In un'epoca in cui la parola "democrazia" sembra svuotata del suo significato più sacro e imprescindibile, l'esclusione di "Pace Terra Dignità", alle prossime elezioni europee, nel collegio nord-ovest (Piemonte, Lombardia, Liguria...) appare come un oltraggio a quel principio di rappresentatività che dovrebbe essere pilastro dell'Unione Europea.
Pace Terra Dignità non è una delle tante. Parliamo di una formazione che punta a portare nel parlamento europeo voci autentiche come quella del giornalista Michele Santoro, noto per il suo impegno nel giornalismo investigativo e critico, dell'attore Paolo Rossi e dello scrittore Nicolai Lilin. Figure che incarnano diversità di pensiero, cultura e coraggio civile, esattamente ciò di cui l'Europa ha disperatamente bisogno per risvegliarsi dal torpore burocratico in cui sembra affogare.

La lista è stata respinta dalla Corte d'Appello di Milano insieme ad altre otto, tra cui alcune, come quella di Forza Nuova, con una storia e un'impostazione ideologica che sollevano ben altre questioni. Ma l'attenzione qui è tutta su Santoro e i suoi, che rappresentano una sfida al sistema, una proposta di rinnovamento che sembra essere stata arbitrariamente fermata ai blocchi di partenza.
Non si tratta solo di una questione di firme o di tecnicismi burocratici. È la storia di un sistema che si chiude, di porte sbattute in faccia a chi non si allinea, a chi disturba, a chi potrebbe davvero portare un cambiamento. Ecco, dunque, che l'esclusione di Santoro non suona come una mera formalità amministrativa, ma piuttosto come un tentativo malcelato di silenziare una voce scomoda, di depurare il dibattito politico da elementi di disturbo troppo incisivi.
La democrazia europea ha bisogno di Michele Santoro come ha bisogno di ogni singola voce che desidera contribuire al suo futuro. Escludere "Pace Terra Dignità" non è solo un danno per Santoro e i suoi candidati, ma un danno per tutti noi, per la varietà e la ricchezza del dibattito politico europeo.
In questo clima di esclusioni e porte chiuse, è doveroso chiedersi: che tipo di Europa stiamo costruendo? È davvero questo il futuro che vogliamo per la nostra unione politica e sociale?
La risposta a queste domande potrebbe non piacere a molti, ma è essenziale che sia data. E deve essere data ora, prima che il concetto stesso di democrazia diventi un ricordo sbiadito, un'utopia irraggiungibile, sacrificata sull'altare di interessi ristretti e visioni miopi.