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25 Dicembre 2024 - 20:01
Negli ultimi giorni, a Torino si respira aria di agitazione tra i lavoratori dei call center, scesi sul piede di guerra contro il nuovo contratto collettivo nazionale (CCNL) firmato il 4 dicembre 2024 da Assocontact e Cisal. Un contratto che, secondo i sindacati di categoria, rappresenta “un vero e proprio attacco ai diritti acquisiti”, segnando “un pericoloso passo indietro di oltre 15 anni” per il settore delle telecomunicazioni.
Le modifiche introdotte dal nuovo CCNL colpiscono duramente le tutele dei lavoratori. Tra i punti più contestati figura la drastica riduzione dei permessi retribuiti, che passano dalle precedenti 104 ore annuali a sole 48, limitando le possibilità di assentarsi per esigenze personali. Non meno grave è il capitolo relativo al pagamento della malattia: l'integrazione economica per i primi tre giorni viene progressivamente ridotta, fino all’azzeramento totale, lasciando i lavoratori in balia di ulteriori difficoltà economiche in caso di assenze per motivi di salute.
Sul fronte salariale, gli aumenti previsti sono stati definiti “irrisori” dagli stessi sindacati. Si parla di un incremento immediato di appena 7,42 euro mensili, a cui si aggiungerebbero 42 euro dopo 18 mesi, per un totale di circa 50 eurospalmati su cinque anni, ben lontani dal compensare l’impatto dell’inflazione. Inoltre, l’eliminazione degli scatti di anzianità penalizza i lavoratori più esperti, privandoli di un riconoscimento economico legato al tempo di servizio. A completare il quadro, lo smantellamento della clausola sociale rivede i criteri di tutela occupazionale nei cambi di appalto, aumentando il rischio di perdita del lavoro per molti operatori.
Di fronte a queste modifiche, i sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil non hanno esitato a definire il contratto “un grave colpo per la categoria”. La firma dell'accordo è stata attribuita a un’organizzazione sindacale ritenuta non rappresentativa, il che solleva dubbi sulla legittimità dell’operazione. Inoltre, le modalità adottate favorirebbero un evidente dumping salariale, con un abbassamento generale delle condizioni di lavoro.
Per contrastare questi provvedimenti, i sindacati hanno intrapreso una serie di iniziative. Assemblee informative sono già in corso per spiegare ai lavoratori le conseguenze del nuovo contratto e organizzare la mobilitazione. Parallelamente, sono state avanzate richieste di incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy e al Ministero del Lavoro, con l’obiettivo di aprire un dialogo costruttivo sulla questione. Nel frattempo, si prepara uno sciopero nazionale previsto per i primi giorni di gennaio 2025, qualora le procedure di raffreddamento non portassero a una svolta.
A complicare ulteriormente la situazione è la condotta dei committenti, tra cui banche, assicurazioni e aziende del settore energetico, accusati di applicare tariffe inadeguate e di scegliere i fornitori basandosi esclusivamente sul prezzo più basso. Questo approccio non fa che aggravare il deterioramento delle condizioni lavorative, alimentando ulteriormente il malcontento tra i dipendenti.
La tensione resta alta, con i lavoratori decisi a difendere i propri diritti e a contrastare un contratto che considerano non solo ingiusto, ma anche dannoso per l’intero comparto. La mobilitazione è appena iniziata, ma il messaggio è chiaro: “la battaglia per la dignità lavorativa nei call center è tutt’altro che conclusa”.
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