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L’appello per un’Italia che non lascia indietro nessuno. È una questione di umanità.

Ventiquattro amministratori locali con storie di migrazione scrivono al presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, chiedendo soluzioni per snellire la burocrazia legata ai permessi di soggiorno. Proposte sperimentali e un messaggio forte: “La burocrazia deve servire le persone, non ostacolarle”

L’appello per un’Italia che non lascia indietro nessuno. È una questione di umanità.

Un’immagine potente, quella di 24 amministratori e amministratrici comunali, ciascuno con una storia di immigrazione da raccontare, uniti non solo dalla loro esperienza personale, ma da un obiettivo comune: rendere l’Italia un Paese più giusto e inclusivo, dove i diritti non siano intrappolati in un labirinto di burocrazia. È questa l’essenza della lettera inviata al neo presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, e presentata durante la 41^ Assemblea Nazionale dell’associazione, un documento che non chiede altro che ciò che dovrebbe essere ovvio: dignità e rispetto per tutti, indipendentemente dal loro percorso di vita.

L’incontro, tenutosi nella suggestiva Sala Rossa del Lingotto Fiere di Torino, ha dato voce a chi spesso si trova senza voce.

“Da migranti ad amministratori comunali: esperienze dirette di nuovi cittadini” è stato il titolo dell’evento, ma più che un titolo, è stato un manifesto. Moderato dal consigliere comunale torinese Abdullahi Ahmed, l’evento ha messo al centro un tema tanto urgente quanto trascurato: i tempi infiniti per l’ottenimento e il rinnovo dei permessi di soggiorno, che oggi possono richiedere fino a 12 mesi. Dodici mesi in cui la vita di una persona resta sospesa, bloccata, privata di certezze.

I firmatari della lettera hanno sottolineato con forza come questa lentezza amministrativa non sia solo un disservizio, ma un vero e proprio ostacolo al diritto di costruire una vita dignitosa. Per chi si trova nella fase di rinnovo del permesso, infatti, la burocrazia diventa un incubo: senza il documento aggiornato, si perde l’accesso a diritti fondamentali come gli assegni familiari o le indennità di invalidità. Si diventa “soggetti provvisori”, sospesi tra il passato e il futuro, privati di tutele essenziali.

La proposta avanzata non è un’utopia, ma un passo concreto verso il cambiamento: sperimentare presso gli uffici comunali e di polizia municipale la gestione delle pratiche legate al rinnovo dei permessi di soggiorno.

“Non vogliamo togliere competenze al Ministero dell’Interno, ma rendere più umano un percorso che oggi è un calvario”, hanno spiegato i promotori. Nei comuni più piccoli, dove le risorse sono limitate e le Questure sovraccariche, questa soluzione potrebbe rappresentare una vera svolta, consentendo ai cittadini stranieri di accedere più facilmente ai servizi.

Un altro punto cruciale riguarda la necessità di un protocollo d’intesa tra Comuni e Questure per la trasmissione diretta delle informazioni sui permessi di soggiorno agli uffici anagrafici.

“Troppo spesso accade che, per un ritardo burocratico, una persona venga cancellata dalle liste comunali, con conseguenze gravissime: la perdita del diritto di residenza può significare la perdita dei requisiti per richiedere la cittadinanza italiana”. Un’ingiustizia che si somma ad altre, creando un muro insormontabile per chi cerca di costruirsi una nuova vita.

Torino è stata la prima grande città a raccogliere questa sfida, approvando una mozione proposta proprio da Abdullahi Ahmed. Ma non è stata sola.

Settimo Torinese, amministrata dalla sindaca Elena Piastra, ha seguito l’esempio, integrando la proposta con un progetto sperimentale che coinvolge gli uffici dello stato civile e dei servizi demografici.

“Non possiamo rilasciare permessi di soggiorno, ma possiamo fare molto per semplificare le prime fasi dell’iter: dalla prenotazione alla verifica del materiale”, ha dichiarato Piastra.

Una mozione è già stata inviata al questore e al prefetto per avviare un dialogo e capire come procedere. “I dati necessari per il rinnovo sono già in possesso delle amministrazioni comunali. Perché non metterli a disposizione per velocizzare il processo?”, ha aggiunto la consigliera Iliana Joseph.

Queste non sono parole vuote, ma gesti concreti che parlano di una nuova Italia. Un’Italia che cambia, dove le persone con un passato di migrazione diventano protagoniste della vita pubblica, non solo beneficiari di diritti, ma garanti di quei diritti per altri.

È un’Italia che vuole abbattere i muri, non costruirne di nuovi. “Siamo certi che queste azioni, semplici ma incisive, possano rappresentare un passo importante verso una società più inclusiva e solidale, in cui la burocrazia sia al servizio delle persone e non un ostacolo alla loro integrazione”, hanno scritto i firmatari nella lettera.

C’è un’immagine che resta impressa: 24 amministratori locali, ognuno con la sua storia, uniti nel chiedere non solo ciò che è giusto, ma ciò che è necessario. Non è solo una questione di permessi di soggiorno. È una questione di umanità.

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