone con urgenza il problema del rientro del materiale radioattivo italiano inviato in altri Paesi europei. Gran parte degli elementi di combustibile irraggiato utilizzato nei reattori nucleari italiani è stato infatti inviato all'estero (all'impianto inglese di Sellafield e a quello francese di La Hague, ma prima anche alla belga Eurochemic) per il “ritrattamento” o “riprocessamento”, operazione che separa la parte eventualmente riutilizzabile (anche per usi militari) dai veri e propri rifiuti radioattivi; questi ultimi, secondo i contratti stipulati, devono rientrare in Italia già da quest'anno, 2025. Rifiuti che costituiscono il 99% (2 miliardi di miliardi di Becquerel) della radioattività prodotta dalle centrali nucleari italiane.
Per fare chiarezza sui costi complessivi del ritrattamento - compresi i trasporti e lo stoccaggio temporaneo - le associazioni ambientaliste hanno inviato alla Regione Piemonte una serie di quesiti a cui chiedono che venga data risposta in occasione del “Tavolo di trasparenza” convocato per il prossimo 26 febbraio.
Sogin: «Li mettiamo nell'Avogadro di Saluggia»
Non essendo ancora disponibile il Deposito Nazionale, i rifiuti radioattivi di ritorno dove verranno stoccati? Nel documento “Relazione sulla gestione del Gruppo Sogin 2023” pubblicato nel 2024 Sogin scrive, testualmente: verranno «stoccati temporaneamente presso il sito del Deposito Avogadro appositamente ristrutturato».
Ora: con tutti i siti nucleari che Sogin gestisce in Italia, va a sceglierne uno che non è suo: il Deposito Avogadro, infatti, è di proprietà della società Deposito Avogadro spa, che ha sede a Torino, che fa parte del gruppo Stellantis (ex Fiat) e alla quale ogni anno Sogin paga un cospicuo “affitto” affinché tenga all'interno dell'ex reattore il materiale radioattivo conferito. E' un impianto costruito negli anni Cinquanta, diventato deposito “temporaneo” negli anni Settanta; si trova a 700 metri dal corso della Dora Baltea e a 1400 metri a monte dei pozzi dell'Acquedotto del Monferrato, il più esteso del Piemonte, che fornisce acqua potabile a più di cento Comuni. Il Piano Regolatore del Comune di Saluggia prevede «la completa denuclearizzazione del sito Avogadro, la bonifica e la riqualificazione delle aree e l'eventuale riconversione a uso industriale degli immobili o la loro demolizione», mentre Isin (l'autorità di controllo sul nucleare) nel suo inventario scrive, a proposito di Avogadro, che «resta ferma la necessità di procedere al programmato allontanamento del combustibile considerata la vetustà della struttura stessa».
Ora, dopo oltre mezzo secolo, Sogin intende stoccarvi (dopo una “apposita ristrutturazione” a spese di chi? e pagando quanto a Stellantis per ogni anno di “temporaneità”?) i rifiuti radioattivi rientranti dall'estero: 17 cask alti più di 6 metri con un diametro di 2 metri e mezzo, ciascuno con una radioattività di oltre 100 milioni di miliardi di Becquerel; 4 provenienti da Sellafield e 13 da La Hague.
La reazione di associazioni e forze politiche
L'annuncio dello stoccaggio temporaneo dei rifiuti di ritorno presso il Deposito Avogadro di Saluggia ha provocato l'immediata reazione delle associazioni Legambiente e Pro Natura, che il 7 dicembre scorso hanno chiesto nuovamente alla Regione Piemonte - l'avevano già fatto, invano, a settembre - la convocazione urgente del “Tavolo di trasparenza” (che si terrà, come si è detto, il 26 febbraio).
Inoltre il 16 dicembre, alla Camera dei Deputati, i parlamentari Angelo Bonelli, Filiberto Zaratti e Marco Grimaldi (Alleanza Verdi Sinistra) hanno presentato un'interrogazione al ministro dell'Ambiente per chiedergli se «risulti a conoscenza» della relazione di Sogin e «quali iniziative di competenza intenda adottare per escludere qualsiasi ipotesi di collocamento anche temporaneo di rifiuti radioattivi derivanti dall'attività di riprocessamento all'estero del combustibile nucleare irraggiato proveniente dalle centrali nucleari italiane dismesse, presso il sito del deposito Avogadro di Saluggia, del tutto inidoneo a tale scopo».
Sogin “ritratta”: parziale marcia indietro
Nei giorni successivi Sogin ha diffuso la seguente dichiarazione: «sono al vaglio diverse ipotesi, per ognuna delle quali sono presi in considerazione tutti gli aspetti tecnici e operativi, al fine di garantire uno stoccaggio sicuro di questi residui in attesa del loro successivo trasferimento al Deposito nazionale, una volta disponibile». "Residui" che, lo si ribadisce, costituiscono il 99% (2 miliardi di miliardi di Becquerel) della radioattività prodotta dalle centrali nucleari italiane.
Ma se per i rifiuti rientranti dall'estero «sono al vaglio diverse ipotesi», perché Sogin in un documento ufficiale scrive che verranno «stoccati temporaneamente presso il sito del Deposito Avogadro appositamente ristrutturato»? Chi è in Sogin che valida e pubblica i documenti senza una preventiva valutazione della loro veridicità e attendibilità? Come ci si può fidare di una società che, in un settore delicato qual è quello del nucleare, annuncia cosa intende fare e poi lo smentisce?
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