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Transizione energetica

Pichetto Fratin vuole rilanciare il nucleare ma non sa dove mettere le scorie

Il ministro prospetta la costruzione di nuove centrali ma non ha ancora risolto il problema dei rifiuti radioattivi esistenti e continua ad inventare soluzioni non praticabili

Pichetto Fratin vuole rilanciare il nucleare ma non sa dove mettere le scorie

Il ministro dell'ambiente Gilberto Pichetto Fratin

ROMA. In carica da due anni, il ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin continua – esattamente come i suoi predecessori nell'ultimo cinquantennio – a dimostrarsi incapace di trovare una soluzione per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, che permangono “temporaneamente” in siti inidonei (quali, ad esempio, quelli di Saluggia e Trino) oppure rimangono all'estero – con costi elevatissimi – in attesa dell'individuazione del sito in cui realizzare il deposito nazionale.
Pichetto Fratin, però, rispetto ai predecessori ci aggiunge del suo: oltre a non risolvere il problema si sta adoperando per aggravarlo. Da quando è titolare del ministero, in accordo con la lobby nucleare – che in Italia ogni tanto riemerge come un fiume carsico cercando sempre nuovi referenti politici – sta mettendo mano alla normativa e ha reinserito nel Piano Energetico Nazionale (ora PNIEC, Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, già inviato all'Unione Europea) la produzione di energia mediante reattori nucleari, sebbene gli italiani si siano espressi già due volte, in senso contrario, con i referendum del 1987 e del 2011. Reattori nucleari che produrranno altri rifiuti radioattivi oltre a quelli già esistenti ereditati da centrali e impianti del secolo scorso e che, in minima parte, vengono prodotti anche ora (per usi medici e industriali). Inoltre Pichetto Fratin ha istituito presso il suo Ministero una “Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile”, i cui risultati – attesi per fine ottobre – saranno la base per «le linee guida e la roadmap temporale per l'abilitazione della fonte nucleare in Italia».

Calende greche. Compito primario del ministro sarebbe quello di attuare la normativa per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi: l'Italia non ha – non ha mai avuto – un deposito nazionale, e per questo la Commissione Europea ha avviato nei confronti del nostro Paese una procedura di infrazione, con relative sanzioni (ogni anno paghiamo alla UE una salata “multa”). La norma italiana c'è, risale a quattordici anni fa (è il Decreto Legislativo 31/2010 emanato da un Governo Berlusconi di cui faceva parte Forza Italia, partito di Pichetto Fratin) e prevede la costruzione di un unico deposito nazionale, ma da allora il sito per la sua realizzazione non è ancora stato definito e i Governi (questo e i precedenti) arrancano. Dopo la tardiva pubblicazione della CNAPI (Carta delle aree potenzialmente idonee, attesa per anni, estratta dai cassetti – dopo una diffida degli ambientalisti – soltanto nel gennaio 2021) e della proposta di CNAI (Carta delle aree idonee, dicembre 2023) si è arrivati all'individuazione di 51 siti “idonei”, distribuiti tra Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna, attualmente sottoposti a VAS (Valutazione Ambientale Strategica); valutazione affidata a Sogin e al Ministero retto da Pichetto Fratin, che però procede con lentezza esasperante: i risultati si avranno, ben che vada, nel 2026. Nel corso di una recente audizione parlamentare Pichetto Fratin ha dichiarato che «in base alle stime attuali, ipotizzando che tutte le fasi procedurali vadano a buon fine, si potrà ottenere l'autorizzazione unica per il deposito nazionale nel 2029, con la messa in esercizio prevista entro il 2039». Rinvio alle calende greche, as usual.

Se ne inventa sempre una nuova. Anziché mandare avanti con serietà e determinazione la procedura di individuazione del sito per il deposito secondo la procedura prevista, il ministro Pichetto Fratin continua ad escogitare escamotages e “furbate” per derogarvi. Nell'inverno scorso s'era inventato la possibilità di “autocandidare” anche siti già dichiarati inidonei: una norma assurda pensata e approvata appositamente per consentire l'autocandidatura di Trino, voluta dal sindaco Daniele Pane (Fratelli d'Italia) che l'ha poi dovuta ritirare a furor di popolo.
A fine settembre, poi, nuova genialata: a margine di un convegno nella sede di Confindustria, Pichetto Fratin lancia l'idea di realizzare per i rifiuti radioattivi sul territorio nazionale non un unico deposito (come la norma, che lui dovrebbe attuare, prevede), bensì tre: «uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud». In due anni non è riuscito ad individuare un sito, figuriamoci tre.
Il 9 ottobre, poi, il ministro viene chiamato in audizione alla Camera, e quando arriva al punto dei depositi per il materiale radioattivo se ne esce con questa affermazione: «l'idea che si sta valutando è quella di ammodernare le strutture esistenti, eventualmente ampliandole, sfruttando la possibilità di farlo in località potenzialmente già idonee alla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, anche nell'ottica del rientro dall'estero dei rifiuti ad alta attività che lì si trovano per riprocessamento da diversi anni». Qui siamo al delirio: le “strutture esistenti” (i depositi “temporanei” attuali) di cui parla Pichetto Fratin sono tutte ubicate in siti già tecnicamente valutati come “non idonei”, tanto che nessuno di essi è stato inserito nella CNAPI e tantomeno nella CNAI. Sogin, la società di Stato che li gestisce (e che dovrebbe smantellare gli impianti: è nata per questo), da almeno vent'anni spende ingenti risorse per “ammodernare ed ampliare le strutture esistenti”, anche a Saluggia e a Trino: ma in questo modo non fa altro che consolidare la presenza di materiale radioattivo in siti inidonei (altro che decommissioning verso il green field). Ora arriva l'acuto ministro Pichetto Fratin e propone di immagazzinare lì – in riva ai fiumi, dove non dovrebbero stare nemmeno le scorie del XX secolo – anche i rifiuti radioattivi di prossima produzione.

A cosa andiamo incontro. Insomma: Pichetto Fratin rimanda ai prossimi Governi – quelli in carica dal 2028 in poi, quando lui sarà in pensione – la “patata bollente” dell'individuazione del sito per il deposito nazionale (che nessuno vuole sul proprio territorio: in tutte le 51 aree inserite nella CNAI le amministrazioni comunali e i comitati locali stanno alzando le barricate), ma intanto con il PNIEC, la “Piattaforma” ed altre norme di imminente approvazione getta le basi per la produzione di nuovi rifiuti radioattivi e promette agevolazioni e “incentivi” (leggi: soldi pubblici, che per sanità e scuola non ci sono ma per il nucleare sì) a chi si impegnerà nella costruzione di nuovi reattori sul territorio nazionale. E' la conferma di quel che molti già avevano intuito: con la destra al governo la potente e pervasiva lobby nucleare può finalmente rialzare la testa. Resta irrisolto il problema della pesante eredità nucleare del passato ma intanto, anche grazie a ministri come Pichetto Fratin, se ne prepara una ancora peggiore per il futuro. Altro che "nucleare sostenibile".

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