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Dal Canavese a Gaza: il diario di Martina, infermiera sotto le bombe

Ha 32 anni ed è di Rivarolo Canavese, da anni coopera con Medici Senza Frontiere ed ora è coordinatrice medica dell'Ong a Rafah

Dal Canavese a Gaza: il diario di Martina, infermiera sotto le bombe

Martina Marchiò, cuore canavesano e una laurea in scienze infermieristiche, si trova a Rafah, nella striscia di Gaza. E' coordinatrice medica dell'Ong Medici Senza Frontiere e da circa un mese è impegnata in questa missione ogni giorno più difficile.

E' entrata a Gaza a metà aprile per supportare il team di Medici Senza Frontiere che sta lavorando senza sosta nei pochi ospedali ancora funzionanti al fianco del personale medico palestinese che da sette mesi non ha mai smesso di portare soccorso alle persone ferite e a chi ha bisogno di cure, nonostante il sistema sanitario stia collassando a causa dei combattimenti e dell’assedio totale imposto dalle autorità israeliane.

Il 22 aprile, al suo arrivo a Gaza, Martinà Chiadò ha iniziato a tenere un diario in cui documenta, la situazione in cui Medici Senza Frontiere si trova ad operare.

L'ultimo video  è stato pubblicato da Medici Senza Frontiere questa mattina, lunedì 27 maggio dopo che un attacco aereo israeliano ha colpito un campo dove avevano trovano rifugio migliaia di persone sfollate nell’area di Tal Al Sultan, a Rafah, nel sud di Gaza.

 

Nel centro di stabilizzazione dove opera il personale sanitario di Medici Senza Frontiere, sono arrivati centinaia di pazienti subito dopo l’attacco: "E' stata una notte di sangue qui a Rafah - racconta Martina Chiadò -. Moltissimi attacchi ed esplosioni si sono susseguiti soprattutto nell'area ad ovest della città, colpendo anche un campo di sfollati nella zona di Tal Al Sultan".

Il centro ha presto cominciato a ricevere moltissimi pazienti: "Abbiamo assistito 180 persone ferite e purtroppo 28 pazienti sono arrivati già morti".

Medici Senza Frontiere condanna duramente questo attacco e chiede, ancora una volta, un cessate il fuoco duraturo per continuare le attività in sicurezza: "Siamo inorriditi da questo ennesimo massacro a Gaza, dove non è rimasto un solo posto sicuro dove rifugiarsi".

Martina Chiadò è originaria di Rivarolo Canavese. Ha 32 anni e coopera con Medici Senza Frontiere da quando ne aveva 24. 

Prima di laurearsi in Scienze infermieristiche, la giovane si era trovata a seguire una conferenza tenuta dall'Ong Medici Senza Frontiere in Università. "La cosa mi aveva smosso" racconta Martina. E così, dopo un'esperienza in Kenya nel 2016 con la Caritas, inizia a lavorare con continuità con Msf.

Ma le sue prime esperienze di volontariato nel continente africano risalivano al 2014, quando, subito dopo la laurea, Martina aveva intrapreso il primo viaggio che l'aveva portata in un piccolo ospedale vicino Nairobi.

Nel corso di queste esperienze, Martina capisce che il suo futuro è tracciato: "Ho conosciuto il Mal d'Africa e ho scoperto quanto fosse bello vivere in paesi molto diversi dal nostro, in cui potevo contaminarmi con le persone del luogo e vedere posti magnifici. Ma ho anche capito cosa significa operare in condizioni di conflitto o di emergenza sanitaria".

Ed è in Africa che per molti anni Martina ha lavorato: "Kenya, Nigeria, Congo, Sud Sudan, Etiopia e, per ultimo, il Mozambico".

E poi Grecia, Messico e Bangladesh. 

Ora, da oltre un mese, Martina Chiadò sta prestando servizio nella Striscia di Gaza.

"Sono giorni molto duri - racconta in un video girato il 22 maggio -. Continuano i bombardamenti e le esplosioni. Tantissime persone sono state obbligate a spostarsi verso la zona costiera di Rafah e verso la zona centrale per fuggire dai bombardamenti dopo l'ordine di evacuazione".

