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09 Gennaio 2025 - 09:37
Rabbia e dolore al Mauriziano: vietato vedere la salma del padre morto di Covid, la figlia esplode
"Non uscirà da nessun posto in un sacco. Ho un dovere nei suoi confronti: deve lasciare questa terra con la dignità che aveva". Con queste parole cariche di dolore e indignazione, Barbara Di Blasi ha raccontato, attraverso un messaggio su Telegram, l’ultimo drammatico capitolo della vita di suo padre. Deceduto il 7 gennaio 2025 al Mauriziano di Torino, l’uomo era stato ricoverato per uno scompenso respiratorio ed era risultato positivo al Covid. Da quel momento, la tragedia personale della famiglia Di Blasi si è intrecciata con rigide normative sanitarie che, nonostante la fine ufficiale della pandemia, continuano a imporre limiti che sembrano riportare indietro nel tempo.
Già sottoposto a cure palliative, il signor Di Blasi era stato trasferito nel reparto Covid del Mauriziano, dove è avvenuto il decesso. La figlia Barbara non ha potuto accedere alla camera mortuaria per dargli un ultimo saluto e nemmeno organizzare lo spostamento della salma in cassa aperta. Una decisione che segue il regolamento 285/1990 della polizia mortuaria, il quale prevede che, in caso di malattie infettive, il corpo venga sigillato in una sacca mortuaria e che i parenti non possano vederlo né spostarlo in cassa aperta.
"Non mi hanno permesso di vedere mio padre per l’ultima volta. È come se avessero cancellato la sua umanità", denuncia Barbara, con una voce che si fa portavoce di tanti che, come lei, si trovano a fare i conti con norme che sembrano negare il diritto a un addio dignitoso.
La tragedia personale della famiglia Di Blasi
Nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia dichiarato la fine dell’emergenza pandemica già nel maggio del 2023, le regole per la gestione delle salme dei pazienti deceduti per Covid rimangono rigide. Come spiega la dottoressa Maria Carmen Azzolina, direttrice sanitaria dell’ospedale Mauriziano, "si tratta pur sempre di una malattia infettiva. Nonostante i decessi per Covid siano ormai limitati, non possiamo permettere il trasporto in cassa aperta né la visione del corpo senza dispositivi di protezione".
Un dato significativo è che, nel 2024, al Mauriziano i decessi per Covid sono stati mediamente uno al mese, con appena tre posti letto dedicati nel reparto del pronto soccorso. Il caso del signor Di Blasi è quindi da considerarsi eccezionale, ma le regole che disciplinano la gestione delle salme non lasciano spazio a deroghe.
Barbara Di Blasi non accetta che queste norme si frappongano tra lei e l’ultimo saluto a suo padre. "La pandemia è finita. Perché siamo ancora costretti a vivere situazioni simili? Non si tratta solo di mio padre, ma di un principio di dignità che viene calpestato".
La famiglia attende ora un incontro con la direzione sanitaria, che ha dichiarato di voler valutare una possibile apertura per consentire l’accesso alla camera mortuaria, a condizione che i parenti indossino i dispositivi di protezione individuale previsti. Tuttavia, sullo spostamento in cassa aperta non ci sarà spazio per compromessi.
"La normativa è chiara e non possiamo autorizzarlo", ribadisce la dottoressa Azzolina. Una posizione che lascia poco margine a soluzioni alternative, ma che continua ad alimentare il dibattito su quanto queste regole siano ancora adeguate al contesto attuale.
Per i familiari di chi perde una persona cara per Covid, il dolore sembra moltiplicarsi. Non solo per la perdita in sé, ma anche per l’impossibilità di vivere un rito funebre che rispecchi il bisogno di chiudere il cerchio con dignità e umanità. "È come se fossimo tornati ai giorni più bui della pandemia", commenta Barbara, ricordando le immagini strazianti delle bare che uscivano dagli ospedali durante l’emergenza sanitaria.
Il caso del signor Di Blasi riaccende una questione complessa: fino a che punto le norme sanitarie possono interferire con i diritti umani e i sentimenti dei familiari? Da una parte, c’è la necessità di tutelare la salute pubblica; dall’altra, il diritto a un addio dignitoso che non cancelli la memoria e l’umanità dei defunti.
Per Barbara Di Blasi, il corpo di suo padre non è solo una salma: è il simbolo di una vita vissuta con dignità, un padre che merita di essere ricordato e onorato senza barriere o divieti. La sua battaglia è quella di una figlia che non si arrende e che, con la sua voce, invita a riflettere su quanto sia importante coniugare sicurezza sanitaria e rispetto per la dignità umana.
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