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Call center, sciopero nazionale il 3 febbraio: a Torino presidio in piazza Castello

Protesta dei lavoratori dei call center in Piemonte: 600 dipendenti in piazza contro la disdetta del contratto di lavoro

Call center, sciopero nazionale il 3 febbraio: a Torino presidio in piazza Castello

Call center, sciopero nazionale il 3 febbraio: a Torino presidio in piazza Castello

Le sigle sindacali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno proclamato uno sciopero per lunedì 3 febbraio 2025 in risposta alla decisione di alcune aziende del settore di revocare il contratto nazionale delle Telecomunicazioni per adottarne uno nuovo, sottoscritto da organizzazioni sindacali che, secondo i promotori della protesta, non rappresentano adeguatamente i lavoratori.

Oltre alla mobilitazione nazionale prevista a Roma, davanti al Ministero del Lavoro, in Piemonte si terrà un presidio regionale dalle 10 alle 13 in piazza Castello a Torino, proprio di fronte alla Prefettura.

Secondo i sindacati, la decisione di cambiare contratto avrà gravi ripercussioni su circa 6.000 lavoratori a livello nazionale e 600 solo in Piemonte, con conseguenze dirette su retribuzioni e condizioni di lavoro. "Questo nuovo contratto impone salari al ribasso, con una paga oraria di soli 6,50 euro, e porta a una crescente precarizzazione della categoria", denunciano Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, sottolineando come il settore sia composto da professionisti che da anni gestiscono con competenza il servizio ai clienti.

Call center

I sindacati contestano inoltre i contenuti del nuovo contratto collettivo nazionale, definendolo "uno strumento che penalizza i lavoratori sotto ogni aspetto": riduzione dei permessi, maggiore flessibilità senza garanzie, e un aumento salariale di appena 60 euro nel triennio 2025-2027, a fronte di un'inflazione che nell'ultimo quinquennio ha superato il 15%. "Il primo incremento sarebbe di soli 7 euro, un'elemosina rispetto alla perdita di potere d'acquisto degli ultimi anni", aggiungono.

La protesta vuole anche ricordare le conquiste sindacali ottenute nel settore, come la clausola sociale, le tabelle ministeriali sul costo del lavoro e il fondo bilaterale di settore, che ora rischiano di essere annullate da questa decisione aziendale. "Dopo anni di lotte per stabilizzare il comparto, ci troviamo di fronte a un ritorno al passato di vent’anni: non si può risolvere la crisi del settore tagliando salari e diritti", concludono i sindacati.

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