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Rivarolo Canavese
19 Marzo 2024 - 16:10
Fabrizio Bertot
L'ex sindaco di Rivarolo Canavese e parlamentare europeo, Fabrizio Bertot, membro di Fratelli d'Italia, è stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione per calunnia. Questa sentenza arriva in seguito all'archiviazione della querela presentata da Bertot contro un articolo, a firma di Giuseppe Legato, giornalista del quotidiano torinese "La Stampa", dal titolo “Resa dei conti con FdI”. La Procura di Torino, ritenendo infondata la querela presentata dal politico, aveva agito contro di lui per calunnia.
Tutto nasce in relazione ad un articolo pubblicato nel 2022 che trattava di vicende legate alla 'ndrangheta.
Il procedimento ha preso una svolta inaspettata quando, al termine degli accertamenti sull'articolo di Legato, il pubblico ministero Paolo Toso ha archiviato la posizione del giornalista, riconoscendo la sostanziale correttezza del suo lavoro e contestualmente ha avviato d'ufficio un procedimento per calunnia nei confronti di Bertot terminato oggi con la condanna di primo grado dell'esponente politico.
Al processo il giornalista professionista calabrese, dal 2004 cronista de La Stampa, si è costituito parte civile con il patrocinio dell’avvocato Maria Teresa Legato.
In risposta alla sentenza, Bertot ha dichiarato: "Continuerò a difendere la mia onorabilità ogni volta che reputerò sia stata lesa. Non sono da querela facile. Non ne ho fatte tante. Ed è un fatto. Ora leggeremo le motivazioni della sentenza e valuterò con i miei legali il ricorso in Appello. All'epoca la querela fu presentata per una serie di motivi che riguardavano l'impaginazione, la titolazione, la mancanza di riferimenti temporali. Era il contesto complessivo che avevo ritenuto essere diffamatorio. Soprattutto l'accostamento a fatti che non mi riguardavano".
La decisione del tribunale di Torino segna un momento significativo nel dibattito sulla libertà di stampa e sul diritto di cronaca, mettendo in luce i limiti entro cui la difesa dell'onorabilità personale deve muoversi, specialmente quando si tratta di figure pubbliche che interagiscono con i media.
Il caso solleva questioni importanti sulla delicatezza delle relazioni tra politica, giornalismo e giustizia, sottolineando l'importanza di un approccio equilibrato e misurato nelle controversie che coinvolgono l'opinione pubblica e i diritti individuali.
Questa sntenza, secondo i dati del sindacato Figec Cisal, è la terza sentenza emessa da un tribunale italiano che assolve il giornalista e condanna il denunciante.
"Chi mi ha querelato è stato condannato per calunnia - ha dichiarato Giuseppe Legato -. Una sentenza importante, rarissima in giurisprudenza, colora il giorno del mio onomastico. Sono felice per me, per la categoria dei tanti colleghi che come me, più di me, scrivono di 'ndrangheta e subiscono denunce calunniose, temerarie. La gioia più grande è che in aula, il mio diritto/dovere di cronaca sia stato tutelato da un'avvocata speciale: mia sorella, un gigante".
Il giornalista de La Stampa, Giuseppe Legato con l'avvocata Maria Teresa Legato
Giornalista professionista, lavora a La Stampa dal 2004. Ha seguito dal 2011 le principali indagini sulla ‘Ndrangheta in Piemonte e Valle d’Aosta e i relativi processi. Premio Igor Man (2016), è autore di due docu-film per il sito lastampa.it: Aspro(Pie)monte sull’infiltrazione della criminalità calabrese nella regione transalpina (2015) e Gli Uomini d’oro di Biancaneve, reportage su alcuni dei principali profili di broker del narcotraffico legati ai cartelli calabresi che “ogni anno contribuiscono ad alimentare il corrispondente di una manovra finanziaria” (2017). Iscritto al centro di giornalismo d'inchiesta Investigative Reporting Project Italy (IRPI), dal 2016, ha collaborato con Giulio Rubino, Cecilia Anesi e Juan Carlos Lezcano (ABC) all'inchiesta transnazionale sul broker di cocaina Nicola Assisi. Ha scritto per Panorama e collabora anche con Narcomafie e Malitalia.
La libertà di stampa permette ai media di svolgere un ruolo di watchdog sociale, evidenziando abusi di potere, corruzione o altre questioni di interesse pubblico. Tuttavia, questa libertà non è assoluta e deve essere esercitata con responsabilità, evitando di ledere ingiustamente la reputazione delle persone. La diffamazione, che si verifica quando vengono diffuse informazioni false che danneggiano la reputazione di qualcuno, è uno dei limiti legali posti alla libertà di espressione.
Una querela per diffamazione diventa temeraria quando è presentata con leggerezza o senza basi solide, spesso con l'intento di intimidire o zittire il giornalista. Queste azioni legali possono avere effetti deleteri sulla libertà di stampa, portando alla cosiddetta "censura per bavaglio" (SLAPP - Strategic Lawsuit Against Public Participation), in cui il costo e lo stress associati alla difesa legale possono scoraggiare i media dal riportare su temi controversi.
In alcuni paesi, esistono norme volte a proteggere giornalisti e attivisti da queste pratiche, prevedendo la possibilità di sanzionare chi abusa del sistema giudiziario per scopi intimidatori. Tuttavia, l'efficacia di tali misure varia significativamente da una giurisdizione all'altra.
Il rischio di denuncia per calunnia emerge quando, al termine di un'indagine su una querela per diffamazione, si scopre che l'accusa era infondata e che chi ha presentato la querela era consapevole della falsità delle proprie affermazioni. La calunnia, infatti, consiste nell'accusare qualcuno di un reato sapendo che queste accuse sono false.
Questo meccanismo serve a scoraggiare l'uso strumentale delle querele per diffamazione, proteggendo così l'integrità del sistema giudiziario e la libertà di stampa. La possibilità di una contro-denuncia per calunnia vuole essere un deterrente contro l'abuso del diritto di querela, assicurando che le azioni legali siano intraprese solo quando ci sono basi concrete e in buona fede.
La navigazione tra il diritto alla libera espressione e la protezione della reputazione richiede un equilibrio delicato. Strumenti giuridici come le querele per diffamazione e le potenziali denunce per calunnia hanno il compito di bilanciare questi interessi, ma possono anche essere sfruttati per scopi meno nobili. Una giustizia equilibrata e la vigilanza contro l'abuso dei processi legali sono essenziali per mantenere sia la libertà di stampa sia il diritto degli individui a proteggere la propria reputazione.
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