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23 Novembre 2024 - 23:53
La solita storia, il solito copione. Sindacati e governo ancora una volta ai ferri corti. Da una parte, proclami di scioperi dalle adesioni record; dall’altra, realtà ben più modeste, schiacciate dalle necessità di chi, nonostante tutto, non può permettersi il lusso di fermarsi. E in mezzo, un Paese allo stremo.
Il nostro sistema sanitario, già piegato da anni di tagli indiscriminati, si regge su un equilibrio precario. Liste d’attesa interminabili, ospedali al limite del collasso, personale insufficiente. È un miracolo quotidiano che ci siano ancora professionisti disposti a tenere in piedi questo castello di carte. Ma per quanto ancora? I sindacati gridano allo scandalo: la Legge di Bilancio 2025 conferma un ulteriore ridimensionamento dei fondi per la sanità. E come se non bastasse, anche il capitolo dei contratti – sia pubblici che privati – è un disastro annunciato: risorse inadeguate, riconoscimenti inesistenti.
Nel caos, una cosa è chiara: a rimetterci siamo sempre noi cittadini, quelli che devono sperare di non ammalarsi o, peggio, di non avere un’emergenza. Perché in un sistema che già arranca per gestire il quotidiano, gli imprevisti sono un lusso che non possiamo permetterci.
Eppure, proprio mentre si alza l’ennesimo polverone di accuse e proteste, spunta una luce. Una luce fatta di speranza, di determinazione, di coraggio. È la storia di Irene Scaglione e Tommaso Turinetti, due giovani di Chivasso che hanno scelto di dedicare la loro vita alla medicina, nonostante tutto.
Irene è l’incarnazione di chi non si arrende. Dopo una laurea in Scienze Politiche, il destino le riserva un colpo di scena: l’amore la spinge a cambiare rotta. Decide di affrontare il test per Infermieristica, un cammino che, già in partenza, si rivela in salita. Ma Irene non si lascia scoraggiare. Tra esami, tirocini e giornate infinite, trova anche il tempo di lasciarsi ispirare. È un’amica infermiera, con il suo entusiasmo, a indirizzarla verso un tema che diventerà il fulcro della sua tesi: l’allattamento al seno. Una scelta non casuale, ma simbolo di cura, nutrimento, speranza. Il 22 novembre 2024, Irene discute con successo la sua tesi. Una laurea sudata, meritata. Ora il suo futuro è aperto: le auguriamo che il mondo del lavoro sappia riconoscere il valore che ha dimostrato.
Accanto a Irene, c’è Tommaso. La sua passione per la scienza medica lo accompagna da sempre. Dopo il liceo scientifico, supera il test di Medicina e inizia sei anni di studi intensi, fatti di notti insonni, tirocini estenuanti e lontananza da casa. Ma Tommaso non è solo un giovane medico in formazione: è anche un compagno che crede profondamente nelle potenzialità di Irene. È lui a spronarla a intraprendere il suo percorso in Infermieristica, un gesto che dimostra quanto la loro storia sia un esempio di reciproco sostegno. A luglio 2024, Tommaso corona il suo sogno, diventando dottore in Medicina e Chirurgia. Oggi, con lo stesso entusiasmo, prosegue la specializzazione in Urologia, pronto a dare il suo contributo in un campo cruciale e spesso sottovalutato.
Durante la cerimonia di laurea, le parole del Rettore hanno colpito nel segno: “Ringraziamo questi giovani che scelgono una professione di grande responsabilità e preghiamo loro di restare in Italia. Il nostro Paese ha bisogno di loro.”
Un appello che suona come una supplica. Perché la verità, dura e amara, è che molti talenti scelgono di andarsene. Offerte migliori, strutture più moderne, riconoscimenti che qui sembrano un miraggio.
E Irene e Tommaso, ci auguriamo, saranno l’eccezione. Loro rappresentano la speranza di un futuro diverso, di un sistema sanitario che, nonostante tutto, può ancora contare su chi crede nella sua missione. La loro storia è un esempio, una lezione. Ma anche un monito. Perché se continuiamo a ignorare il grido d’aiuto della sanità, rischiamo di perdere non solo il presente, ma anche il futuro.
La domanda che resta è questa: l’Italia merita davvero giovani come Irene e Tommaso? Siamo in grado di trattenerli, di valorizzarli, di sostenerli? O continueremo a lasciarli andare, condannando il nostro Paese a un declino che non sembra avere fine?
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