AGGIORNAMENTI
Cerca
Ivrea
24 Ottobre 2024 - 09:00
Ilaria Aragona e Ciriaco Impieri
Ad agosto, la mazzata. Gli hanno sospeso la patente. “Non ci vedi più…” gli han detto. Lui è Ciriaco Impieri, 68 anni, e abita nel “famigerato” condominio Saudino. Non sarà l’inferno, ma poco ci manca. Isolato dal resto della città, una strada in discesa, nessuna anima viva intorno.
“Nel 2014 ho avuto un’operazione brutta: un tumore al cervello...” - si lascia andare Ciriaco - “L’occhio destro è bruciato e sto perdendo la vista anche dall’altro occhio. Abitare qui significa spostarsi con la macchina... C’è un autobus che a volte viene, a volte no... Sono disperato”.
Ciriaco è invalido al 75%, ma ha già presentato domanda per un aggravamento e quasi sicuramente quel 75 diventerà 100.
“Sono quasi cieco e ho anche dei problemi di deambulazione” dice, quasi mettendosi a piangere.
L’assistente sociale ha relazionato tutto, e lui, lo scorso venerdì, si è presentato in Municipio per chiedere un cambio alloggio. Nessuna promessa, nessun conforto. “Mi hanno detto che inoltreranno la domanda all’ATC. Nulla di più!”.
Insomma, non hanno alzato le spalle, ma poco ci è mancato. L’impressione è che all’ufficio per gli affari sociali, sentire storie di disagio non sia esattamente una priorità.
“Il sindaco mi aveva promesso che sarebbe passato” - ci racconta Ciriaco - “Qui c’è un altro problema. Io quasi non accendo il riscaldamento eppure pago 120 euro al mese per 10 mesi. Fino al 2014 facevano i conteggi una volta all’anno, adesso non più. Cosa devo fare? Rivolgermi alla Finanza?!”
Tra i desiderata di Ciriaco, ora che la macchina non ce l’ha più, c’è l’acquisto di una carrozzina elettrica. Costa 4.900 euro, e sono troppi. “Le mie sorelle mi aiuterebbero per metà, manca il resto… Vedrò che fare…”.
Poco più in là vive Ilaria Aragona. Dopo mesi e mesi di sofferenze e disperazione, il 9 settembre scrivevamo che finalmente l’ATC aveva dato l’ok al cambio alloggio. Sono passati quasi due mesi, e del cambio alloggio non s’è saputo più nulla, salvo il fatto che ne è stato individuato uno a Torre Balfredo, al piano terreno e con giardino, ideale per lei e per le sue esigenze di donna malata, inabile al lavoro e costretta a vivere attaccata a una bombola d’ossigeno, tra sofferenze, umiliazioni e silenzi.
La sua è la storia di una vita devastata dal Covid-19, che le ha lasciato danni respiratori permanenti, imprigionandola in un corpo che non riconosce più. “Voglio tornare a vivere”, ci aveva detto fin dalla prima intervista. Ma fino ad oggi, vivere, per Ilaria, ha significato sopravvivere in condizioni disumane.
Ilaria, prigioniera nel suo appartamento. Ogni movimento una fatica, ogni giorno una lotta contro una realtà che non le lascia tregua. Persino uscire di casa è un’impresa titanica. Il suo appartamento è un buco di 30 metri quadrati, con un bagno troppo stretto per consentirle di muoversi agevolmente. Non si tratta di un problema di poco conto. È anche una questione di igiene, e senza igiene i problemi fisici si sommano a quelli già esistenti, aggravando le già precarie condizioni di salute.
“Avete capito bene: chiedo solo una doccia”, s’era lanciata in un appello qualche tempo fa. Non era un capriccio, ma una richiesta di dignità che continua a essere valida anche oggi. Una richiesta semplice, così basilare, da scontrarsi con l’indifferenza.
Il condominio Saudino, dove vivono Ilaria e Ciriaco, ha un ascensore che si guasta spesso, trasformando ogni volta l’edificio in una prigione senza vie di fuga. Ed è proprio in questi momenti che si sentono dimenticati e abbandonati.
