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Il Canavesano
26 Gennaio 2025 - 21:52
Giorgia Meloni
Da quando ho memoria ci sono sempre stati “gravi momenti” e ogni volta la politica romanocentrica ne è uscita più forte, capace di ergersi tra l’eterno e il nulla che rappresenta. Ha sempre saputo creare uno scudo invalicabile, un vero e proprio “fronte della conservazione”.
E’ ricorsa ai cambi di “stile”, di “nomi” e di “facce”, anche al riutilizzo di “abiti antichi”, ma ogni volta tutelando gli assetti di potere ai quali è sempre stata legata a doppio filo.
“I “gravi momenti” ci saranno sempre e tutti, vecchi e giovani, potranno raccontarne”, questo è stato il messaggio implicito lanciato agli italiani sin dagli albori della Repubblica. Messaggio che rivela l’eterno ritorno, che rispolvera la concezione del tempo offerta da Nietzsche, evidentemente apprezzato dal popolo elettore, palesemente a digiuno dell’antico “divenire”, che in origine, invece, sottolineava la realtà del cambiamento e la transitorietà dell’esistenza.
Non è un caso, infatti, se negli ultimi anni la politica nostrana è tornata a sfoggiare vecchi slogan e vecchi “abiti”, sempre pronti alla bisogna e ben conservati al riparo dalla polvere.
Ci è toccato sentire un po’ di tutto, ma soprattutto grosse bugie. In ogni caso, le più alte cariche dello Stato e la loro variopinta claque di nani e ballerine, campioni nel “baciamano” e nel “lecchinaggio” a oltranza, si sono distinti nel raccontarci, avvisarci e ammonirci a proposito del “grave momento” che stiamo vivendo. L’hanno fatto talmente bene e con quotidiana costanza, che la gente, preoccupata, è andata ripetendolo al bar, al ristorante, sul posto di lavoro e negli spogliatoi, prima e dopo il “classico”, non quello tra Real Madrid e Barcellona, ma quello, molto più tradizionale, fra “scapoli e ammogliati”. Non esiste conversazione senza il “grave momento” e non esiste conversazione senza l’ancora più classico “dove andremo a finire” o l’immancabile “ci vorrebbero facce nuove”.
"Ma come, la Meloni è stata messa lì solo l’altro ieri e già “ci vorrebbero facce nuove”?
Pare quasi che il tempo si sia fermato, o tuttalpiù, esaurito un grande e tortuoso giro, sia tornato al punto di partenza.
“Allora, forse, non va così male, temevo che qualcosa fosse cambiato e invece no!E’ sempre stato così. I “momenti gravi”, impegnativi, anche drammatici, ci sono sempre stati, hanno caratterizzato la mia infanzia, la mia adolescenza e la mia maturità, quindi, credo mi si prospetti una vecchiaia coerente e, “pandemia” che va e “pandemia” che viene; guerra che ci coinvolgerà o forse no; debito pubblico oltre i 3.000 miliardi e politica nemmeno più degna del più scalcinato dei cabaret, credo che alla fine, questo ennesimo “grave momento” sia e sarà per tutti”.
La vita fatta di situazioni eccezionali, dovute a “momenti gravi” e difficili, è da sempre nel lessico dei nostri politici e della loro “corte” di narratori, ma, ahimè, non è mai nei fatti. Mi spiego meglio: “tanto più la realtà è grave e drammatica, tanto ci viene detto che tutto va bene, o quasi; tanto la situazione non richiede allarmismo, tanto più ci viene fatto credere che siamo prossimi alla catastrofe”.
E’ la nostra normalità! Invero, a farci ben caso, ciò che è ritenuto in questo momento più eccezionale è che al termine le eccezionalità sono sempre le stesse. Le eccezionalità di ieri sono quelle di oggi e, a ben vedere il comportamento del popolo elettore, saranno anche quelle di domani. Alla fine, come ebbe a dire l’umorista e attore francese Pierre Dac, “Il futuro è il passato in preparazione” e pare che tali parole, più di tanti e noiosi discorsi, descrivano al meglio il pensiero e il movimentismo dei partiti, tutti assolutamente pietrificati, così come li vuole l’elettorato nostrano. Forse è proprio questo che cerca la gente, la stabilità, la certezza che i “momenti gravi” possano esserci sempre, che possano ripetersi così come il ritorno delle mode.
Questo è il dubbio che mi assale, la cosa che non avevo mai preso in considerazione, forse è questo che richiama l’attenzione degli elettori e che li porta a scegliere le certezze che solo la partitocrazia romanocentrica può garantire.
