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storia
04 Maggio 2024 - 06:42
facciata dell'ex cartiera con scritte risalenti ad epoca fascista
"Ho iniziato a lavorare come operaio nel 1975, grazie al mio duro lavoro, nel corso degli anni sono riuscito a scalare rapidamente i ranghi, passando da assistente di produzione a responsabile di produzione, fino a diventare responsabile della sicurezza. Negli anni '80 ricordo che la cartiera contava oltre 400 dipendenti fissi, questo prima del declino economico, culminato con uno dei diversi fallimenti degli inizi degli anni 2000 sotto la gestione di Spinoglio. Ho vissuto in prima linea negli anni un massivo aumento di macchinari sempre più moderni, tutto ciò a discapito di operai che perdevano il proprio posto di lavoro, macchinari che sono stati poi venduti in Egitto...”.
A ruota libera Mario Rossatto, 70 anni. Con il suo sguardo lucido pronto a ripercorrere le tappe di un'epoca ormai sepolta: l'ingresso in fabbrica, la gavetta, la scalata ai vertici aziendali.
Ma il suo racconto è intriso anche di amarezza, di ricordi di compagni di lavoro licenziati, di macchinari moderni che sostituivano le braccia operaie, di un declino inesorabile che sembrava già scritto.
Sulle rive della Stura, una storia industriale, un lungo percorso di successi e difficoltà che hanno segnato profondamente la vita economica e sociale di un’intera comunità.
Fondata nel 1870 da Andrea Vecco e Virginia Valvassori, la cartiera di Germagnano ha rappresentato un punto di riferimento per la produzione cartaria italiana, impiegando centinaia di lavoratori e contribuendo al benessere di un'intera vallata.
La vera svolta arriva nel 1935 con l'acquisizione da parte delle cartiere Burgo, colosso del settore a livello nazionale e internazionale.
Sotto la nuova gestione, l'azienda vive un periodo di grande prosperità, modernizzando i macchinari e rafforzando la propria presenza sul mercato.
Anche le due guerre mondiali non piegano lo spirito della cartiera, che continua a produrre carta essenziale per l'industria bellica.
Come apparivano i macchinari per la fabbricazione della carta
Crescita e sviluppo proseguono anche dopo la seconda guerra mondiale con un ampliamento della propria produzione e grandi investimenti in tecnologie.
A segnare l'inizio di un inesorabile declino sono gli anni '80 quando la concorrenza straniera si fa sempre più aggressiva e la cartiera fatica a tenere il passo. Nel 2000, sotto la gestione del gruppo Spinoglio, arriva il primo fallimento, seguito da una serie di acquisizioni e cessioni che culminano, nel 2012, con la vendita all'indiana Saber.
L'illusione di un nuovo inizio dura poco. Saber decide di chiudere la produzione, mettendo in vendita l'intero complesso industriale. La decisione scatena una tempesta nella comunità: centinaia di posti di lavoro scompaiono e l'economia della vallata ne risente pesantemente.
Oggi, l'ex cartiera di Germagnano versa in stato di abbandono.
I capannoni vuoti, i macchinari arrugginiti, sono i tristi resti di un passato glorioso.
Ma la memoria resiste, alimentata dai ricordi di chi ha vissuto e lavorato in quel luogo.
La storia della cartiera di Germagnano è un monito per il futuro: un esempio di come la fragilità dell'economia globale possa spazzare via in un attimo decenni di storia e di lavoro.
Ma è anche una storia di resilienza, di una comunità che non si arrende e che lotta per riappropriarsi del proprio passato e costruire un futuro migliore.
La vicenda della cartiera di Germagnano è un esempio emblematico di come la deindustrializzazione abbia colpito duramente il tessuto economico e sociale di molte aree del nostro Paese. È un monito per il futuro, un invito a non dimenticare il valore del lavoro e a valorizzare il patrimonio industriale del nostro Paese.
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