Nonostante la situazione di estremo pericolo, Martina continua a restare lì, insieme a tutto il personale sanitario che proprio nelle zone di guerra, di emergenza, porta il proprio prezioso aiuto.

"Medici Senza Frontiere continua a rimanere qui. Continuiamo a supportare gli ospedali nella cura di pazienti politraumatizzati, vittime di esplosioni e gli ambulatori, per la cura delle ferite e la salute primaria. Qui ci occupiamo anche della parte relativa alla malnutrizione".

"A Gaza è così - spiega la Onlus - una lotta costante per restare in vita. I pochi ospedali rimasti continuano ad esplodere di pazienti e i bisogni superano le risorse".

L'appello è a donare in modo da poter continuare a portare cure e aiuti alla popolazione: "Le donazioni sono fondamentali per continuare a rendere possibile la nostra presenza qui".

IL DIARIO DA GAZA

Il diario da Gaza di Martina è iniziato il 22 aprile, circa un paio di settimane dopo il suo arrivo a Gaza. Un arrivo che raccontava così: "Rafah straripa di persone, di animali, di vita e sembra che tutta l'umanità si sia riversata in questa città. Non c'è più spazio fisicamente, sembra esplodere di persone. Ci sono tanti bisogni e i bombardamenti continuano di giorno e di nott, soprattutto di notte. Non è facile dormire con serenità. Ci sono momenti in cui capita di svegliarsi con il cuore in gola perché appunto hanno bombardato molto vicino a dove noi viviamo, dove siamo. E quindi il rumore, il suono, le pareti che tremano, non sono semplici da gestire. Ci vuole tanta fermezza e lucidità. A Tal Al Sultan, nell'ospedale che supportiamo ci sono tantissimi pazienti. Esplode di pazienti. In qualsiasi luogo. Anche pazienti a terra, più pazienti nello stesso letto. E anche i loro familiari non vogliono ovviamente andarsene perché non sanno dove andare per stare al sicuro. E noi continuiamo a supportare questo ospedale come sempre, facendo del nostro meglio". 

ll 29 aprile, Martina descrive l'intensità del lavoro e la preparazione a vari scenari, con la consapevolezza che le cose possono peggiorare da un momento all'altro.

"Settimane belle intense. C'è tantissimo da fare. Ci stiamo preparando a vari scenari, quindi non è facile pensare a quello che potrebbe accadere da qui a poco e ci stiamo preparando a livello di attività mediche e a livello anche di logistica, per poter essere pronti. Qui continuano come sempre i bombardamenti e le giornate scorrono più o meno sempre nella stessa maniera. Le persone piano piano si stanno spostando e stanno cercando di capire in quale direzione andare. Anche se sicuramente non è semplice da capire".

 

Il 6 maggio, l'ordine di evacuazione ha aumentato l'ansia e la paura tra la popolazione.

"Questa mattina ci siamo svegliati con delle brutte notizie perché è stato dato l'ordine di evacuazione in alcune aree della città quindi la popolazione ha cominciato piano piano a spostarsi. E' un momento di grande ansia. E' un momento in cui le persone non sanno bene dove andare, che cosa pensare. Per loro è l'ennesimo spostamento e questo crea una sensazione di paura, di ansia e di pesantezza in tutte le persone che mi circondano in questo momento"

Il 9 maggio, Martina parla del peggioramento della situazione

"Non giorni molto duri, i bombardamenti e le esplosioni si sono intensificati. La popolazione ha iniziato a spostarsi. Più di 80mila persone si sono spostate verso la zona costiera di Rafah. Ma anche della zona centrale della striscia. Ma tantissime vite umane sono ancora qui a Rafah e non c'è spazio per tutti. Il confine è stato chiuso e le persone non possono più spostarsi. I rifornimenti non possono più entrare e non sappiamo per quanto a lungo resteremo in questa situazione. E questo avrà presto un impatto devastante su tutti noi". 

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