Oggi, i pochi anziani scampati alla “pandemia” da covid19, ma soprattutto alla “salvifica” vaccinazione che avrebbe dovuto renderli immuni dal contagio, possono raccontarci momenti altrettanto drammatici, anche tragici, tutti causati da giganteschi sbagli e abbagli della nostra classe politica.
Mario Monti
Nei tanti anni di questa strana democrazia, regolata da una Costituzione di norma vilipesa dai governi di turno, abbiamo visto i nostri “statisti”, sempre forti del rinnovato mandato degli elettori, molto attivi, oltremodo indaffarati nel degradare le “classiche” istituzioni politiche sino a renderle dei puri simulacri, privi di volontà propria, forme costituzionali vuote al servizio di interessi che nulla hanno a che fare con gli interessi dei cittadini, nonostante tutto sia sempre stato fatto e continui ad essere fatto in loro nome e per loro conto.
Forse ci sono riusciti, hanno davvero fermato il tempo. Prendiamo ad esempio lo sfacelo economico, tratto caratteristico del nostro Paese, e andiamo a rileggerci cosa scriveva Carlo Azeglio Ciampi quasi 50 anni fa, gli articoli di Cesare Merzagora vecchi di 70 anni e le prediche di Luigi Einaudi agli albori degli anni 50, tutta “roba” che potrebbe passare per appena sfornata, infatti, senza cambiare o togliere una sola virgola alle loro parole, limitandoci ad aggiornare in peggio il solo debito pubblico, tutto il resto è uguale, già scrivevano dei “conti in rosso dello Stato”; già parlavano di “debito pubblico preoccupante”; già avvertivano che era necessaria la “stabilità politica” e già mettevano all’indice la “fuga dei capitali all’estero”. Insomma, siamo nel 21° secolo e pare di essere a metà del secolo scorso.
Ora, però, c’è Giorgia Meloni a guidare la “svolta” e non so se ci avete fatto caso, ma termini come “Patria”, “Nazione”, addirittura “Italia”, per tanti anni accantonati, o al massimo usati con estrema cautela per non correre il rischio di finire nella “lista” dei sospetti fascisti, sembrano essere tornati di moda.
Qualcuno, come me, ricorderà che quelli erano anni in cui dominava, dalle università ai mercatini rionali, la subcultura maccheronica del marxismo; erano gli anni del quadri e del penta-partito, gli anni in cui anche la Democrazia Cristiana parlava il sinistrese; erano gli anni in cui faceva intellettuale aver visto, meglio al cinema che alla televisione, almeno una volta “La corazzata Potemkin” o, in alternativa, aver letto almeno la prefazione de “Il capitale” di Karl Marx.
Di fatto, proprio adesso che non esiste più, si assiste ad una rinnovata voglia di Patria, di Nazione e di Italia, c’è chi dice “alla ricerca di un nuovo insieme”; chi dice “per paura che la situazione precipiti”; chi dice “per responsabilità verso le future generazioni” e via così con le più squallide delle frasi fatte, senza tenere conto, che forse, dietro il rigurgito di questo “Dio, Patria e Famiglia” si possa semplicemente nascondere la voglia di celebrare la finzione, cosa nella quale abbiamo mostrato di essere maestri sin dai tempi dei finti, o meglio, inesistenti carri armati di Mussolini.
Comunque siamo tutti in attesa dell’ennesima “svolta” e non è cosa da poco. La “svolta” che avrebbe dovuto garantire il pluridecorato economista Mario Draghi, che però, a conti fatti, sembra proprio non essere riuscito a dare la “svolta” buona. Poveretto, ha governato anche lui in “momenti gravi” e “difficili” e di SuperMario ci restano, oltre a qualche strano anatema pronunciato contro gli italiani refrattari alla vaccinazione e contro l’uso dei condizionatori e dell’acqua nelle fontane pubbliche, a dir suo, cose propedeutiche al successo dell’embargo contro la Russia, poche altre cose, però, che testimoniano il suo “genio”, fra queste: l’introduzione della tessera verde, obbligatoria per tutti i lavoratori, ottenibile solo previa vaccinazione contro il covid e altri 200 miliardi, mal contati, di debiti da restituire alla Banca Centrale Europea.
