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Paonessa, o dell'essere nella lista giusta al momento giusto

La giovane livornese del Pd, trombata l'anno scorso alle comunali del suo paese (solo 48 preferenze), avrà un seggio a Palazzo Lascaris, mentre Dago (Lega) prende più voti di lei ma resta fuori. E' la legge elettorale, baby

Paonessa, o dell'essere nella lista giusta al momento giusto

Simona Paonessa, neoconsigliera regionale del Partito Democratico

VERCELLI. Sono due i vercellesi che lo scorso 9 giugno sono stati eletti in Consiglio Regionale: Carlo Riva Vercellotti (Fratelli d’Italia) e Simona Paonessa (Partito Democratico).

L'elezione del primo era scontata e ampiamente prevista. Già presidente della Provincia, esponente di Forza Italia fin dalla fondazione (1994), eletto in Regione nel 2019 (era riuscito a farsi inserire nel “listino” di Cirio: quindi è entrato in Consiglio senza nemmeno doversi sbattere a cercare preferenze), lo scaltro gattinarese tre anni fa, seduto sulla sua comoda poltrona a Palazzo Lascaris, si è fatto un paio di calcoli e ha capito che restando in Forza Italia - partito che nel Vercellese prende il 10% - difficilmente sarebbe stato rieletto, e avrebbe dovuto dire addio al ricco emolumento da consigliere regionale. Si è quindi trasferito con armi e bagagli - come tanti, nel Vercellese: un esodo biblico alla ricerca della prebenda - in Fratelli d'Italia, e candidandosi ora sotto il simbolo dei meloniani (che qui sono al 32%) è agevolmente tornato in Consiglio Regionale, e continuerà a «vivere (bene) di politica» fino alla pensione.

Altro consigliere regionale uscente era il valsesiano Angelo Dago, storico esponente della Lega: ha preso 2480 preferenze, ma essendo il suo partito nel Vercellese crollato sotto il 12% non ha riavuto il seggio.

Meglio è andata alla candidata del Partito Democratico, la ventenne Simona Paonessa di Livorno Ferraris; segretaria dei Giovani Democratici vercellesi, l'anno scorso si era candidata alle comunali del suo paese ma, sebbene inserita nella lista che ha vinto le elezioni, era rimasta fuori dal Consiglio avendo ottenuto soltanto 48 preferenze. Quest'anno il Pd l'ha messa nella lista per la Regione: e siccome il suo partito nel Vercellese ha sfiorato il 20%, è stata eletta pur avendo preso solo 1386 preferenze (mille in meno di Dago) e, «più giovane consigliera mai entrata a Palazzo Lascaris», già rilascia interviste citando Nilde Iotti.

Sono queste le conseguenze della legge elettorale: per quante preferenze personali si possano ottenere, per entrare in Consiglio Regionale la condizione essenziale è essere nella lista giusta al momento giusto, salire a bordo della barca che in quel momento ha più vento.
Si pensi al povero crescentinese Luca Pedrale, che di Forza Italia è stato a lungo capogruppo in Regione quando il partito di Berlusconi prendeva valanghe di voti: stavolta - con le sue 518 preferenze: pochine - è rimasto tristemente fuori.
O al leghista Gianluca Gavazza di Torrazza, che cinque anni fa era entrato a Palazzo Lascaris sull'onda del salvinismo imperante: in quel frangente bastava essere della Lega e una poltrona la si prendeva; stavolta in provincia di Torino la Lega non è arrivata nemmeno al 7%, ha eletto solo due consiglieri, e Gavazza, settimo in ordine di preferenze (dopo tanto agitarsi ne ha prese solo 1794), è stato “trombato”.
Oppure ancora si pensi ai tanti sconosciuti Cinque Stelle assurti in questi anni a prestigiosi scranni - nelle Regioni, ma anche in Parlamento - senza aver mai partecipato in vita loro nemmeno a un Consiglio comunale: ma erano nella lista giusta al momento giusto e si son fatti il loro giro - lautamente retribuito - nei palazzi. E così Pedrale e Gavazza - sic transit gloria mundi - rosicano a casa, mentre quelli più scaltri e più fortunati di loro stanno già incassando i primi bonifici da consiglieri regionali.

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