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La Voce degli animali

Il Tar riapre la porta ai cacciatori, ma la battaglia legale non è finita

Il Tar respinge la richiesta di sospensiva delle associazioni ambientaliste, autorizzando la caccia per alcune specie alpine. Resta il divieto per la pernice bianca, ma le associazioni promettono nuove azioni legali

Tar Piemonte: Via Libera alla Caccia di Coturnici e Fagiani di Monte, ma la Battaglia Legale Continua

La recente decisione del Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Piemonte ha riacceso il dibattito, mai davvero sopito, sulla caccia alle specie alpine, una questione che da anni polarizza l’opinione pubblica e mette in rotta di collisione istituzioni, associazioni ambientaliste e comunità di cacciatori.

Il Tar ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata da un gruppo di associazioni, tra cui Oipa, Leal e Pro Natura, che mirava a bloccare temporaneamente la caccia a quattro specie alpine – coturnice, fagiano di monte, moretta e pernice bianca – citando presunte irregolarità nell'approvazione del calendario venatorio regionale. Con questa decisione, la caccia può riprendere per tre delle quattro specie, mentre la pernice bianca resta protetta, evidenziando un punto di compromesso, almeno per ora, tra gli opposti fronti della controversia.

Secondo il tribunale, la Regione Piemonte ha agito nel rispetto dei criteri stabiliti, ritenendo che non sussistano le condizioni per un blocco preventivo dell’attività venatoria su scala regionale.

"La decisione del tribunale ci dà ampiamente ragione e restituisce ai cacciatori la possibilità di cacciare specie su cui la posizione regionale era stata più che motivata", ha dichiarato Paolo Bongioanni, assessore alla caccia per la Regione Piemonte. Le parole di Bongioanni riflettono il sollievo dell’amministrazione regionale, che vede così riconosciuta la legittimità delle proprie scelte in materia venatoria.

"Ringrazio il Tar per aver esaminato la questione in tempi veloci", ha aggiunto l’assessore, sottolineando la volontà della Regione di sostenere la caccia come attività regolamentata e di lunga tradizione, soprattutto nelle comunità montane.

Di segno opposto le reazioni delle associazioni ambientaliste, per le quali questa sentenza rappresenta solo un ostacolo momentaneo in una battaglia che non intendono abbandonare.

"La nostra battaglia non finisce qui", ha commentato Rosaria Loprete, avvocata che rappresenta Oipa e altre associazioni, spiegando che la contestazione sul calendario venatorio piemontese verte su questioni non solo di diritto ma anche di merito. "Il Tar ha deciso prendendo in considerazione soprattutto questioni formali, senza entrare nel merito della validità del calendario venatorio", ha proseguito l’avvocata, lasciando intendere che, a detta delle associazioni, persistono punti critici da affrontare per garantire una reale tutela della biodiversità alpina.

L'annosa questione della caccia alle specie alpine tocca corde profonde e contrappone due visioni inconciliabili dell'ambiente e delle sue risorse. Da un lato, i sostenitori della caccia, che considerano l'attività venatoria non solo una tradizione culturale da preservare, ma anche uno strumento per la gestione e il controllo della fauna selvatica, argomentano che la regolamentazione della caccia contribuisca alla sostenibilità dell'ecosistema alpino.

caccia

Dall'altro lato, le associazioni ambientaliste e una parte della società civile vedono nella caccia una minaccia costante per la biodiversità, considerandola anacronistica e incompatibile con una gestione ambientale moderna.

In Piemonte, la caccia non è solo una pratica, ma una questione che incide sulla gestione del territorio e delle sue risorse, e la decisione del Tar rappresenta solo una tappa in un percorso che difficilmente troverà una soluzione definitiva. Le associazioni hanno già annunciato di voler esplorare tutte le strade possibili per contrastare il calendario venatorio in vigore e chiedono una revisione più stringente delle normative regionali.

D’altro canto, le istituzioni regionali sembrano determinate a mantenere le proprie posizioni, sostenendo che il calendario venatorio sia stato approvato nel pieno rispetto delle normative e dei criteri stabiliti, anche in assenza di un Piano Faunistico Venatorioaggiornato, che tuttavia è stato sollecitato dai giudici.

Questa sentenza aggiunge dunque un ulteriore tassello a un mosaico giuridico e politico complesso, in cui la questione della caccia assume il ruolo di simbolo per una battaglia più ampia e articolata sulla gestione dell’ambiente e sul ruolo delle attività tradizionali nella società contemporanea.

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