Eppure, dal Presidente della Repubblica in giù, così come da tutti i media nazionali, era stato annunciato e celebrato anzitempo come il salvatore della Patria, senza indugi, lui e il suo Governo, presentati come l’evento più importante dell’ultimo mezzo secolo di storia repubblicana, acclamato dal popolo e dai “mercati”, dai politici e dagli imprenditori e infatti, ha cercato di distinguersi in ogni modo: ha creato le condizioni ideali affinché migliaia di aziende potessero fallire; ha scardinato definitivamente la sanità pubblica ed ha cancellato le piccole, residuali differenze fra centro-destra e centro-sinistra. Era stato magnificato come l’ultimo grido della moda made in Italy, quella che piace a tutti, ma che solo noi italiani possiamo permetterci di sfoggiare. Per Draghi sono stati srotolati ovunque tappeti rossi, però, senza far caso ad un “piccolo” particolare, a mio avviso, non di poco conto: “nel mondo erano tutti contenti che tale fortuna fosse capitata a noi, soprattutto in Europa e negli U.S.A. dove si coltivano interessi diametralmente opposti ai nostri”.
Qualche anno prima, era l’autunno del 2011, un altro pluridecorato economista, Mario Monti, era stato chiamato a ricoprire il posto di comando perché, tutti lo dicevano e lo scrivevano, si rischiava di rimanere divorati da uno strano mostro, ancora sconosciuto agli italiani, ma subito identificato nello “Spread” da eminenti studiosi di economia e politica. All’epoca, neanche così lontana, fu addirittura creata una vera squadra di super tecnici, un team di dotti specialisti, un gruppo di “élite” formato dai “migliori” esperti provenienti da diverse professioni. Il risultato finale non fu quello celebrato al cinema con “I mercenari”, nella squadra che doveva abbattere lo “spread” non c’erano Stallone, Schwarzenegger e neanche Jason Statham o Bruce Willis, ma c’era il meglio del meglio di italica espressione, da Corrado Passera a Gianpaolo Di Paola, da Vittorio Grilli ad Anna Maria Cancellieri e poi Paola Severino Di Benedetto; Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, Filippo Patroni Griffi e via così con la crème de la crème, cosa che non evitò il disastro e un’altra “svolta” mancata. In definitiva, nessuno dei componenti l’Esecutivo del “mago” della finanza, Mario Monti, mostrò di possedere i mirabolanti poteri straordinari dei quali erano stati accreditati da stampa e televisioni.
Lo “spread”, che i più feroci oppositori di Berlusconi volevano essere fuggito dalle stalle di Arcore per seminare il terrore in Italia, è ancora lì, vivo e vegeto, fa parte del pacchetto Euro-Unione Europea, ma questo gli italiani ora lo sanno bene, infatti, da quando ne hanno preso coscienza, fedeli al “grave momento” che non deve mai mancare, l’hanno sempre legittimato con le loro scelte elettorali.
E allora, non l’ho vissuta se non attraverso i ricordi dei miei genitori e attraverso le pagine dei libri, ma effettivamente sembra ieri quando si cianciò di svolta alla caduta del fascismo, alla nascita della Repubblica e poi, in tempi più recenti, all’avvento del centro-destra, a quello del centro-sinistra, a quello della Lega e via così, passando per il rottamatore Renzi, sino all’avvento dei 5 Stelle. Tutte grandi svolte, però, di quelle a 360 gradi, che ci hanno sempre riportato al punto di partenza, sempre con qualche debito in più sulle spalle e con prezzi, tasse e disoccupazione in costante aumento. Insomma, mi pare che si sia scelto di vivere in una sorta di ora legale rimessa continuamente indietro al passare di ogni ora, così da dare alla popolana domanda: “Dove andremo a finire?” Una risposta tranquillizzante: “Da nessuna parte, continueremo a girare in tondo per tornare, sempre più poveri e ammaccati, al punto di partenza!”
Da noi è sempre la stessa storia e la “pandemia” l’ha ampiamente dimostrato con tutta la sua virulenza. L'ex Commissario Straordinario per l'Emergenza Covid, Domenico Arcuri, è stato iscritto sul registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Roma per peculato, l’accusa è contenuta nel fascicolo sulle forniture delle mascherine cinesi. Non solo, a vario titolo, la gestione della “pandemia” ha visto finire nel mirino della Magistratura: Giuseppe Conte (Ex Primo Ministro), Roberto Speranza (ex Ministro della Salute), Giuseppe Ruocco (ex Segretario Generale del Ministero della Salute), Francesco Paolo Maraglino (Direttore dell’ufficio Prevenzione delle malattie trasmissibili e profilassi internazionale), Claudio D’Amario (Direttore generale della Direzione della prevenzione sanitaria), Mauro Dionisio (membro della direzione generale prevenzione del Ministero della Salute), Agostino Miozzo (coordinatore del Comitato tecnico scientifico), Silvio Brusaferro (portavoce del Comitato tecnico scientifico e direttore dell’Istituto superiore di sanità), Irene Pivetti (ex Presidente della Camera dei Deputati), Angelo Borrelli (ex Capo della Protezione Civile) e poi tanti altri, la lista è lunghissima, ci sono politici, medici e imprenditori, di tutto e di più. In pochi anni, chissà se qualcuno lo ricorda, siamo passati dai “furbetti del quartierino”, Ricucci, Fiorani, Statuto e Coppola, dalla scalata ad Antonveneta, dai crac di “Magiste” e “Brera s.r.l.”, ai “furbetti della pandemia”.