E’ composto da 12 alloggi, perlopiù monolocali e bilocali di proprietà del Comune, ma gestiti dall’ATC. Non sono fatti per viverci stabilmente. Sarebbe il caso di venderli o di darli in gestione alla Caritas o alla Casa delle Donne, per gestire emergenze temporanee. E invece, sono diventati una trappola per chi, come Ilaria e Ciriaco, non hanno alternative.
La verità è che quegli alloggi erano stati destinati originariamente a persone di età superiore ai 65 anni, un vincolo che ha sempre creato problemi nell’assegnazione, come spiegò l’assessore Augusto Vino in un consiglio comunale del 2013. Anziani che preferiscono vivere in città, rinunce a raffica e quattro alloggi vuoti da mesi in un condominio che ormai è diventato un vero e proprio ghetto.
Ottavia Mermoz
A rilanciare un’ipotesi di riutilizzo era stata, sulle pagine del nostro giornale, Ottavia Mermoz vicepresidente della Casa delle Donne, ex assessore comunale (dal 1998 al 2003) ai tempi di Fiorenza Grijuela, con delega alla cultura, al turismo e al commercio.
Nel libro dei ricordi, i motivi per i quali il Comune aveva costruito quei mini alloggi per coppie di anziani e invalidi, proprio lì, attaccati a una RSA. Un disegno integrato che prevedeva servizi in comune, come infermeria, pasti, lavanderia, in un unicum funzionale.
Il progetto rimase a metà.
“Gli alloggi” - ci disse Mermoz - “vennero dati in gestione all’ATC, come tutti gli altri di proprietà comunale. Di fatto, abitazioni insufficienti e inadeguate, che invece di risolvere un problema, ne creavano altri. L’idea di utilizzarli per le esigenze contingenti della Caritas e della Casa delle Donne non è solo realizzabile, ma assolutamente praticabile. Come si dice oggi, ‘cantierabile’...”
Alla Caritas che affronta quotidianamente il problema dell’accoglienza di persone o nuclei familiari vaganti, l’emergenza dei senza diritti e permessi di soggiorno, esclusi dalle categorie di un welfare sempre più burocratico e che dispone di un asilo notturno per uomini soli o alla Casa delle Donne.
“Dopo il caso di Giulia Cecchettin che ha scosso coscienze e indifferenze” - mette il dito nella piaga Mermoz - “da tutte le parti si invitano le donne a sottrarsi e sporgere denuncia, dimenticando che appena uscite dalla questura o dalla stazione dei carabinieri - scatti o meno il codice rosso - le donne non sanno dove andare. Non possono tornare a casa, dove troveranno un partner ancora più violento e vendicativo; hanno paura, e le volontarie con loro. Delle cause prevalenti dei femminicidi non esiste una statistica, ma è evidente che la denuncia è considerata dal partner violento il suggello di una convivenza, la via di fuga oggettiva, l’offesa imperdonabile cui rispondere con la forma estrema di violenza. L’ultimo definitivo atto del potere e del controllo sino ad allora esercitato. Molte donne non hanno una rete parentale di protezione, con l’aggravante della dipendenza economica se disoccupate o per non avere mai lavorato perché obbligate a badare alla casa e a occuparsi dei figli…”
La verità è che le case rifugio sono come una leggenda metropolitana: poche, gremite, lontane. Preferibilmente per mamme e bambini piccoli.
Massimiliano De Stefano e Patrizia Dal Santo
“I cani abbandonati in autostrada trovano comunque un canile. E gli esseri umani invece?” conclude Mermoz.
Di tutta questa vicenda se ne riparlerà in consiglio comunale grazie a una mozione che porta la firma del consigliere comunale Massimiliano De Stefano. Nel raccogliere la proposta “Mermoz”, la mozione impegna il sindaco e la Giunta ad attivare un percorso immediato di confronto con Caritas e Casa delle Donne, al fine di valutare la realizzazione presso il Saudino, con le modalità di convenzione o comodato e anche con la cooperazione di altri Enti, di una struttura accogliente per le finalità delle due associazioni entro il prossimo anno.
E siamo tutti qui in trepidante attesa di capire cosa dirà l’assessora Dal Santo...
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.