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Monviso, polenta e promesse: la Lega in alta quota rimpiange l'ampolla

Calderoli: "Un leghista vero deve salire almeno una volta qui", ma la secessione resta un ricordo lontano. Intanto, si festeggia l'autonomia differenziata… o quasi

Monviso, polenta e promesse: la Lega in alta quota rimpiange l'ampolla

Ai piedi del Monviso, dove la storia della Lega si fonde con i panorami mozzafiato delle Alpi, si è rinnovato l'appuntamento annuale del Carroccio. Un evento dal sapore quasi mitologico, che fa tornare in mente le immagini sbiadite degli anni '90, quando Umberto Bossi sfidava l’Italia unita raccogliendo l’acqua del Po, come se fosse un moderno eroe epico in lotta contro i mulini a vento. A Crissolo, in provincia di Cuneo, l'aria sottile dei 1.800 metri di Pian della Regina ha accolto circa 150 fedeli sostenitori leghisti per l’ennesima rievocazione di una tradizione che sembra ormai appartenere a un’altra epoca.

Questa volta, tra un piumino leggero e un pranzo alla Baita della Polenta, non potevano mancare volti noti del partito. Il Ministro per gli Affari regionali e l'autonomia, Roberto Calderoli, con un piglio a metà tra il nostalgico e il fiero, ha fatto la sua comparsa accompagnato dalla moglie, Gianna Gancia, consigliera regionale.

Con un sorriso sornione, Calderoli ha confessato ai presenti: "Fino a ieri non stavo bene, ma il pensiero del Monviso mi ha rinvigorito. Qui si respira aria di libertà." In effetti, chi potrebbe negare che l’aria frizzante di montagna non abbia effetti terapeutici, almeno su un leghista DOC?

D’altronde, come ha detto lo stesso Calderoli, "un vero leghista almeno una volta nella vita deve venire al Monviso."

E chi siamo noi per contraddirlo?

La scena è stata completata dagli interventi del senatore e segretario provinciale Giorgio Bergesio, dell’assessore regionale all’Autonomia Enrico Bussalino, del capogruppo leghista in consiglio regionale Fabrizio Ricca e del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. Una squadra che sembra più una formazione calcistica, pronta a segnare il gol decisivo per quella che, ormai, non è più la secessione, ma la tanto agognata autonomia differenziata.

E già, perché i tempi cambiano, e se Bossi 28 anni fa raccoglieva l’acqua del Po per un simbolico addio all’Italia, oggi ci si accontenta di rivendicare un pezzetto di autonomia.

"La secessione non è arrivata," ammette Calderoli, con una vena di rassegnazione che solo chi ha vissuto gli anni d'oro della Lega può davvero comprendere, "ma senza quel passaggio non saremmo mai arrivati all’autonomia differenziata."

È curioso come la Lega, che una volta si proclamava il baluardo dei diritti del Nord, ora si presenti come la custode della Costituzione italiana.

"L’approvazione di questa legge non fa altro che stabilire una cosa che già è nella Costituzione," ha dichiarato Molinari, cercando di mettere a tacere chi, a sinistra, critica il progetto di autonomia.

E, per non farsi mancare la solita polemica politica, ha aggiunto: "Ci scontriamo con l’ipocrisia della sinistra, che parla in contrapposizione anche con la loro storia politica, e che cerca solo di giocare sulla pancia delle popolazioni del Sud."

Insomma, la Lega non cambia mai: nemici a sud, alleati a nord, e un'ironia sottile che sembra quasi sfuggire loro stessi.

il raduno della Lega

Dunque, ai piedi del Monviso, non è mancata l’autocelebrazione per il primo passo verso il traguardo che inseguono da vent’anni. Ma, a ben vedere, questa festa sembra più un nostalgico raduno tra vecchi amici che un evento politico dirompente.

Il Monviso osserva dall’alto, immutabile come sempre, mentre la Lega si crogiola nel ricordo dei tempi che furono, quelli in cui la secessione non era un miraggio e Umberto Bossi riusciva a riempire le piazze di bandiere verdi e slogan ruggenti.

Oggi restano i piumini, le sneakers e le parole di Calderoli a ricordarci che "un leghista vero deve venire almeno una volta nella vita al Monviso."