Siamo davvero nel 2025 o nel 1958, quando, in occasione del caso Fiumicino, si parlò per la prima volta di tangenti e di appalti truccati? Anche allora erano coinvolti importanti personaggi vicini al potere partitocratico o facenti parte di esso, onorevoli e ministri, così come per “Tangentopoli” negli anni 90 e per tanti altri innumerevoli scandali, che spesso, troppo spesso, hanno riguardato e riguardano episodi corruttivi nel settore della sanità. Insomma, l’incantesimo dell’eternità, costantemente ricercato attraverso la creazione di “gravi momenti”, pare valere, più che mai, anche per gli scandali e, i più attenti ci avranno fatto caso, anche per le “facce nuove”, da sempre richieste a gran voce dagli italiani.
Le “facce nuove”, come quelle di bronzo, da noi non devono mai mancare e per “fortuna” ne abbiamo avute tante, qualcuna ce la ricordiamo un po’ meglio, altre sono finite nel dimenticatoio, ma ciò che lascia perplessi, è che fra quelle di cui la gente ha maggiore memoria, spiccano le facce di chi viene indicato aver dato e fatto il peggio, fra queste provo a rispolverarne alcune: Oscar Luigi Scalfaro, Umberto Napolitano, Vincenzo Scotti, Mino Martinazzoli, Gianni De Michelis, Margherita Bonniver, Ferruccio De Lorenzo, Antonio Di Pietro, Beatrice Lorenzin, Anna Maria Bernini, Maria Stella Gelmini, Laura Boldrini, Matteo Renzi, Elsa Fornero e Giuseppe Fioroni, tutte facce illustri e autorevoli, una piccola parte di quelle che hanno contribuito, “svolta” dopo “svolta” e riforma dopo riforma, a riportarci sempre nel solito posto, certamente non bello e sempre meno accogliente. Esattamente là dove ci hanno riportato le “facce nuove” di ieri: Luigi Di Maio, Lucia Azzolina, Giuseppe Conte, Roberto Speranza, Danilo Toninelli, Antonio Zennaro, Luciana Lamorgese, Matteo Salvini, Antonio Tajani, Vittorio Colao, Giancarlo Giorgetti, Licia Ronzulli e Renato Brunetta, insieme a tanti altri non menzionati per il grande rispetto che si deve allo “spazio”. Tutti sedicenti maestri della “svolta”, ma unicamente capaci di ricondurci nella putrefatta palude del sistema gelatinoso partitocratico, che prospera nelle emergenze dei “gravi momenti”, esattamente come ai tempi del terremoto dell’Aquila o del G8 alla Maddalena. “Gravi momenti” che non devono mai mancare, a cui sono affezionati gli elettori nostrani; “gravi momenti” che fanno la ricchezza di pochi e la povertà di molti.
Alla fine, quello che realmente conta è che i nuovi di ieri sono i vecchi di oggi e i nuovi di oggi saranno i vecchi di domani. A contare è la scelta del popolo elettore e se oggi fra le “facce nuove” spiccano quelle di Giorgia Meloni, di Elly Schlein, di Matteo Piantedosi, di Giuseppe Valditara, di Orazio Schillaci, di Maria Elvira Calderone, di Francesco Lollobrigida, di Adolfo Urso o di Guido Crosetto, significa che la certezza, che da sempre la partitocrazia romanocentrica riserva ai suoi estimatori, è ritenuta dagli italiani la cosa più importante e ricercata. Il fatto, poi, che sia condita da un inarrestabile susseguirsi di “momenti gravi”, di scandali, tangenti, corruzione, crisi sanitarie e politiche, è ritenuta, evidentemente, cosa normale e tranquillizzante. Come sosteneva Nietzsche: “…se dovessimo rivivere ogni momento della nostra vita infinite volte, dovremmo cercare di vivere ogni momento in modo tale da accoglierne la ripetizione.”
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