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Torino-Ceres ferma nel binario morto. Pronti per un viaggio nel 2028?

Cantieri infiniti, cronoprogrammi vaghi e disagi quotidiani: Rfi e Regione promettono, ma i pendolari restano ostaggio di un servizio inefficiente e di lavori senza fine.

Torino-Ceres ferma nel binario morto. Pronti per un viaggio nel 2028?

La Torino-Ceres sembra sempre più un'opera d'arte incompiuta, il perfetto simbolo di come non si dovrebbe gestire una linea ferroviaria. L’incontro di mercoledì 4 dicembre al Grattacielo della Regione Piemonte, che avrebbe dovuto fare chiarezza sul futuro della tratta, si è rivelato l’ennesima passerella di dichiarazioni ottimistiche e promesse che, ormai, nemmeno i più fiduciosi riescono a prendere sul serio.

Rfi, con il solito tono rassicurante, ha garantito che i lavori stanno procedendo «secondo il cronoprogramma». Un’affermazione che, se non fosse tragica, suonerebbe comica, visto che i pendolari continuano a viaggiare su una linea segnata da rallentamenti, guasti e cancellazioni frequenti.

Quali lavori stanno procedendo? Quelli sugli impianti, i cablaggi, i segnali e i passaggi a livello, ci dicono. Ma per chi ogni giorno si ritrova ad aspettare treni che non arrivano, questa lista suona più come un elenco delle cose che avrebbero dovuto essere fatte anni fa.

L’assessore regionale ai Trasporti, Marco Gabusi, è intervenuto con dichiarazioni che sembrano uscite da un manuale di promesse pre-elettorali. «Stiamo lavorando per garantire un servizio più efficiente e puntuale», ha dichiarato, aggiungendo che la Regione è pronta a intervenire sulla tratta fino a Ciriè con regolazione del traffico, telecomando delle stazioni e banalizzazione dei binari. In altre parole, si sta facendo qualcosa, ma non tutto, e sicuramente non abbastanza per risolvere i problemi strutturali di una ferrovia che appare sempre più abbandonata a sé stessa.

E per quanto riguarda la tratta tra Ciriè e Germagnano? Nulla. E la tanto attesa riapertura fino a Ceres? Neanche un accenno.

I rappresentanti dell’Osservatorio sulla Torino-Ceres, presenti all’incontro, non hanno nascosto il loro disappunto. «Per ragioni di tempo e di contesto non è stato possibile affrontare questi temi», hanno spiegato, probabilmente cercando di mascherare l’irritazione dietro parole diplomatiche. «Riteniamo fondamentale restituire ai cittadini la “loro” ferrovia nella sua interezza e continueremo a monitorare l’evoluzione delle opere». Parole che suonano come un ultimatum a Regione e Rfi: i pendolari sono stanchi di aspettare e vogliono risposte concrete, non l’ennesimo giro di promesse.

Durante l’incontro si è parlato anche di problemi più generali, come i guasti infrastrutturali, la scarsità di mezzi e l’inaffidabilità del materiale rotabile più vecchio. Vecchie storie, sempre uguali, che lasciano un retrogusto amaro. Anche l’accessibilità delle stazioni è stata menzionata, ma di soluzioni vere e immediate neanche l’ombra. Per non parlare dell’informazione ai viaggiatori, che spesso scoprono di un ritardo o di una cancellazione quando ormai è troppo tardi per reagire. Insomma, il caos regna sovrano.

L'assessore regionale Marco Gabusi

Eppure, una piccola luce in fondo al tunnel sembra esserci. Rfi ha finalmente pubblicato una gara d’appalto da quasi 50 milioni di euro per il completamento delle stazioni di Dora e Zappata, a Torino. Entrambe le strutture, rimaste al rustico per anni, potrebbero finalmente diventare operative. Ma anche qui, le tempistiche fanno sorridere, o meglio, disperare: se tutto andrà bene, la gara sarà aggiudicata entro la primavera del 2025, i lavori inizieranno nella seconda metà dello stesso anno e si concluderanno (forse) nel 2028.

La stazione di Dora, un tempo fondamentale per il quartiere, potrebbe finalmente vedere un ritorno dei treni, ma i residenti della zona, rimasti senza collegamenti dal 2020, non sembrano essere entusiasti di aspettare ancora quattro anni. «Dopo tante false partenze, speriamo che questa sia la volta buona», hanno commentato con tono misurato i rappresentanti dell’Osservatorio.

Ma i pendolari?

Per loro, il 2028 sembra un traguardo troppo lontano, un numero che sa di fantascienza più che di realtà. Ogni giorno affrontano disagi enormi, mentre ascoltano con crescente scetticismo le solite promesse di miglioramenti futuri. La Torino-Ceres, ormai, non è più solo una linea ferroviaria: è diventata il simbolo di un sistema che non funziona, di istituzioni che parlano molto e agiscono poco, e di una classe politica che sembra incapace di risolvere problemi reali.

Tra cronoprogrammi vaghi, cantieri infiniti e parole vuote, la Torino-Ceres continua a rappresentare un gigantesco punto interrogativo. Quando i pendolari potranno finalmente viaggiare su una linea efficiente? La risposta, al momento, è un gigantesco “chissà”. Ma una cosa è certa: finché Regione e Rfi continueranno a fare promesse senza mantenere, il treno giusto rischia di non arrivare mai.

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