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Romano Canavese
22 Agosto 2024 - 18:56
Immagine creata dall'Intelligenza Artificiale
Quella che doveva essere una tranquilla escursione estiva sul Mombarone si è rapidamente trasformata in un incubo per una tredicenne di Romano Canavese e suo padre, che si trovavano in alta montagna per trascorrere una giornata all’aria aperta. Un gesto apparentemente innocuo, come mangiare una barretta energetica, ha innescato una catena di eventi che avrebbe potuto avere conseguenze tragiche, ma che, fortunatamente, si è conclusa con un lieto fine grazie all'intervento tempestivo di un’infermiera volontaria del Soccorso Alpino.
La giovane, ignara di essere allergica alle arachidi, aveva consumato una barretta energetica durante la sosta al rifugio Mombarone, una struttura situata al confine tra la provincia di Biella e il Canavese, un punto di ritrovo per escursionisti e alpinisti. Poco dopo aver mangiato la barretta, la ragazza ha iniziato a manifestare i primi sintomi di una reazione allergica: prurito diffuso, gonfiore e una crescente difficoltà a respirare.
In pochi minuti, la situazione è precipitata. La reazione allergica si è trasformata in uno shock anafilattico, una condizione che può essere rapidamente fatale se non trattata con urgenza. La crisi respiratoria che ne è seguita era aggravata da una preesistente condizione asmatica della ragazza, rendendo ogni respiro sempre più difficile. Il padre, impotente di fronte al peggioramento delle condizioni della figlia, ha lanciato un disperato appello di aiuto.
Proprio in quei momenti concitati, la fortuna ha voluto che nei pressi del rifugio si trovasse un’infermiera professionale di Biella, volontaria del soccorso alpino, impegnata in un allenamento. La sua presenza si è rivelata determinante. Allertata dalle grida di aiuto del padre e intuendo subito la gravità della situazione, l'infermiera si è precipitata verso la ragazza, affiancata dal gestore del rifugio.
Senza esitazione, ha messo in atto le procedure di emergenza, pur con la consapevolezza delle limitazioni imposte dall'assenza di attrezzature mediche adeguate. Il primo obiettivo era chiaro: stabilizzare la ragazza e prevenire un possibile arresto cardiaco, che sarebbe stato l’inevitabile epilogo senza un immediato intervento.
Nonostante le difficili condizioni operative, l'infermiera è riuscita a somministrare i primi soccorsi, utilizzando le conoscenze e l’esperienza maturate nel soccorso alpino. La sua prontezza e la capacità di mantenere il controllo della situazione in un contesto così estremo hanno fatto la differenza. Nel frattempo, il gestore del rifugio ha cercato di mantenere la calma del padre, preoccupato per le sorti della figlia.
Mentre l'infermiera operava sul campo, la centrale operativa del soccorso alpino ha allertato l'eliambulanza di Borgosesia e le squadre di soccorso alpino biellese, consapevoli della necessità di un intervento rapido e risolutivo. L'elicottero è decollato in tempi record, sorvolando le montagne per raggiungere il rifugio nel minor tempo possibile. L’arrivo dell’eliambulanza ha permesso di stabilizzare ulteriormente la ragazza e di prepararla per il trasporto in ospedale.
La tredicenne è stata immediatamente trasferita all'ospedale di Ponderano, un centro ospedaliero biellese attrezzato per gestire emergenze di questo tipo. Qui, un team di medici e infermieri era già in attesa, pronto a prendere in carico la paziente. Grazie alla rapidità del trasporto e alla tempestività delle cure ricevute, la ragazza è stata stabilizzata in breve tempo, scongiurando il rischio di ulteriori complicazioni.
Tuttavia, dato il quadro clinico complesso, i medici hanno deciso di trasferirla all'ospedale Regina Margherita di Torino, una struttura specializzata nella cura dei bambini e degli adolescenti, per ulteriori accertamenti e un monitoraggio approfondito. Qui, la ragazza è stata sottoposta a una serie di test per determinare l'esatta natura dell’allergia e per prevenire future reazioni simili.
Dopo ore di ansia e preoccupazione, la notizia tanto attesa è finalmente arrivata: la ragazza è fuori pericolo e in via di guarigione. Il padre, sollevato e profondamente grato, ha espresso il suo immenso ringraziamento all’infermiera, al gestore del rifugio e a tutte le squadre di soccorso coinvolte. L'intervento tempestivo e coordinato ha evitato una tragedia che avrebbe potuto segnare per sempre la vita di questa famiglia.
Il caso della tredicenne di Romano Canavese sottolinea anche l’importanza dei volontari del soccorso alpino, il cui impegno e la cui dedizione possono fare la differenza tra la vita e la morte. Questi eroi silenziosi, spesso invisibili ma sempre presenti quando c’è bisogno di loro, meritano il riconoscimento e il sostegno di tutta la comunità.
Ora, mentre la ragazza continua il suo percorso di guarigione, rimane il ricordo di una giornata che avrebbe potuto avere un esito molto diverso, se non fosse stato per la combinazione di competenza, prontezza e un po' di fortuna. Un'esperienza che, certamente, né lei né il padre dimenticheranno mai, ma che, grazie all'intervento provvidenziale di chi le è stato vicino, potrà essere raccontata come un insegnamento di vita e una testimonianza di coraggio e solidarietà.
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