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Stellantis: si cerca il successore di Tavares e intanto le fabbriche chiudono...

Scioperi, accuse e promesse tradite: il colosso dell’auto cerca nuovi manager ma lascia l’Italia a guardare le auto cinesi che invadono il mercato

Stellantis: si cerca il successore di Tavares e intanto le fabbriche chiudono...

Tavares

Stellantis ha ufficialmente dato il via alla ricerca del successore di Carlos Tavares, anche se, a detta loro, non c'è fretta di cambiare leadership. Ma la mossa fa già sollevare qualche sopracciglio: stiamo parlando dell'uomo che ha guidato con successo la fusione tra Fca e Psa, creando un colosso dell'auto che ora sta attraversando un momento tutt'altro che semplice. Mentre si cercano nuovi capitani al timone, le acque europee sono più agitate che mai. Italia e Germania, infatti, si sono messe di traverso sul calendario della transizione verso l'auto elettrica, chiedendo di rivedere le scadenze. Peccato che la Commissione europea se ne stia lì, imperturbabile, decisa a non cambiare rotta. Insomma, come al solito, Bruxelles fa orecchie da mercante, e chi ci rimette sono le aziende e, soprattutto, i lavoratori.

Già, i lavoratori. Perché nel bel mezzo di questa transizione green, che di verde sembra avere solo le incertezze, il settore auto sta soffrendo come non mai. Le sigle dei metalmeccanici italiani, Fim, Fiom e Uilm, hanno perso la pazienza e, per il 18 ottobre, hanno indetto uno sciopero unitario che coinvolgerà non solo Stellantis ma tutto il comparto automotive, con una grande manifestazione nazionale a Roma. Perché scioperano? Perché in Italia, dicono, l'industria dell'auto sta collassando. Lo scenario è allarmante: dal 2007 al 2024 la produzione di auto di Fiat, poi Fca e infine Stellantis, è crollata del 70%! Un tracollo che vede le 911.000 auto prodotte nel 2007 ridotte a circa 300.000 quest'anno. E la beffa è che delle auto vendute in Italia, meno della metà sono prodotte qui. Una realtà che sa tanto di smacco per un paese che un tempo era sinonimo di grande industria automobilistica.

Stellantis

Le lamentele non mancano nemmeno dal fronte governativo. Adolfo Urso, ministro dello Sviluppo Economico, ha lanciato un'accusa pesante: “Vogliamo rafforzare Stellantis in Italia, ma l'azienda non ha mantenuto la promessa di aumentare la produzione nel nostro Paese”. Parole che lasciano poco spazio all'interpretazione. Stellantis ha replicato che il dialogo c’è e che l’impegno per affrontare le sfide della transizione energetica è ben presente. Ma chi crede più a queste promesse, quando le fabbriche continuano a chiudere e i lavoratori restano a casa?

E in questo caos, si apre anche la partita della successione di Carlos Tavares, l'uomo che ha reso possibile la fusione tra Fca e Psa ma che ora sembra essere sotto pressione. Bloomberg fa notare che Tavares ha deluso in Nord America: le vendite sono in calo e vari manager hanno lasciato la barca. Una situazione che ha costretto Stellantis a muoversi per cercare un nuovo amministratore delegato, anche se Tavares potrebbe restare in sella ancora per un po’. Il suo contratto scade nel 2026, ma non sarebbe una sorpresa se lo vedessimo fare i bagagli prima. La verità è che il mercato americano è un incubo per il gruppo, e i numeri parlano chiaro: Stellantis è in difficoltà, soprattutto di fronte a concorrenti come Tesla e i marchi giapponesi.

Ma i problemi di Stellantis non si fermano al Nord America. In Europa la situazione è tutt'altro che rosea. Mentre si attende il rinnovamento dei vertici, in Italia il malcontento è tangibile. Michele De Palma, leader della Fiom, è chiaro: “Serve una nuova politica europea per l'automotive e un tavolo a Palazzo Chigi”. Gli fa eco Rocco Palombella della Uilm, che accusa il governo di incoerenza totale: “Da un lato parlano di rinviare l’elettrico, dall'altro spingono per farlo subito”. Insomma, si predica bene e si razzola malissimo. E poi c'è Ferdinando Uliano della Fim, che aggiunge benzina sul fuoco: “Lo sciopero è necessario per scuotere le coscienze di governo e azienda. È ora di cambiare strada”. Ma la domanda resta: qualcuno li ascolterà davvero o continueremo a vedere chiacchiere e promesse non mantenute?

Nel frattempo, mentre i sindacati organizzano scioperi e il governo litiga con l'Europa, Stellantis ha trovato un nuovo amore: la Cina. Con la joint venture Leapmotor International, il colosso italo-francese si è lanciato nell’avventura dei veicoli elettrici made in China. I primi modelli, tra cui la city car TO3 e il suv C10, sono pronti per invadere l'Europa con prezzi competitivi e una tecnologia all'avanguardia. L’obiettivo è chiaro: mettere in difficoltà i marchi cinesi già presenti nel mercato europeo. Tianshu Xin, ceo di Leapmotor, ha già tracciato la rotta: “Prevediamo una crescita dei volumi da 350.000 veicoli nel 2024 a 500.000 nel 2030”. E non è un caso che Stellantis abbia investito 1,5 miliardi di euro per ottenere il 21% di Leapmotor. Insomma, il futuro dell’auto sembra parlare sempre più cinese, mentre l'Italia si trova costretta a rincorrere.

Con tutti questi problemi in casa, viene da chiedersi: Stellantis sta davvero pensando a rilanciare la produzione in Italia o, come sempre, siamo solo la terra dei sogni infranti, dove le promesse durano il tempo di un comunicato stampa?

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