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Tempi più certi per il riconoscimento della cittadinanza italiana. Ma solo per discendenza

180 giorni. Il tempo massimo per concludere le pratiche di cittadinanza per discendenza

Tempi più certi per il riconoscimento della cittadinanza italiana. Ma solo per discendenza

Il Comune di Mathi ha introdotto una novità per tutti coloro che stanno attendendo il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza: un termine certo per la conclusione delle pratiche.

Con una recente delibera di Giunta, l'amministrazione comunale ha stabilito che i procedimenti di riconoscimento della cittadinanza dovranno concludersi entro un massimo di 180 giorni dalla presentazione dell'istanza.

La scelta di fissare un termine preciso è dettata dalla volontà di garantire trasparenza e certezza ai cittadini che presentano domanda. Spesso, infatti, le pratiche di cittadinanza possono protrarsi a lungo a causa della complessità delle verifiche necessarie e della necessità di richiedere informazioni ad altre amministrazioni o a istituzioni estere.

Bisogna ricordare che questo termine è riferito solamente alla possibilità di acquisire la cittadinanza tramite quello che viene chiamato ius sanguinis, cioè il diritto di sangue. Che cosa vuol dire?

La risposta a questa domanda ci permette di fare un piccolo approfondimento su come si ottiene la cittadinanza in Italia e sulle principali critiche che vengono avanzate alla normativa vigente, soprattutto per quanto riguarda i diritti negati alle seconde generazioni. 

Ma partiamo dall’inizio. Come si ottiene la cittadinanza in Italia? Ci sono due modi principali.

Il primo, decisamente più facile e meno osteggiato, è quello di cui parla la delibera di Mathi. Un cittadino straniero che abbia almeno un parente, anche alla lontana, italiano può richiedere la cittadinanza.

Il secondo è quello comunemente chiamato naturalizzazione e interessa tutte le persone straniere che sono residenti in Italia da almeno 10 anni. A questa primo requisito se ne aggiungono degli altri: una buona conoscenza della lingua italiana, un reddito sufficiente e un certificato penale pulito.

Ci sono poi altri modi di acquisire la cittadinanza, per esempio tramite matrimonio o adozione, ma non li trattiamo qui perché non sono utili ai fini del discorso (per chi fosse interessato può consultare questa pagina).

Oggi le modalità di accedere alla cittadinanza italiana sono normate dalla legge del 5 febbraio 1992, n. 91. Dal momento in cui è stata scritta, però, la società è cambiata molto e la legge sembra non rispondere più in maniera adeguata alle esigenze e alle sfide della contemporaneità.

Innanzitutto, non prende in considerazione le seconde generazioni (oggi si parla addirittura di terze generazioni), cioè i figli delle persone straniere. Molti di loro sono nati, cresciuti e sono stati socializzati in Italia. Insomma, sono italiani, ma, a differenza dei loro coetanei, non hanno la cittadinanza italiana. Questo solleva una questione molto spinosa rispetto ai diritti negati ai figli di persone straniere.

Le perplessità si fanno ancora più chiare se paragoniamo questa situazione a quella di una persona che non ha mai messo piede in Italia, magari non parla nemmeno italiano, ma possiede la cittadinanza italiana semplicemente perché l’ha ereditata da un parente lontano.   

Per questo motivo, negli ultimi anni si è alzata una voce sempre più forte da parte della società civile, che chiede un cambiamento della normativa in materia di cittadinanza. Sono molte le persone che sostengono l’introduzione di una forma di ius soli, cioè la possibilità di accedere alla cittadinanza se si nasce sul territorio italiano.

In realtà, il principio dello ius soli, comune in molti paesi americani, come Stati Uniti, Messico, Argentina, non è previsto da nessun paese europeo (in pochi casi si parla di ius soli temperato, che però prevede alcuni requisiti di residenza). Una tendenza comune, specchio di una società che evidentemente fa molta fatica a sostenere processi di inclusione per le persone straniere. Tuttavia, tra le legislazioni europee, quella italiana è una delle più restrittive.

Infatti, è una delle poche a mantenere come requisito fondamentale la residenza per un periodo continuativo di 10 anni. Non è tutto. I minori, figli di stranieri, possono ottenerla al compimento dei 18 anni e solo a determinate condizioni. Secondo le ultime stime sono quasi un milione i figli di cittadini stranieri residenti in Italia in età scolare. Inoltre, l’iter burocratico è molto lungo e la PA è decisamente lenta. 

Di fronte a questa fotografia dell’Italia contemporanea, a settembre scorso, una forte spinta dal basso ha dato vita a una raccolta firme per modificare la legge sulla cittadinanza. L’obiettivo della proposta è di dimezzare i tempi per ottenere la cittadinanza e facilitare l'integrazione delle persone straniere residenti in Italia e dei loro figli. L'iniziativa ha raccolto un consenso straordinario, superando di gran lunga le firme necessarie per avviare un referendum. Se la Corte Costituzionale darà il via libera, a giugno 2025 gli italiani saranno chiamati alle urne per decidere se cambiare le regole sull'acquisizione della cittadinanza.

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