Ma chissà, forse la vera sfida per la Lega non è più la secessione, né l'autonomia differenziata, ma riuscire a far capire alle nuove generazioni perché dovrebbero ancora salire a Pian della Regina per respirare quest'aria di libertà.

Fabrizio Ricca

Una polenta per il consigliere regionale Fabrizio Ricca...

Manolo Maugeri

I settimesi Manolo Maugeri e Lorenzo Ravinale

Il primo raduno della Lega

Era il 1996 quando la Lega Nord, sotto la guida di un combattivo Umberto Bossi, organizzò per la prima volta quello che sarebbe diventato il raduno simbolo del movimento, ai piedi del Monviso, presso Pian del Re, vicino alla sorgente del Po. Lì, a circa 2.000 metri di altitudine, tra i panorami mozzafiato delle Alpi e l’aria rarefatta, Bossi e i suoi uomini misero in scena un evento che aveva più l’aspetto di un rito pagano che di un comizio politico. Il cuore del rituale fu l’ormai leggendaria ampolla, che il Senatùr riempì personalmente con l’acqua pura della sorgente del Po, simboleggiando le “radici padane” e, di conseguenza, la purezza e l’identità del Nord.

l'ampolla

Per i leghisti, quell’acqua era sacra, proprio come sacro era il territorio che scorreva lungo il grande fiume: la Padania, entità mitologica che la Lega Nord voleva emancipare dal resto dell’Italia. Il messaggio lanciato dal raduno era chiaro: il Nord non era parte dell'Italia unita, ma una terra autonoma, con la propria economia, le proprie tradizioni e, soprattutto, con la sua indipendenza politica da rivendicare.

La scena era surreale: migliaia di militanti accorsero da tutto il Nord Italia, vestiti con camicie verdi e con il Sole delle Alpi impresso sulle bandiere che sventolavano al vento di montagna. Tra canti, cori e slogan, il popolo della Lega si strinse attorno al suo leader, accolto come un moderno condottiero. Bossi parlava con la solita retorica incendiaria, senza mezzi termini, e la folla rispondeva in coro. Gridava alla secessione, all'indipendenza del Nord, proclamando la nascita della Padania, come una nuova nazione che avrebbe presto preso forma sulla mappa d’Italia.

Le parole del Senatùr, spesso ricche di enfasi e provocazioni, colpirono duramente il sistema centrale, lanciando la sfida contro Roma ladrona. "Padania libera!" echeggiava tra le valli, mentre l’ampolla con l’acqua del Po veniva elevata a simbolo della nuova battaglia politica. La secessione sembrava un obiettivo non solo possibile, ma imminente, e molti dei presenti erano convinti che il sogno si sarebbe realizzato presto. C’era una carica emotiva palpabile, una determinazione che sembrava irremovibile. Per la Lega, il Monviso non era solo una montagna, ma la culla della loro rivoluzione, il luogo da cui tutto avrebbe avuto inizio.

La scena divenne un’immagine iconica: Bossi, con l’ampolla in mano, circondato dai suoi fedelissimi, che proclamava la lotta per la libertà del Nord. Quella prima edizione del raduno segnò l’inizio di una tradizione destinata a ripetersi negli anni, ma mai con la stessa carica emotiva e rivoluzionaria di quel 1996. L’ampolla stessa divenne il simbolo di una visione politica che voleva riscrivere i confini d’Italia, mentre il raduno del Monviso si trasformò in un appuntamento annuale, quasi mistico, per tutti i leghisti.

Negli anni successivi, però, la secessione rimase un miraggio. Il movimento, pur crescendo elettoralmente e conquistando ruoli di governo, vide affievolirsi quel fervore iniziale, mentre l’obiettivo politico si spostava sempre più verso un federalismo soft e, in tempi recenti, verso l’autonomia differenziata. Tuttavia, quella prima manifestazione ai piedi del Monviso resta nella memoria collettiva della Lega come un momento cruciale, in cui il sogno della Padania sembrava davvero poter diventare realtà.

Mentre i raduni degli anni seguenti avrebbero portato meno pathos e più pragmatismo, il 1996 rimane l’anno in cui la Lega si è davvero sentita sul punto di riscrivere la storia d’Italia. Tra le montagne del Monviso, lontano dal rumore delle città, si respirava la rivoluzione. Un’aria fresca e pungente, proprio come quella che, ancora oggi, Calderoli definisce come "aria di libertà."

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