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Mondo agricolo
06 Settembre 2024 - 22:37
Pecore
L'emergenza Blue Tongue o "lingua blu" sta trasformando le campagne piemontesi in un campo di battaglia silenzioso, ma devastante. A pagarne il prezzo più alto sono, come al solito, i piccoli allevatori, stretti nella morsa di un sistema burocratico e sanitario che, invece di proteggerli, li lascia annegare nei debiti.
Si tratta di un’infezione virale trasmessa esclusivamente da insetti vettori (moscerini). Quasi tutte le specie di ruminanti, domestiche e selvatiche, sono recettive alla Bluetongue, ma non tutte si ammalano.
Tra i ruminanti domestici, negli ovini la Bluetongue si manifesta clinicamente nella forma più grave, causando anche mortalità; nei bovini e nelle capre l’infezione decorre, salvo poche eccezioni, senza sintomi evidenti.
La Bluetongue non è trasmissibile all’uomo e non comporta alcun problema di sicurezza degli alimenti. La profilassi consiste nel trattamento di tutti gli animali dell’allevamento, interessati e non interessati, con prodotti insettorepellenti.
E’ poi necessaria l’igiene delle strutture a cui deve seguire l’utilizzo di prodotti insetticidi e il mantenimento degli animali all’interno di strutture chiuse affinché siano meno esposti alle punture degli insetti.
In Canavese, nelle Valli di Lanzo, nel ciriacese, in valle Orco e Soana e nell'eporediese, stando ai dati in possesso della direzione generale dell'Asl To4 gli allevamenti coinvolti sarebbero 42.
L'allarme è ai massimi livelli anche in Val di Chy, dove il consigliere comunale Guido Scavarda, allevatore di cavalli, ha richiesto l'intervento del presidente della Comunità Montana Valchiusella Remo Minellono.
Scavarda ha sottolineato come le vaccinazioni, necessarie per prevenire la diffusione della malattia, siano insostenibili per molte aziende agricole, con un costo che si aggira tra i 7 e gli 8 euro per capo.
Considerando che in Valchiusella si contano circa 40 allevamenti ovini e 200 di bovini, l'onere economico complessivo sarebbe insormontabile.
Gabriele Carenini, presidente regionale di Cia Piemonte, non usa mezzi termini: “Il tasso di mortalità negli allevamenti ovini ha raggiunto picchi tra il 30% e il 40% della consistenza della stalla”, e con queste percentuali, è chiaro che la situazione è insostenibile.
Detto questto si aggiunge il problema dei problemi. I vaccini contro la Blue Tongue sono, infatti, praticamente introvabili, e quando ci sono, tocca ai titolari delle aziende agricole accollarsi i costi.
Vaccini difficili da reperire, trattamenti repellenti che costano un occhio della testa: tutto questo, in un sistema che sembra fare di tutto per penalizzare chi lavora la terra e alleva animali.
E poi, come se il danno non fosse abbastanza, ecco la beffa: “...per le aziende che hanno aderito alle misure di pagamento diretto”, sottolinea Carenini.
In parole povere, gli allevatori che hanno avuto la sfortuna di essere colpiti dalla Blue Tongue rischiano di perdere anche i sussidi legati alla Domanda Unica, al Complemento di Sviluppo Rurale e ad altre domande di bando per il 2024.
Non solo si trovano con animali decimati, ma potrebbero vedersi costretti a restituire i soldi già percepiti, oltre a subire un blocco dei pagamenti futuri. È un doppio colpo mortale per un settore già in ginocchio.
E la Regione Piemonte?
Si è mossa con un altro vertice. Un altro tavolo. Un altro incontro. Questa volta è stato l'assessore regionale Paolo Bongioanni a convocare il summit, e sembra che qualche passo in avanti ci sia stato.
“Mi attiverò immediatamente col mio omologo della Sardegna”, ha dichiarato Bongioanni, annunciando che cercherà di ottenere 20mila dosi di vaccino dalla prima regione italiana che ha fronteggiato il problema. Bene, ma sarà sufficiente?
La domanda rimane sospesa, perché se è vero che la Sardegna ha reagito con prontezza, è altrettanto vero che la Blue Tongue è una minaccia che non riguarda solo i nostri confini, ma arriva dall’estero, e quindi servono misure ben più ampie. Da qui l’appello al Ministero della Salute per una regìa a livello nazionale.
La realtà, come sempre, è più complessa di un tavolo di discussione.
Il vertice in Regione per la Blue Tongue ha coinvolto, oltre all'assessore Federico Riboldi (rappresentato dal capo di gabinetto Fabrizio Priano), diverse associazioni di categoria. Erano presenti Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino; Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte; Gabriele Carenini, presidente regionale della Cia; Domenico Sorasio, direttore regionale di Confcooperative, e Renzo Brussolo, responsabile Agroalimentare di Legacoop Piemonte. Per la Regione hanno partecipato il direttore regionale dell'Agricoltura Paolo Balocco, Gianfranco Latino per il settore delle Produzioni agrarie e zootecniche, Bartolomeo Griglio per la Salute animale e il commissario regionale per la Peste suina africana Giorgio Sapino.
Le cifre sono spaventose: in Piemonte, si parla di circa 56.000 caprini e 105.000 ovini distribuiti in 5.300 allevamenti. Se l’epidemia non viene fermata, rischia di decimare interi greggi, con conseguenze economiche disastrose per le aziende locali. Come ha sottolineato lo stesso Bongioanni: “Anche se meno devastante della Psa sul piano sanitario ed economico, la Blue Tongue incide comunque su un settore importante della filiera d’eccellenza agroalimentare piemontese”.
Ma le parole, come sempre, devono essere seguite dai fatti. Gli allevatori hanno bisogno di soluzioni concrete e immediate: un piano di vaccinazione chiaro, risorse per coprire i costi esorbitanti dei trattamenti e delle misure di biosicurezza, e soprattutto, un monitoraggio costante della situazione. Il virus non aspetta la prossima riunione.
Federico Riboldi, l’assessore alla Sanità, ha promesso il suo supporto: “Siamo disponibili a un contributo per la vaccinazione”, ma già qui emerge un altro problema. Finora solo una regione a statuto speciale ha intrapreso questa via. Il Piemonte, invece, deve ancora valutare la legittimità giuridica di tale misura. Nel frattempo, i capi di bestiame continuano a morire. Il tempo stringe, ma la macchina burocratica sembra, come sempre, essere impantanata.
Gli allevatori, quelli che ogni giorno si svegliano all’alba per badare ai loro animali, non possono permettersi di aspettare. Loro pagano oggi i danni di una crisi che non hanno causato. E mentre i dirigenti regionali discutono, la situazione diventa ogni giorno più disperata.
C’è un altro punto fondamentale che emerge da questa vicenda: la necessità di maggiore informazione e sensibilizzazione. Gli allevatori devono essere messi nelle condizioni di capire l’importanza di vaccinare i loro animali, di applicare misure di biosicurezza, come l’uso di trattamenti insettorepellenti e la protezione notturna degli animali. Ma anche qui, c’è da chiedersi: chi paga? Gli allevatori? Ancora loro?
Le dichiarazioni continuano, i tavoli si moltiplicano, ma quello che serve è un piano concreto. Un piano che metta in sicurezza non solo gli animali, ma anche le aziende agricole. Le parole non bastano più. È ora di agire, prima che la Blue Tongue trasformi una crisi sanitaria in una catastrofe economica per tutta la filiera.
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