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L'intervista

Quando in centro a Verolengo c'era una discoteca...

Giorgio Tallia del Bar Cervo (seconda parte)

Tornei di Carte a Verolengo

Tornei di Carte a Verolengo

A Verolengo, chi ha qualche capello grigio in più, dopo l'intervista della scorsa settimana, non smette di parlare del leggendario Bar Cervo, un luogo che la famiglia Tallia trasformò in un vero e proprio punto di riferimento per la comunità, un ritrovo capace di unire generazioni. Stamattina, Giorgio Tallia ha aperto il cassetto dei ricordi, condividendo aneddoti con entusiasmo e un pizzico di nostalgia.

La conversazione non poteva che iniziare con una domanda curiosa: “Perché chiamavano suo padre Pimpum? Ancora oggi lo ricordano così…”.

Giorgio, con un sorriso, spiega: “Mio padre era un cacciatore, come molti qui in paese. I suoi racconti di caccia erano così realistici e teatrali che spesso sembrava di cacciare davvero anche al bar! Quando imitava lo sparo, faceva anche il suono: pimpum! Così, tutti hanno cominciato a chiamarlo così. Ancora oggi, se nomini mio padre, la gente risponde: ‘Chi? Il Pimpum?’”.

Tra i tanti ricordi, emerge quello del fratello Gianni, che accanto al bar aveva creato una piccola discoteca.

“Era una stanza con un jukebox, una rete da pesca appesa al soffitto con luci annesse, due o tre panchine. Per i giovani dell’epoca era il massimo: un posto dove ballare e ascoltare musica. Certo, le ragazze erano poche e si facevano desiderare, mentre i ragazzi erano in tanti a contendersi i loro sorrisi”, racconta Giorgio con divertimento.

Negli anni in cui le discoteche chiudevano a mezzanotte – un orario che oggi farebbe sorridere – il Bar Cervo diventava la meta per i giovani di ritorno da balli sfrenati al “Due di Denari” di Cigliano. Alle 00:15, il locale si riempiva di 70-80 persone affamate che ordinavano pizza. Giorgio, con incredibile dedizione, riusciva a sfamare tutti prima della chiusura alle 2:00.

“Era un tour de force, ma non ho mai fatto mancare la pizza a nessuno”, ricorda con orgoglio.

Durante le fredde serate invernali, il Bar Cervo ospitava tornei di carte che attiravano una folla incredibile: poker, scopa e il meno noto Ciprino – una versione rivisitata del Mercante in Fiera. Giorgio sorride al ricordo: “Non c’era più spazio, nemmeno per stare in piedi. Era un momento di vera aggregazione”.

Tra i personaggi indimenticabili del Bar Cervo spicca Franco Bajona. Grande e imponente, Bajona fu un fondatore della prima sede del Partito Comunista a Verolengo, una figura che ricordava i duelli ideologici alla Peppone e Don Camillo. Eclettico e irascibile, Bajona sparì dal paese per oltre trent’anni, girando il mondo e svolgendo i mestieri più disparati. Tornò ormai anziano, segnato da un grave infortunio, ma ancora carico di storie da raccontare.

Un altro simbolo della vita a Verolengo era la famosa “Radio Panchina”, dove le donne si radunavano per sferruzzare, osservare il via vai della gente e scambiarsi chiacchiere.

“Non facevi in tempo a uscire di casa che, dopo un quarto d’ora, tutti sapevano dove eri stato e con chi avevi parlato”, racconta Giorgio ridendo. In quell’epoca, l’isolamento sociale era impensabile. Nessuno veniva dimenticato.

Il Bar Cervo non era solo un locale, ma il cuore pulsante di un’epoca in cui l’umanità e i legami erano al centro della vita quotidiana. Oggi, nel ricordare quei giorni, è inevitabile provare un pizzico di malinconia.

Forse, come sottolinea Giorgio "manca un po’ di quella solidarietà di un tempo".

Ma i ricordi, vivi e calorosi, continuano a raccontare la bellezza di una comunità unita.

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